Giurisprudenza
La minaccia usata
per far concludere un contratto integra un caso di nullità (violazione
di norme imperative) o annullabilità? La cassazione è per la seconda
soluzione quando sia previsto uno specifico e diverso rimedio, come
l’annullabilità del contratto per violenza.
Cass. civ. Sez. VI Ordinanza,
14-12-2010, n. 25222
In tema di nullità del contratto per
contrarietà a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal
senso (cd. "nullità virtuale"), ove non altrimenti stabilito dalla
legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la
validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità, che
va, pertanto, esclusa sia quando risulta prevista una diversa forma di
invalidità (es. annullabilità), sia quando la legge assicura
l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi
diversi.
(Nella specie, relativa a domanda di
declaratoria di nullità del contratto di vendita di un immobile cui
l'istante deduceva di essere stato costretto dall'acquirente con
minaccia e pressione usuraria, la S.C., nel confermare la sentenza di
rigetto dei giudici di merito, ha ritenuto non applicabile l'art. 1418
cod. civ. ed indicato come parametri normativi di riferimento gli artt.
1434 e 1435 cod. civ., cui pure la corte territoriale aveva fatto
ricorso, rilevando che la relativa azione non era stata proposta entro
il termine prescrizionale di cinque anni né tale statuizione era stata
specificamente impugnata). (Rigetta, App. Potenza, 26/08/2009) FONTI CED
Cassazione, 2010.
Le pressioni
insistenti possono costituire violenza morale? Non è da escludere,
specie se l’altra parte sottoscrive il contratto pur non volendolo fare
ma in seguito alle insistenza e pressioni dell’altra parte. Quindi per
l’annullamento ci deve sempre essere un rapporto di causa effetto tra la
violenza morale (quale che sia) e il consenso dell’altra parte.
Cass. civ. Sez. III, 05-10-2010, n. 20666
Subire delle pressioni insistenti
dall'altra parte contrattuale al fine di ridefinire il contratto, magari
a condizioni più svantaggiose, può configurare una violenza morale che
annulla l'accordo, concretizzandosi l'ipotesi del male ingiusto e
notevole della violenza di cui all'art. 1435 c.c. (nella specie, la
Corte ha confermato l'annullamento di un contratto per la sussistenza
della violenza morale; infatti, era stato correttamente accertato nel
giudizio di merito che la volontà del legale rappresentante della
società, che aveva firmato l'accordo, era stata coartata in quanto egli
aveva sottoscritto il documento pur non volendolo sottoscrivere,
consapevole della dannosità per la sua società. In pratica, quindi,
sussisteva un vizio del consenso, e ciò anche se all'atto della firma da
parte del legale rappresentante era presente il suo consulente legale).
FONTI Contratti, 2010, 12, 1136
Sulle
caratteristiche della minaccia e sulla sua efficacia causale sulle
decisioni dell’altra parte.
Cass. civ. Sez. II, 15-02-2007, n. 3383
In tema di violenza morale, quale
vizio invalidante del consenso, i requisiti previsti dall'art. 1435
c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si
eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante
un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera
di un terzo; è in ogni caso sempre necessario che la minaccia sia stata
specificamente diretta al fine di estorcere la dichiarazione negoziale
della quale si deduce l'annullabilità e risulti di tale natura da
incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di
autodeterminazione dell'autore di essa.
FONTI Impresa, 2007, 4, 629
Cass. civ. Sez. II, 10-01-2007, n. 235
In materia di annullamento del
contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza,
invalidante il negozio giuridico qualora uno dei contraenti subisca una
minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla
conclusione del contratto, proveniente dal comportamento posto in essere
dalla controparte o da un terzo e risultante di natura tale da incidere,
con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in
assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio.
Ne consegue che non costituisce
minaccia invalidante il negozio, ai sensi dell'art. 1434 e segg. cod.
civ., la mera rappresentazione interna di un pericolo, ancorché
collegata a determinate circostanze oggettivamente esistenti. FONTI
Mass. Giur. It., 2007
Sulla minaccia di
esercitare un diritto.
Cass. civ. Sez. II, 13-11-1996, n. 9946
L'incidenza sulla determinazione
volitiva della minaccia - che può integrare la violenza morale
comportante l'annullabilità di un contratto se sia specificamente
diretta al fine di estorcere il consenso e inoltre, nei casi in cui
abbia ad oggetto l'esercizio di un diritto, sia ingiusta perché
perseguente un vantaggio esorbitante e iniquo - deve essere valutata, a
norma dell'art. 1438 c.c. , con riferimento alle condizioni della
vittima, e l'apprezzamento del giudice di merito sull'esistenza della
minaccia e sulla sua efficacia si risolve in un giudizio di fatto
incensurabile in cassazione se motivato in modo sufficiente e non
contraddittorio.
(Nella specie la S.C. ha confermato la
sentenza di merito che, in un caso di induzione di una donna
all'alienazione di un immobile di sua proprietà mediante la minaccia di
denuncia per truffa del marito che aveva venduto lo stesso immobile
senza precisare di non esserne proprietario, aveva ritenuto esistente
l'incidenza causale della minaccia e abnorme il vantaggio conseguito
dall'acquirente in danno della donna).
FONTI Mass. Giur. It., 1996 |