Giurisprudenza

Sulla soggettività giuridica del concepito e del nascituro. La cassazione ritiene essere soggetto di diritto il concepito. Sono riportate tre massime, ma estratte sempre dalla stessa sentenza.

Cass. civ. Sez. III Sent., 11-05-2009, n. 10741

Deve affermarsi, stante la soggettività giuridica di X quale concepito, il suo diritto a nascere sano ed il corrispondente obbligo dei sanitari di risarcirlo (diritto al risarcimento che per il nascituro è condizionato, quanto alla titolarità, all'evento nascita ex art. 1, comma 2, c.c. , ed azionabile dagli esercenti la potestà) per mancata osservanza sia del dovere di una corretta informazione (ai fini del consenso informato) in ordine alla terapia prescritta alla madre (e ciò in quanto il rapporto instaurato dalla madre con i sanitari produce effetti protettivi nei confronti del nascituro), sia del dovere di somministrare farmaci non dannosi per il nascituro stesso.

Non avrebbe invece quest'ultimo avuto diritto al risarcimento qualora il consenso informato necessitasse ai fini dell'interruzione di gravidanza (e non della mera prescrizione di farmaci), stante la non configurabilità del diritto a non nascere (se non sano).

FONTI  Danno e Resp., 2009, 12.

 

Cass. civ. Sez. III, 11-05-2009, n. 10741

Il nascituro è titolare in via diretta di alcuni interessi personali - rispetto ai quali ''l'evento nascita'' rappresenta una condizione di azionabilità in giudizio a fini risarcitori - quali il diritto alla vita, alla salute, all'onore o alla reputazione, all'identità personale: pertanto, limitatamente alla titolarità di tali interessi protetti, deve affermarsi la soggettività giuridica del nascituro in virtù di un'interpretazione costituzionalmente orientata e basata sulla pluralità delle fonti.

FONTI  Giur. It., 2010, 1, 67 

 

Cass. civ. Sez. III Sent., 11-05-2009, n. 10741

Il concepito, pur non avendo una piena capacità giuridica, è comunque un soggetto di diritto, perché titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dall'ordinamento sia nazionale che sovranazionale, quali il diritto alla vita, alla salute, all'onore, all'identità personale, a nascere sano, diritti, questi, rispetto ai quali l'avverarsi della "condicio iuris" della nascita è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio ai fini risarcitori. Ne consegue che la persona nata con malformazioni congenite, dovute alla colposa somministrazione di farmaci dannosi (nella specie teratogeni), alla propria madre, durante la gestazione, è legittimata a domandare il risarcimento del danno alla salute nei confronti del medico che quei farmaci prescrisse o non sconsigliò.

FONTI  Nuova Giur. Civ., 2009, 12, 1, 1258 nota di CRICENTI 

 

Del diritto alla vita e all’integrità fisica del concepito; interessante la constatazione che il concepito non ha un diritto a non nascere o a non nascere se non sano.

 

Cass. civ. Sez. III, 29-07-2004, n. 14488

L'ordinamento positivo tutela il concepito e l'evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita, e non anche verso la "non nascita", essendo pertanto (al più) configurabile un "diritto a nascere" e a "nascere sani", suscettibile di essere inteso esclusivamente nella sua positiva accezione: sotto il profilo privatistico della responsabilità contrattuale o extracontrattuale o da "contatto sociale", nel senso che nessuno può procurare al nascituro lesioni o malattie (con comportamento omissivo o commissivo colposo o doloso ); sotto il profilo - latamente pubblicistico, nel senso che debbono venire ad essere predisposti tutti gli istituti normativi e tutte le strutture di tutela cura e assistenza della maternità idonei a garantire (nell'ambito delle umane possibilità) al concepito di nascere sano.

Non è invece in capo a quest'ultimo configurabile un "diritto a non nascere" o a "non nascere se non sano", come si desume dal combinato disposto di cui agli artt. 4 e 6 della legge n. 194 del 1978, in base al quale si evince che:

a) l'interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) o grave (successivamente a tale termine);

b)trattasi di un diritto il cui esercizio compete esclusivamente alla madre;

c) le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano esclusivamente nella misura in cui possano cagionare un danno alla salute della gestante, e non già in sé e per sé considerate (con riferimento cioè al nascituro).

E come emerge ulteriormente:

a) dalla considerazione che il diritto di "non nascere" sarebbe un diritto adespota (in quanto ai sensi dell'art. 1 c.c. la capacità giuridica si acquista solamente al momento della nascita e i diritti che la legge riconosce a favore del concepito - artt. 462, 687, 715 c.c. sono subordinati all'evento della nascita, ma appunto esistenti dopo la nascita), sicché il cosiddetto diritto di "non nascere" non avrebbe alcun titolare appunto fino al momento della nascita, in costanza della quale proprio esso risulterebbe peraltro non esistere più;

b) dalla circostanza che ipotizzare un diritto del concepito a "non nascere" significherebbe configurare una posizione giuridica con titolare solamente (ed in via postuma) in caso di sua violazione, in difetto della quale (per cui non si fa nascere il malformato per rispettare il suo "diritto di non nascere") essa risulterebbe pertanto sempre priva di titolare, rimanendone conseguentemente l'esercizio definitivamente precluso.

Ne consegue che è pertanto da escludersi la configurabilità e l'ammissibilità nell'ordinamento del c.d. aborto "eugenetico", prescindente dal pericolo derivante dalle malformazioni fetali alla salute della madre, atteso che l'interruzione della gravidanza al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 4 e 6 legge n. 194 del 1978 (accertate nei termini di cui agli artt. 5 ed 8 ), oltre a risultare in ogni caso in contrasto con i principi di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. e di indisponibilità del proprio corpo ex art. 5 c.c. , costituisce reato anche a carico della stessa gestante ( art. 19 legge n. 194 del 1978), essendo per converso il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie, ad essere propriamente - anche mediante sanzioni penali - tutelato dall'ordinamento. Ne consegue ulteriormente che, verificatasi la nascita, non può dal minore essere fatto valere come proprio danno da inadempimento contrattuale l'essere egli affetto da malformazioni congenite per non essere stata la madre, per difetto d'informazione, messa nella condizione di tutelare il di lei diritto alla salute facendo ricorso all'aborto ovvero di altrimenti avvalersi della peculiare e tipicizzata forma di scriminante dello stato di necessità (assimilabile, quanto alla sua natura, a quella prevista dall'art. 54 c.p. ) prevista dall' art. 4 legge n. 194 del 1978, risultando in tale ipotesi comunque esattamente assolto il dovere di protezione in favore di esso minore, così come configurabile e tutelato (in termini prevalenti rispetto - anche - ad eventuali contrarie clausole contrattuali: art. 1419 c.c. , secondo comma) alla stregua della vigente disciplina. FONTI Mass. Giur. It., 2004 

 

In questa massima si evince come il nascituro abbia un diritto personale già durante la fase della gestazione.

 

Cass. civ. Sez. III, 03-05-2011, n. 9700

Il soggetto nato dopo la morte del padre, verificatasi durante la gestazione a causa del fatto illecito di un terzo, ha diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale.

FONTI Nuova Giur. Civ., 2011, 12, 1


Vai alla pagina iniziale di diritto privato in rete