Può esservi integrazione quando la volontà delle parti non è incompleta o ambigua? No, secondo questa massima.

 

Cass. civ. Sez. I, 21-03-2014, n. 6747 (rv. 630567)

Il presupposto dell'integrazione di cui all'art. 1374 cod. civ. è l'incompleta o ambigua espressione della volontà dei contraenti.

Ne consegue che in caso di completa ed inequivoca espressione di tale volontà non può farsi questione di integrazione del contratto ma, eventualmente, solo di invalidità totale o parziale dello stesso se in contrasto con disposizioni di legge. FONTI
CED Cassazione, 2014

 

 Il 1374 integra il contenuto del contratto quando vi è una lacuna o un’ambiguità, come si vede dalla massima precedente, ma non esiste un contratto che possa prevedere tutte le eventualità che possano in pratica accadere, e quindi un’integrazione c’è sempre, anche quando sia prestata l’opera di un professionista come il notaio, anzi in questi casi l’integrazione svolge un ruolo fondamentale, perché al professionista si è soliti conferire l’incarico, senza specificarne puntualmente il contenuto se non per l’attività essenziale che questi deve svolgere.

 

Cass. civ. Sez. III, 29-01-2013, n. 2071B.F. c. G.M.

Il notaio è tenuto al compimento di tutte le attività accessorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti con la stipulazione di un determinato atto.

Di talché, in relazione alla stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, anche nell'ipotesi in cui si utilizzi la forma della scrittura privata autenticata, deve il predetto professionista effettuare le cd. visure catastali ed ipotecarie, onde individuare esattamente il bene e verificarne la libertà.

La ratio di siffatto obbligo risiede nel rapporto professionale che viene a crearsi tra il notaio ed il cliente e che risulta inquadrabile nello schema del mandato, il cui contenuto è integrato da tale obbligo ai sensi dell'art. 1374 c.c.

FONTI Massima redazionale de Agostini giuridica. 2013

 

L’art. 1339 si applica quando la norma specificamente prevede la nullità della clausola, oppure quando la clausola è solo difforme da una norma che comunque si ritiene imperativa? La tendenza è per questa seconda soluzione.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 19-02-1996, n. 1266

Nel contratto di formazione e lavoro la durata pattuita dalle parti deve corrispondere a quella indicata nel progetto approvato dalla commissione regionale per l'impiego, nel quale, come prevede l' art. 3, comma 1, d.l. 30 ottobre 1984 n. 726, conv. in l. 19 dicembre 1984 n. 863 , devono stabilirsi "i tempi e le modalità di svolgimento della attività di formazione e lavoro".

Infatti il fattore temporale ha un'evidente incidenza sul tipo di formazione che lo svolgimento del rapporto può assicurare ed è in funzione della valutazione complessiva del progetto che l'autorità amministrativa si determina alla sua approvazione, dalla quale derivano per il datore di lavoro sovvenzioni e minori contribuzioni previdenziali.

Dall'essenzialità del termine nella particolare fattispecie negoziale deriva la nullità della clausola con cui sia fissato un termine inferiore a quello previsto nel progetto approvato e la sostituzione di diritto della stessa, ai sensi dell'art. 1339 c.c., con il termine imposto dalla legge, e cioè con quello previsto nel progetto approvato.

FONTI  Mass. Giur. It., 1996

 

 Differenza tra usi negoziali e normativi.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 26-09-1998, n. 9663

Al fine della formazione degli usi aziendali, riconducibili alla categoria degli usi negoziali o di fatto - che, in quanto tali, si distinguono dagli usi normativi, caratterizzati dai requisiti della generalità nonché dell'opinio iuris ac necessitatis, e sono suscettibili di inserzione automatica, come clausola d'uso, nel contratto individuale di lavoro, con idoneità a derogare soltanto "in melius" la disciplina collettiva - rileva il mero fatto giuridico della reiterazione, nei confronti di una collettività più o meno ampia di destinatari, del comportamento considerato purché caratterizzato dal requisito della spontaneità e non tenuto in esecuzione di un obbligo contrattuale erroneamente ritenuto insussistente.

FONTI  Mass. Giur. It., 1998 


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