Giurisprudenza

Errore ostativo e volontà delle parti. Non basta l’esistenza di un errore ostativo per far annullare il contratto, bisogna verificare quale sia stata in concreto la volontà delle parti e se c’è il consenso sugli elementi del contratto; in questi casi l’errore ostativo può essere irrilevante.

 

Cass. civ. Sez. III, 12-03-2013, n. 6116.

L'esigenza di conservazione del contratto presuppone una verifica giudiziale (di mero fatto e in applicazione dei criteri generali dell'ermeneutica contrattuale) sull’estensione dell'effettiva e reale volontà delle parti, alla quale dovrà riconoscersi prevalenza - senza che sia possibile addivenire all'annullamento del contratto per errore ostativo, pur in presenza di erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto nel documento contrattuale - ove si identifichi un accordo effettivo e reale su tutti gli elementi del contratto, in primo luogo il suo oggetto.

Per contro, ove il contenuto apparente di singole clausole risulti diverso da quello realmente voluto dalle parti, dovrà ritenersi mancante il requisito dell'"in idem placitum consensus", indispensabile per la configurabilità, sul punto, di un accordo contrattuale. (Cassa senza rinvio, App. Brescia, 07/02/2006) FONTI  CED Cassazione, 2013.

 

 

 

Cass. civ. Sez. III, 15-04-2011, n. 8745

Qualora il contenuto del contratto, come appare stipulato, non corrisponda alla comune, reale volontà delle parti, sia che l'erronea formulazione o trascrizione debba ascriversi alle parti medesime o ad un terzo da loro incaricato ed ancorché tale discordanza non emerga a prima vista, ma debba costituire oggetto di accertamento, la situazione non integra alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo e, di conseguenza, non trova applicazione la normativa dell'annullamento del contratto per tale vizio. Nella suddetta ipotesi, sulla lettera del contratto deve prevalere la reale, comune volontà dei contraenti, desumibile dal giudice di merito sulla scorta delle trattative e di tutto il materiale probatorio acquisito. (Rigetta, App. Firenze, 01/10/2008) FONTI  Obbl. e Contr., 2011, 10, 702 nota di GENNARI 

 

 

Cass. civ. Sez. I Sent., 09-04-2008, n. 9243 (rv. 603253)

L'errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione da parte della persona o dell'ufficio che ne è stato incaricato, regolato dagli artt. 1432 e 1433 cod. civ. , deve essere sempre preceduto dall'interpretazione del contratto, perché quando è possibile ricostruire la comune intenzione delle parti, secondo quanto stabilito dagli art. 1362 e 1363 cod. civ. , non è applicabile la disciplina giuridica dell'errore ostativo come vizio del consenso produttivo, in presenza delle condizioni previste dalla legge, dell'annullamento del contratto. Pertanto, quando il regolamento negoziale, così come materialmente redatto, non corrisponda, quanto alle espressioni usate, alla comune ed effettiva volontà delle parti, per erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto, anche se la discordanza non emerga dalla semplice lettura del testo, si deve ritenere esistente un mero errore materiale, ricostruibile con ogni mezzo di prova, indipendentemente dalla forma propria del contratto cui si riferisce. (Rigetta, App. Milano, 7 Febbraio 2003) FONTI  Mass. Giur. It., 2008 

 

Cass. civ. Sez. III, 19-12-2003, n. 19558

In tema di ermeneutica contrattuale, qualora il contenuto del contratto, sì come risulta materialmente redatto, non corrisponda, quanto alle espressioni usate, alla comune, reale volontà delle parti, per erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto ad esso afferenti (nella specie, erronea indicazione del nome di uno stabilimento industriale assicurato contro i danni, ma da tempo dimesso dall'assicurato, in luogo di altro opificio, attualmente operante al posto del primo), deve ritenersi, ancorché la discordanza non emerga "prima facie" dalle tavole negoziali, che tale situazione non integra alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo (e, di conseguenza, non che trova applicazione la normativa dettata in tema di annullamento del contratto per tale vizio), vertendosi, viceversa, in tema di mero errore materiale, ricostruibile con ogni mezzo di prova, al di là della forma di volta in volta richiesta per il contratto cui afferisce, onde consentire al giudice la formazione di un corretto convincimento circa la reale ed effettiva volontà dei contraenti. FONTI Mass. Giur. It., 2003