Giurisprudenza

 

Non vi sono, se non molto datate, sentenze che trattino l’aspetto della responsabilità patrimoniale in maniera generale mentre ve ne sono molte che regolano particolari aspetti della responsabilità, specie in relazione all’esecuzione forzata.

Si riportano allora, una  massime “ datata” che si riferisce alla responsabilità per beni che comunque esprime principi ancora attuali, e alcune delle massime più recenti sull’argomento senza particolari commenti.

 

Cass. pen., 17-12-1970

In sede fallimentare anche i beni conseguiti illecitamente o provenienti da reato, costituendo entità utilizzabili nell'esercizio e potendo divenire oggetto di esecuzione singolare o concorsuale, fanno parte del patrimonio dell'imprenditore che quindi non deve esser considerato in relazione al modo in cui si è formato, ma alla sua consistenza obiettiva. Tali beni adempiono, pertanto, alla funzione prevista dall'art. 2740 c.c., non diversamente dai beni legittimamente acquistati, e l'azione diretta a distrarli da tale funzione è del tutto destinata ed autonoma da quella che li ha introdotti nel patrimonio, sicché può ben aversi il concorso del delitto di bancarotta con uno dei delitti contro il patrimonio. FONTI Massima redazionale De Agostini Giuridica 2004

 

 

Cass. civ. Sez. I, 07-03-2016, n. 4455

La responsabilità di ciascuna società partecipante ad una scissione per i debiti della scissa non soddisfatti da quella cui, per effetto dell'operazione, fanno carico è limitata all'ammontare del patrimonio netto che le è stato assegnato o le è rimasto ed è assistita solo da un beneficium ordinis, che presuppone esclusivamente la costituzione in mora del debitore, non da un beneficium excussionis.

FONTI Giur. It., 2016, 5, 1135 nota di BERTOLOTTI

 

Azione revocatoria e costituzione di fondo patrimoniale.

 

Cass. civ. Sez. III, 30-06-2015, n. 13343

In tema di revocatoria ordinaria nei confronti di fondo patrimoniale costituito successivamente all'assunzione del debito, è sufficiente, ai fini della cd. "scientia damni", la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, rimanendo, invece, irrilevanti tanto l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo. (Rigetta, App. Lecce sez. dist. Taranto, 05/11/2011) FONTI CED Cassazione, 2015

 

I modi classici per sottrarsi alla responsabilità patrimoniale sono la simulazione e gli atti di  disposizione che poi possono essere oggetto di revocatoria; in questa massima i diversi presupposti.

 

Cass. civ. Sez. III, 30-06-2015, n. 13345

In considerazione della diversità di presupposti esistenti tra negozio simulato e negozio soggetto ad azione revocatoria, ad integrare gli estremi della simulazione non è sufficiente la prova che, attraverso l'alienazione di un bene, il debitore abbia inteso sottrarlo alla garanzia generica dei creditori, ma è necessario provare specificamente che questa alienazione sia stata soltanto apparente, nel senso che né l'alienante abbia inteso dismettere la titolarità del diritto, né l'altra parte abbia inteso acquisirla. (Cassa con rinvio, App. Catanzaro, 30/05/2011) FONTI CED Cassazione, 2015

 

Il fideiussore risponde per la sua garanzia ex art. 2740?

 

Cass. civ. Sez. I, 12-06-2015, n. 12263

In caso di recesso della banca dal contratto di conto corrente bancario, il fideiussore resta tenuto al soddisfacimento del debito quale esistente alla data dello scioglimento del rapporto e in tale misura cristallizzato, dovendo ad esso essere raffrontato il limite di massimale della garanzia;

gli interessi moratori maturati dopo quel momento a causa del mancato tempestivo adempimento imputabile (anche) allo stesso fideiussore restano, invece, a suo carico oltre il limite del massimale della fideiussione, in applicazione della regola generale della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 cod. civ. per i fatti a lui riferibili, nonché dei principi di divieto dell'abuso del diritto e della correttezza nei rapporti interprivati. (Rigetta, App. Roma, 21/02/2008) FONTI CED Cassazione, 2015

 

Esecuzione forzata e titolo esecutivo.

 

Cass. civ. Sez. Unite, 07-01-2014, n. 61

Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall'inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell'interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell'originario pignoramento.

Ne consegue che, qualora, dopo l'intervento di un creditore munito di titolo, sopravviene la caducazione del titolo esecutivo comportante l'illegittimità dell'azione esecutiva intrapresa dal creditore procedente, il pignoramento, se originariamente valido, non è caducato, bensì resta quale primo atto dell'iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che anteriormente ne era partecipe accanto al creditore pignorante. (Rigetta, Trib. Larino, 27/06/2006) FONTI CED Cassazione, 2014

 

L’art. 2744 dispone il divieto del patto di commissorio; riportiamolo ancora:” È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno”.

Ma difficilmente accade che debitore e creditore pignoratizio stipulino un patto del genere, mentre accade che un debitore e un creditore, pur in mancanza di pegno o ipoteca, vogliano giungere a un risultato analogo a quello vietato dal patto commissorio, cioè trasferire la proprietà di un bene al creditore se il debitore è inadempiente; si tratta, allora di individuare i vari casi. Una volta individuati tali patti sono nulli, per causa illecita, proprio perché violano l’art. 2744.

 

In questa prima massima del 2013 si esprimono i criteri per identificare un patto commissorio, indipendentemente dallo schema negoziale usato; nelle successive, più recenti, alcuni casi specifici di negozi che in realtà sono patti commissori. E’ la causa concreta che bisogna ricercare.

 

Cass. civ. Sez. II, 21-05-2013, n. 12462

Il divieto del patto commissorio sancito dall'art. 2744 c.c., con la conseguente sanzione di nullità radicale, si estende a qualsiasi negozio, ancorché di per sé astrattamente lecito, qualora venga impiegato per conseguire il fine concreto, riprovato dall'ordinamento, della illecita coercizione del debitore, costringendolo al trasferimento di un bene a scopo di garanzia nella ipotesi di mancato adempimento di una obbligazione assunta.

Anche un preliminare di compravendita può violare il divieto del patto commissorio ove emerga l'intento primario dei contraenti di costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell'adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio collegato, così da stabilire un collegamento negoziale e strumentale tra i due negozi.

FONTI Notariato, 2013, 4, 364

 

 

 

Cass. civ. Sez. II, 21-01-2016, n. 1075

La vendita con patto di riscatto o retrovendita, anche se prevede il trasferimento del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia nell’ambito della quale il pagamento del corrispettivo, da parte dell’acquirente, non costituisce versamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo ed il trasferimento del bene serve solo a integrare una causa di garanzia provvisoria, capace di evolversi a seconda che il debitore adempia, o meno, l’obbligo di restituire le somme ricevute. FONTI Contratti, 2016, 5, 429 nota di VECCHIO

 

 

 

Cass. civ. Sez. III, 27-10-2015, n. 21775

In tema di nullità negoziale, non è viziata da ultrapetizione la decisione del giudice che, in caso di domanda di accertamento della simulazione di un contratto di compravendita, abbia dichiarato la nullità (nella specie, per violazione del divieto di patto commissorio) della più ampia operazione negoziale cui tale contratto appartiene (nella specie, riconducibile allo schema del "sale and lease back"), essendo tale decisione giustificata dall'obbligo di rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la previa necessaria indicazione alle parti del "thema decidendum", ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.c. (Cassa con rinvio, App. Bologna, 30/03/2012). FONTI CED Cassazione, 2015

 

 

 

Cass. civ. Sez. I, 28-01-2015, n. 1625

Il contratto di sale and lease back è nullo, per illiceità della causa in concreto, ove violi il divieto di patto commissorio, salvo che le parti, con apposita clausola (cd. patto marciano), abbiano preventivamente convenuto che al termine del rapporto - effettuata la stima del bene con tempi certi e modalità definite, tali da assicurare una valutazione imparziale ancorata a parametri oggettivi ed autonomi ad opera di un terzo - il creditore debba, per acquisire il bene, pagare l'importo eccedente l'entità del suo credito, sì da ristabilire l'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e da evitare che il debitore subisca una lesione dal trasferimento del bene in garanzia.

Resta peraltro ammissibile la previsione di differenti modalità di stima del bene, per come emerse nella pratica degli affari, purché dalla struttura del patto marciano in ogni caso risulti, anticipatamente, che il debitore perderà la proprietà del bene ad un giusto prezzo, determinato al momento dell'inadempimento, con restituzione della differenza rispetto al maggior valore, mentre non costituisce requisito necessario che il trasferimento della proprietà sia subordinato al suddetto pagamento, potendosi articolare la clausola marciana nel senso di ancorare il passaggio della proprietà sia al solo inadempimento, sia alla corresponsione della differenza di valore. (Cassa con rinvio, Trib. Perugia, 31/05/2011) FONTICED Cassazione, 2015

 


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