Le fonti comunitarie derivate

 

 

nozione

 sono le norme attraverso cui si attuano e si delineano le politiche comunitarie nei confronti degli Stati membri

L'art. 249 del Trattato della Comunità Europea individua gli strumenti per attuare le politiche comunitarie; si parla in proposito di  diritto comunitario derivato, perché si produce nel rispetto delle fonti sulla produzione fissate nei trattati.

Vediamo nella sottostante tabella questi strumenti.

regolamento

atto di portata generale, obbligatorio in tutti i sui elementi si caratterizza per il fatto di essere direttamente applicabile in tutti gli Stati membri senza che sia necessaria una legge nazionale per la sua attuazione

direttiva

atto che vincola gli Stati membri in merito al risultato da raggiungere; a differenza del regolamento l'attuazione della direttiva è lasciata allo Stato che, di regola, vi provvede attraverso la legge nazionale

decisone

atto obbligatorio in tutti i suoi elementi per i destinatari in esso indicati

raccomandazioni e pareri

atti non vincolanti, hanno solo valore d'indirizzo senza far sorgere nei destinatari diritti o obblighi

Il problema che fanno sorgere queste nuove fonti del diritto sta nel rapporto con le fonti del diritto italiane.

Abbiamo visto che nel nostro diritto il primato è senz'altro da riconoscere alla Costituzione, seguono poi le leggi e i regolamenti, ma con l'ingresso delle fonti comunitarie questo tradizionale criterio gerarchico deve essere rivisto.

Alla base del nostro ordinamento si pone pur sempre la Costituzione, ma subito dopo non c'è più la legge nazionale, ma il regolamento comunitario che è direttamente applicabile negli Stati membri, segue, poi, la legge ordinaria, affiancata dalla direttiva comunitaria poiché quest'ultima entra, di regola, nel nostro ordinamento attraverso una legge ordinaria.

Il primato del regolamento comunitario rispetto alla legge  nazionale è ormai riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale, come dalla Corte di giustizia europea; tra i due organi giurisdizionali, però, c'è una differente visione dei rapporti tra le due fonti poiché la Corte europea pone maggiormente in rilievo l'aspetto gerarchico tra il regolamento e la legge nazionale; per la Corte costituzionale la coesistenza per uno stesso fatto di entrambe le fonti comporta che il giudice italiano debba disapplicare le legge italiana e applicare il regolamento comunitario, senza che però la legge sia da considerarsi abrogata, ma semplicemente inefficace sino a quando la materia è regolata dalla normativa comunitaria; di conseguenza nel caso in cui il regolamento cessi la sua vigenza, tornerà applicabile la legge italiana. 
Se il giudice italiano ha dubbi sull'interpretazione della normativa comunitaria, dovrà rinviare il caso davanti alla Corte di giustizia europea che provvederà a fornire l'esatta interpretazione della norma (artt. 164 e seguenti del trattato della Comunità Europea).

punto elenco Torna alla home page     
 
punto elenco Torna al sommario della sezione