Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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petizione dell'eredità

L'azione, che spetta solo all'erede, è imprescrittibile, ma sono fatti salvi gli effetti dell'usucapione eventualmente intervenuta. Si tratta di un'azione speciale concessa all'erede, che ha in comune con la rivendica il carattere della imprescrittibilità.
A guardare bene, però, quest’azione tende a far conseguire all'erede il possesso dei beni ereditari, ma si distingue dalle azioni possessorie, oltre per la sua imprescrittibilità, per le diverse condizioni necessarie per poterla esperire. Non è previsto, infatti, che vi sia stato spoglio violento o clandestino del possesso, e legittimato attivo può essere solo l'erede (o chi affermi di essere tale) e non il semplice possessore.
Si tratta, quindi, di azione di condanna, ma nulla vieterebbe all'erede di agire solo per chiedere l'accertamento della sua qualità in presenza di contestazioni. In quest'ultimo caso, però, non rientriamo più nell'ipotesi dell'art. 533, ma nel generale potere di esercitare l'azione di accertamento che è senza dubbio riconosciuto a tutti i titolari di diritti assoluti. Essendoci dilungati sulla natura della "petitio hereditatis", vediamone in maniera schematica le caratteristiche

 Notiamo che l'azione dell'erede si rivolge contro chi dichiari di essere lui l'erede (l'erede apparente), e contro chi possegga senza alcun titolo, ma non contro chi vanti un titolo qualsiasi di acquisto ma diverso da quello ereditario; pensiamo al caso in cui l'erede voglia agire contro una persona che affermi di aver comprato i beni dal defunto; in questa ipotesi l'erede non dovrà agire con l'azione di petizione dell'eredità, (che del resto sarebbe inutile, visto che nessuno contesta la sua qualità di erede), ma con la rivendicazione.  Una volta riconosciuta la qualifica di erede all'attore, il convenuto dovrà restituire i beni ereditari.
Nelle restituzioni è rilevante la buona fede del convenuto; secondo l'art. 535 del codice civile, infatti, al possessore si applicano le regole in tema di possesso per le restituzioni, miglioramenti e addizioni (artt. 1148 e ss.), ma non si applica la regola dell'art. 1153 c.c. sulla rilevanza del possesso di buona fede per l'acquisto dei beni mobili.
Anche se l'acquisito dei beni è avvenuto in buona fede, si sarà tenuti alle restituzioni, pure se si tratta di beni mobili, e se, per avventura, il bene, sempre in buona fede, sia stato venduto, all'erede spetterà il corrispettivo ricevuto dal venditore.
Sempre in applicazione delle regole sul possesso, invece, è sufficiente che la buona fede esista nel momento dell'acquisto, mentre, nel caso di vendita dei beni ereditari, deve esistere anche nel successivo momento della alienazione.
Di conseguenza se l'alienazione è avvenuta in mala fede, bisognerà restituire il valore reale del bene, anche se superiore al prezzo ricevuto per l'alienazione, oltre al risarcimento del danno (art. 948 c.c.).
L'art. 535 si chiude con un riferimento esplicito all'erede apparente.
Per lui la buona fede consiste nell'errore sulla sua qualità di erede, errore che però (come anche accade in generale ex art. 1147 c.c.) non gli giova se deriva da colpa grave.

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