Delle falsità nelle comunicazioni sociali

Gli articoli di riferimento sono il 2621 1 2622 c.c. mettiamoli a confronto.

Art. 2621.
False comunicazioni sociali.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.

 

 

2. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

 

 

3. La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.

 

 

4. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

 

 

5. Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa.

 

 

Art. 2622.
False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori.

1. Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato, a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

3. Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d'ufficio.

4. La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori.

5. Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall'ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.

6. La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

7. La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.

8. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

9. Nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa.

 

Come si vede si tratta di ipotesi molti simili, anzi il primo comma di entrambi gli articoli esprime lo stesso fatto tipico, ma vi sono due importanti differenze.
Nell'ipotesi del 2621 le false comunicazioni sociali erano in grado di indurre in errore i destinatari delle comunicazioni, ma non hanno prodotto un danno ai creditori o terzi, mentre nell'ipotesi dell'art. 2622, la situazione è identica a quella precedente, ma le false comunicazioni hanno prodotto un" danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori" ; si tratta quindi di un ipotesi più grave, e la maggior gravità si evince anche dalla pena superiore prevista per la seconda ipotesi e anche dal fatto che il 2621 è reato contravvenzionale ( la pena è dell'arresto fino a due anni), mentre il 2622 è delitto (reclusione da sei mesi a tre anni).

Ciò posto cominciamo con il considerare il 2621: False comunicazioni sociali.

In primo luogo questo articolo si applica solo se non ricorre l'ipotesi del delitto ex art. 2622, in virtù della riserva lì contenuta (Salvo quanto previsto dall'articolo 2622); di conseguenza non si tratta di ipotesi di alternatività, ma di sussidiarietà (cass. pen. Sez. V, 24/10/2006, n. 39896)

Cominciamo con il soggetto attivo del reato: gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori; si tratta quindi di reato proprio.

Passiamo al fatto tipico: i predetti soggetti attivi nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione. Come si vede la condotta può esprimersi sia con una azione che con un'omissione, e tale condotta deve avere anche una particolare efficienza causale, deve essere in grado di"  indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione" . Si tratta, quindi, di reato di pericolo concreto.

Consideriamo ora l'elemento soggettivo: si tratta di dolo, dolo specifico (con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto). È anche vero, però, che si tratta di contravvenzione, dove di regola è irrilevante il tipo di elemento psicologico (art. 42 c.p. comma 4: Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria sia essa dolosa o colposa), ma si tratta di una regola generale che può essere derogata in casi come questo; di conseguenza:
a) non si realizza questo reato se si è agito colposamente;
b)non si realizza questo reato se il dolo era solo generico.

Passiamo ora al soggetto passivo: sono i destinatari delle comunicazioni, gli "ingannabili" cioè i soci o il pubblico, e per il secondo comma : " La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi". Anche le informazioni che riguardano questi soggetti possono trarre in inganno i soggetti passivi. Il bene giuridico:  in generale si tratta di un'ipotesi affine alla truffa, ma il patrimonio qui può essere danneggiato solo in via eventuale, e nel caso in cui ciò accada avremo la figura di reato ex art. 2622; il terzo e il quarto comma dell'art. 2621 ci illuminano sul fatto che si vuol tutelare il dei soggetti passivi del reato ad avere informazioni corrette circa l'andamento della società, in modo da poter agire in base a queste. Ed infatti il bene giuridico sarebbe  la correttezza-veridicità dell'informazione societaria, ma la corte di cassazione, seppure con sentenza  riferita al vecchio art. 2621, ha affermato che il delitto di false comunicazioni sociali è reato plurioffensivo, nel senso che il bene giuridico tutelato dalla norma è costituito sia dall'interesse generale al regolare funzionamento delle società commerciali nell'ambito dell'economia del paese, sia dagli interessi patrimoniali dei soci e dei terzi (creditori, soci futuri ecc.) che, comunque, possano entrare in rapporto con la società (Cass. pen., 22/02/1984).

 

Passiamo ora al 2622: False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori.

Soggetto attivo:  gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori; si tratta quindi di reato proprio.

Fatto tipico:  i predetti soggetti attivi nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione. Come si vede la condotta può esprimersi sia con una azione sia con un'omissione, e tale condotta deve essere in grado di"  indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione", ma il solo errore non basta è anche necessario che si sia cagionato "un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori". La condotta dei soggetti attivi deve aver avuto, in questo caso, una particolare efficienza causale , aver provocato in danno, si tratta quindi di reato di evento.

Elemento soggettivo: si tratta di dolo, dolo specifico (con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto). Non vi sarà quindi punibilità per colpa, non prevista e non ipotizzabile in questo caso, né per dolo generico.

Soggetto passivo:  la società, i soci o i creditori della società, ma anche, nell'ipotesi del comma 4, i risparmiatori, ma per questi ultimi il danno deve essere particolarmente esteso, deve essere grave, e il  danno:" è grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall'ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo". Il bene giuridico protetto è principalmente il patrimonio, ma nel caso in cui siano stati coinvolti i risparmiatori, anche l'economia pubblica potrebbe essere messa in pericolo.

I commi 7 e 8 prevedono della cause di non punibilità.

Condizione di procedibilità: si procede a querela della persona offesa. Ricordiamo che l' improcedibilità per remissione di querela del delitto ex art. 2622 c.c. non comporta l'inapplicabilità della contravvenzione ex art. 2621 c.c., dal momento che tra i due reati non sussiste un rapporto di alternatività, ma di sussidiarietà vista la clausola di riserva "salvo quanto previsto dall'art. 2622" posta in apertura dell'art. 2621 c.c. che è pertanto applicabile ogni qualvolta, in presenza di un danno patrimoniale, non sia possibile procedere per il delitto ex art. 2622 c.c. (Cass. pen., Sez. V, 24/10/2006, n. 39869)

Il delitto prevede l'ipotesi base, del primo comma, e quelle aggravate del comma terzo e quarto, con sensibili aumenti di pena.

 
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