Collegio sindacale

Secondo il dizionario Treccani, sindacare vuol principalmente dire: “Controllare individui, enti, amministrazioni e il loro operato, specie per quanto riguarda lo svolgimento delle mansioni amministrative e pubbliche loro affidate”.
Quindi il sindacare è sinonimo di controllare, e da ciò si intuisce il ruolo del collegio sindacale che è, appunto, quello di un controllore, della società, e per la precisione, l’art. 2403 così recita.

Doveri del collegio sindacale.

Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo 2409-bis, terzo comma.

È chiaro che tali doveri non potranno essere adempiuti se al collegio non gli sono riconosciuti gli adeguati poteri di controllo e intervento.
Abbiamo visto studiando la S.p.A. che il collegio sindacale è chiamato spesso a intervenire in caso d’inerzia degli amministratori o della stessa assemblea, ricordiamo, ad esempio, i poteri che gli sono riconosciuti in caso d’invalidità delle delibere assembleari, o per la convocazione dell’assemblea.
Al collegio sindacale, quindi, sono riconosciuti specifici poteri da singole norme del codice, che si inseriscono nella più ampia cornice dei poteri riconosciuti in via generale all’organo, ed infatti il collegio sindacale, anche per il tramite di propri ausiliari che operano sotto la sua responsabilità, può:

a) procedere ad atti d’ispezione e controllo, e tali poteri possono essere esercitati anche individualmente;
b) chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.
c) scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all'andamento generale dell'attività sociale.

I sindaci poi hanno il dovere-potere di assistere alle adunanze delle assemblee, del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, un potere e anche un dovere, come detto, tanto che se non assistono, senza giustificato motivo, alle assemblee e nel periodo di un esercizio, a due adunanze consecutive del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, decadono dall’ufficio.
Il collegio sindacale ha anche un generale obbligo di controllo sugli amministratori, o meglio sulle omissioni degli amministratori, un potere di controllo che si aggiunge a quelli già previsti in via specifica da diversi articoli del codice.
Se quindi gli amministratori incorrono in omissioni o in ritardi nella convocazione dell’assemblea, il collegio ha l’obbligo di convocarla, provvedendo a eseguire le pubblicazioni richieste; lo stesso dovrà fare quando, nello svolgimento del suo incarico,  ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia un’urgente necessità di provvedere. In tal caso sarà necessario inviare preventivamente comunicazione al consiglio di amministrazione.
Il controllo del collegio sia sull’organo amministrativo, sia sulla stessa assemblea, è di natura formale, e non di merito; in altre parole il collegio non potrà sostituirsi agli amministratori nelle loro scelte di gestione, se legittime, e nemmeno censurare un voto dell’assemblea preso secondo le norme di legge e dello statuto.


Essendo un organo di controllo, a lui andranno rivolte le denunce dei soci, o del socio, che ritengono d’informare il collegio su fatti che ritengono censurabili; in tal caso il collegio ha l’obbligo di tener conto di tale denuncia nella relazione che tiene all’assemblea. Se, però, la denuncia proviene da:

a) un ventesimo del capitale sociale, nelle società che non fanno ricorso al capitale di rischio;
b) un cinquantesimo del capitale sociale, nelle società che fanno ricorso al capitale di rischio,
o nelle minori percentuali previste dallo statuto, il collegio deve indagare senza ritardo sui fatti denunciati, e presentare le sue conclusioni e eventuali proposte all’assemblea; se però, in seguito alla denuncia, rileva fatti censurabili di rilevante gravità, deve convocare l’assemblea.

Può sorprendere che tra questa elencazione dei poteri, soprattutto di controllo, manchi quello più rilevante, la revisione legale dei conti, che in passato era affidata al collegio sindacale.
Attualmente la revisione contabile è affidata a un revisore legale dei conti od una società di revisione legale iscritta nell’apposito registro, anche se lo statuto di società che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In questo caso, però, il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro.
La revisione legale dei conti è quindi regolata da una legge speciale (d.lgs. 39\2010), di cui parleremo in seguito.


Ma viene da chiedersi come mai al collegio sindacale sia stato sottratto il controllo contabile sulla società.
La risposta la troviamo nel fatto che il collegio sindacale è pur sempre un organo della società, nominato e retribuito da questa, e quindi si corre il rischio che il controllo più delicato, che deve svolgersi sulla contabilità della società e in particolar modo sui bilanci, non sia poi così imparziale.
La questione è molto delicata, perché la corretta tenuta dei conti di una società, non è questione che riguarda solo i soci o i creditori della società, ma tutta la comunità, come è risultato in maniera drammatica nei clamorosi e imprevisti (ma non certo imprevedibili)  fallimenti di grandi società, che hanno gettato nel panico i mercati e soprattutto un numero enorme di risparmiatori. Queste esigenze hanno spinto il legislatore a sottrarre il controllo contabile al collegio sindacale e ad affidarlo a soggetti esterni, i revisori contabili o le società di revisione, controlli che sono più stringenti se le società sono quotare nei mercati regolamentati.


Come devono svolgere il loro compito i sindaci? Ci risponde il primo comma dell’art. 2407 che così dispone:

I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio

Si capisce come si tratti di diligenza professionale, soprattutto considerando che almeno uno dei sindaci è un revisore legale.


Per i sindaci si possono configurare due tipi di responsabilità:

a) in solido con gli amministratori, per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica. Si tratta di una classica responsabilità per omissione.
b) per fatto proprio, come nel caso in cui non abbiano dato seguito alla denunzia presentata dai soci, o abbiano violato il segreto. In genere la responsabilità dei sindaci è solidale.

Il mancato rispetto della diligenza richiesta rende responsabili i sindaci per i danni causati alla società, ai creditori e ai singoli soci e terzi, e contro di loro possono essere mosse le stesse azioni di responsabilità proponibili contro gli amministratori, ovviamente adattate alla specifica responsabilità e compiti dei sindaci. Nulla esclude, poi, che nel caso di responsabilità solidale tra amministratori e sindaci, possano essere convenuti in giudizio entrambi i soggetti, anche se i titoli di responsabilità sono diversi. Gli amministratori saranno convenuti in giudizio per aver prodotto direttamente il danno alla società, mentre i sindaci per non aver controllato l’operato degli amministratori, ma, si noti: l’omissione dei sindaci, come singoli o come collegio, deve avere avuto una particolare efficienza causale, nel senso che il danno prodotto dagli amministratori non si sarebbe verificato se i sindaci avessero vigilato in conformità agli obblighi della loro carica.
Per accertare, almeno dal punto di vista dell’efficienza causale della loro omissione la responsabilità, si ricorrerà alla famosa “prognosi postuma” tanto usata nella responsabilità per omissione nel diritto penale. Il giudice, di fronte al danno accertato e anche di fronte all’accertamento della responsabilità degli amministratori, che si pone come pregiudiziale rispetto a quella dei sindaci, si chiederà: se i sindaci avessero correttamente vigilato, gli amministratori sarebbero riusciti a realizzare il loro comportamento dannoso?
Se la risposta è positiva (sì,il danno si sarebbe prodotto comunque), i sindaci non saranno responsabili, se negativa, ( no, gli amministratori non avrebbero potuto realizzare il danno) vuol dire che l’omissione dei sindaci è rilevante, perché se avessero correttamente agito, il danno non si sarebbe prodotto.

2403-bis. Poteri del collegio sindacale.
2406. Omissioni degli amministratori.
2408. Denunzia al collegio sindacale.

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