Giurisprudenza

Questa massima puntualizza le caratteristiche dell’impossibilità sopravvenuta; la massima è interessante perché collega l’impossibilità all’interesse del creditore e alla realizzazione della causa concreta del contratto.

Cass. civ. Sez. I, 02-10-2014, n. 20811

In tema di risoluzione del contratto (nella specie, appalto di opera pubblica), l'impossibilità sopravvenuta della prestazione è configurabile qualora siano divenuti impossibili l'adempimento della prestazione da parte del debitore o l'utilizzazione della stessa ad opera della controparte, purché tale impossibilità non sia imputabile al creditore ed il suo interesse a ricevere la prestazione medesima sia venuto meno, dovendosi in tal caso prendere atto che non può più essere conseguita la finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, con la conseguente estinzione dell'obbligazione.

(Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la possibilità di eseguire l'opera commissionata fosse stata impedita dall'esistenza di un vincolo archeologico sull'area interessata dai lavori di costruzione di alloggi, conosciuto dal committente solo attraverso la concessione edilizia rilasciatagli dal comune, per effetto del quale la Soprintendenza aveva ordinato la sospensione dei lavori, disponendo, altresì, per la loro ripresa, prescrizioni tali che, se osservate, avrebbero determinato un rilevante aumento dei costi e la cospicua riduzione degli alloggi originariamente previsti). (Rigetta, App. Salerno, 06/07/2006) FONTI CED Cassazione, 2014

In genere si ritiene che per le obbligazioni pecuniarie non si possa parlare di impossibilità sopravvenuta, perché si tradurrebbe solo in una impotenza economica di quel singolo debitore; l’impossibilità non avrebbe carattere oggettivo ma soggettivo; la cassazione è sostanzialmente d’accordo con questa impostazione, ma d’altro canto, ammette l’impossibilità per le obbligazioni pecuniarie quando questa sia provocata da un impedimento oggettivo e assoluto. Nella successiva massima si individua un caso di questa impossibilità quando questa non sia imputabile al debitore.

Cass. civ. Sez. II, 15-11-2013, n. 25777

In materia di obbligazioni pecuniarie, l'impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell'esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo ed assoluto che non possa essere rimosso, non potendosi ravvisare nella mera impotenza economica derivante dall'inadempimento di un terzo nell'ambito di un diverso rapporto.

(In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che configuri l'impossibilità obiettiva ed assoluta di adempiere la maturata prescrizione del diritto della medesima parte ad ottenere, a sua volta, la ripetizione di importi corrisposti a terzi a titolo transattivo).

FONTI CED Cassazione, 2013

 

 

Cass. civ. Sez. II, 30-04-2012, n. 6594

In materia di responsabilità contrattuale, perché l'impossibilità della prestazione (nella specie conseguente al sequestro penale dei conti correnti sui quali erano versate le somme necessarie a corrispondere il prezzo della vendita) costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, deve essere offerta la prova della non imputabilità, anche remota, di tale evento impeditivo, non essendo rilevante, in mancanza, la configurabilità o meno del "factum principis". (Rigetta, App. Napoli, 01/10/2008) FONTI CED Cassazione, 2012

Un’ulteriore precisazione delle caratteristiche dell’impossibilità sopravvenuta.

Cass. civ. Sez. II, 02-10-2008, n. 24534

Non può considerarsi impossibile una prestazione che, per la mancanza di previsione di un termine, può ancora essere eseguita. D'altra parte, può invocarsi la sopravvenuta impossibilità della prestazione solo qualora la circostanza sopravvenuta rivesta i caratteri della assolutezza e della oggettività e non sia prevedibile al momento del sorgere dell'obbligazione. FONTI Nuova Giur. Civ., 2009, 5, 1, 521 nota di DONADIO

L’art. 1259 permette al creditore di una cosa determinata di subentrare nei diritti spettanti al debitore contro il terzo che abbia causato l’impossibilità e può pretendere dal debitore quanto abbia ricevuto a titolo di risarcimento. Nella successiva massima si fa un caso di bene in deposito che sia stato distrutto per causa non imputabile al depositario. Si noti che il depositante è il soggetto che ha subito il danno dovuto alla mancata riconsegna anche perché è, di solito, il proprietario della cosa distrutta.

 

Cass. civ. Sez. III, 19-07-2004, n. 13359

Il comma 2 dell'articolo 1780 del c.c. prevede il subingresso ope legis del depositante nei diritti spettanti al depositario in dipendenza del fatto che ha causato la impossibilità di restituire la cosa e attribuisce allo stesso depositante il diritto di pretendere dal depositario quanto egli abbia ricevuto.

La norma costituisce ripetizione della regola generale in materia di impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore stabilita dall'articolo 1259 del c.c. e deve interpretarsi nel senso da ricomprendere ogni diritto comunque e a qualsiasi titolo spettante al depositario in relazione alla perdita incolpevole della cosa.

Il depositante, pertanto, subentra nel diritto che spetta al depositario sia esso di risarcimento verso il terzo che di indennizzo verso l'assicuratore.

FONTI Guida al Diritto, 2005.


Vai alla pagina iniziale di diritto privato in rete