Giurisprudenza.
Quale parte del
contratto può invocare la risoluzione del contratto per impossibilità
sopravvenuta?
Cass. civ. Sez. III, 10-07-2018, n. 18047
La risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della
prestazione, con la conseguente possibilità di attivare i rimedi
restitutori, ai sensi dell'art. 1463 cod. civ. , può essere invocata da
entrambe le parti del rapporto obbligatorio sinallagmatico, e cioè sia
dalla parte la cui prestazione sia divenuta impossibile sia da quella la
cui prestazione sia rimasta possibile. In particolare, l'impossibilità
sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia
divenuta impossibile l'esecuzione della prestazione del debitore, ma
anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l'utilizzazione della
prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque
non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto
meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della
finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la
conseguente estinzione dell'obbligazione.
FONTI
Il contratto si
risolve quando vi sia un’impossibilità sopravvenuta non imputabile al
debitore, e se è imputabile al creditore? E quando si può dire che,
rispetto all’interesse del creditore, che l’impossibilità causa
realmente la risoluzione del contratto?
Cass. civ. Sez. I, 02-10-2014, n. 20811
In tema di risoluzione del contratto
(nella specie, appalto di opera pubblica), l'impossibilità sopravvenuta
della prestazione è configurabile qualora siano divenuti impossibili
l'adempimento della prestazione da parte del debitore o l'utilizzazione
della stessa ad opera della controparte, purché tale impossibilità non
sia imputabile al creditore ed il suo interesse a ricevere la
prestazione medesima sia venuto meno, dovendosi in tal caso prendere
atto che non può più essere conseguita la finalità essenziale in cui
consiste la causa concreta del contratto, con la conseguente estinzione
dell'obbligazione.
FONTI CED Cassazione, 2014
Anche nelle
obbligazioni pecuniarie vi può essere un’impossibilità sopravvenuta.
Cass. civ. Sez. II, 15-11-2013, n. 25777 (rv. 628305)
In materia di obbligazioni pecuniarie,
l'impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell'esonero
da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un
impedimento obiettivo ed assoluto che non possa essere rimosso, non
potendosi ravvisare nella mera impotenza economica derivante
dall'inadempimento di un terzo nell'ambito di un diverso rapporto. (In
applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che configuri
l'impossibilità obiettiva ed assoluta di adempiere la maturata
prescrizione del diritto della medesima parte ad ottenere, a sua volta,
la ripetizione di importi corrisposti a terzi a titolo transattivo).
FONTI CED Cassazione, 2013
La prova
dell’impossibilità ricade sul debitore.
Cass. civ. Sez. II, 30-04-2012, n. 6594
In tema d'impossibilità sopravvenuta
della prestazione il debitore deve provare che l'evento non sia a lui
imputabile al fine di ottenere l'esonero da responsabilità anche in
ipotesi di c.d. factum principis.
FONTI Giur. It., 2013, 4, 833.
Se il creditore si
ritrova nell’impossibilità di usare la prestazione (astrattamente
possibile) il contratto si risolve.
Alla stregua del concetto di "causa
negoziale concreta" va affermato che non soltanto la totale
impossibilità sopravvenuta della prestazione (id est, della sua
esecuzione, tale da costituire un impedimento assoluto ed oggettivo a
carattere definitivo) integra una fattispecie di automatica estinzione
dell'obbligazione e risoluzione del contratto che ne costituisce la
fonte ai sensi degli artt. 1463 e 1256, comma 1, c.c., in ragione del
venir meno della relazione di interdipendenza funzionale in cui la
medesima si trova con la prestazione della controparte, ma che lo stesso
effetto consegue altresì alla impossibilità di utilizzazione della
prestazione da parte del creditore.
FONTI Nuova Giur. Civ., 2008, 5
Cass. civ. Sez. III Sent., 20-12-2007,
n. 26958.
La risoluzione del contratto per
impossibilità sopravvenuta della prestazione, con la conseguente
possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell'art. 1463
cod. civ., può essere invocata da entrambe le parti del rapporto
obbligatorio sinallagmatico, e cioè sia dalla parte la cui prestazione
sia divenuta impossibile sia da quella la cui prestazione sia rimasta
possibile. In particolare, l'impossibilità sopravvenuta della
prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile
l'esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui
sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione della
controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al
creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi
in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale
in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente
estinzione dell'obbligazione.
(Nella fattispecie, relativa ad un
contratto di soggiorno alberghiero prenotato da due coniugi uno dei
quali era deceduto improvvisamente il giorno precedente l'inizio del
soggiorno, la S.C., enunciando il riportato principio, ha confermato la
sentenza di merito con cui era stato dichiarato risolto il contratto per
impossibilità sopravvenuta invocata dal cliente ed ha condannato
l'albergatore a restituire quanto già ricevuto a titolo di pagamento
della prestazione alberghiera). (Rigetta, Trib. Teramo, 22 Luglio 2003)
FONTI Mass. Giur. It., 2007
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