Giurisprudenza
Sul concetto di
domicilio.
Cass. civ. Sez. III (Ord.), 08-03-2005, n. 5006 (rv. 579738)
Ai fini della competenza territoriale,
qualora sia convenuta una persona fisica, e si faccia riferimento al
luogo del domicilio, che è criterio di collegamento rilevante sia ai
fini dell'art. 18 cod. proc. civ. che dell'art. 20 cod. proc. civ. ed
autonomo rispetto a quello della residenza, s'intende per domicilio il
luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari
e dei suoi interessi, che non va individuato solo con riferimento ai
rapporti economici e patrimoniali, ma anche ai suoi interessi morali,
sociali e familiari, che confluiscono normalmente nel luogo ove la
stessa vive con la propria famiglia; ne consegue che il domicilio è
caratterizzato dall'intenzione di costituire in un determinato luogo il
centro principale delle proprie relazioni familiari, sociali ed
economiche. (Nella specie il convenuto aveva trasferito la residenza da
Palermo a Cefalù, continuando a svolgere attività professionale nel
capoluogo; la S.C, nel confermare la sentenza di merito, ha precisato
che il trasferimento della residenza comporta la presunzione di
trasferimento anche del domicilio, presunzione non superata dalla
permanenza dello studio legale in Palermo, in mancanza di prova sia
della persistente iscrizione nell'albo professionale di quella città,
sia del carattere fittizio del trasferimento di residenza).
FONTI Mass. Giur. It., 2005
Sul valore delle
certificazioni anagrafiche in tema di residenza.
Cass. civ. Sez. I, 27-02-1970, n. 478
(rv. 345492)
Le risultanze dei registri anagrafici
hanno semplice valore presuntivo circa la residenza della persona cui si
riferiscono, potendo essere diverso il luogo della effettiva
abituale dimora, accertabile con ogni mezzo di prova. Tuttavia, per i
terzi di buona fede, e cioè per coloro che soggettivamente ed
oggettivamente ignorino il vero stato delle cose, il legislatore ha
inteso derogare al suddetto principio, stabilendo che ad essi non può
essere opposto il trasferimento della residenza se non sia stato
denunziato nei modi previsti dall'art 44 cod civ e 31 delle relative
norme di attuazione, e cioè con doppia dichiarazione fatta al comune che
si abbandona ed a quello dove si intende fissare la nuova residenza.
Pertanto, i terzi di buona fede possono contrastare le risultanze dei
certificati anagrafici se non corrispondono a loro avviso, con la
situazione obbiettiva qualora, pero, intendano avvalersi delle
risultanze medesime, nessuna prova e ammissibile contro il contenuto dei
certificati.
FONTI Mass. Giur. It., 1970
Sul concetto di
residenza.
Sez. U, Sentenza n. 565 del 02/04/1965
La residenza, come dimora stabile di
una persona, è data dall'elemento oggettivo della permanenza nel luogo,
la quale non è incompatibile con eventuali allontanamenti, anche se
frequenti e di una certa durata, e da quello soggettivo della volontà di
rimanervi, quest'ultimo elemento è di regola compenetrato nel fatto di
dimorare abitualmente in un determinato luogo per cui, in mancanza di
prova contraria, si deve presumere che chi dimora abitualmente in un
luogo vuole avere ivi la sua residenza.
Residenza
all’estero.
Ove il cittadino italiano, convenuto
in giudizio, abbia all'estero la propria residenza, deve ritenersi che
ivi abbia anche il domicilio, potendo presumersi che la sede principale
degli affari ed interessi sia fissata nel medesimo luogo in cui il
soggetto abitualmente dimora; ai fini del superamento di detta
presunzione, e quindi della prova dell'esistenza di un domicilio del
detto convenuto in Italia - necessaria perché scatti il criterio
generale di radicamento della competenza giurisdizionale del giudice
italiano, ai sensi dell'art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218 -, non
basta la mera disponibilità di un immobile in Italia, né la ricezione,
ivi, ad opera di un domestico, dell'atto di citazione in giudizio,
trattandosi di circostanze non significative ai fini dell'individuazione
di un luogo elevato a centro dei propri affari ed interessi.
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