Giurisprudenza.

 

 

L’art. 33 parla di clausole di cui bisogna dimostrare la vessatorietà; questa clausole sono oggetto della massima che segue.

 

Cass. civ. Sez. III, 17-03-2010, n. 6481

In tema di contratti del consumatore, il carattere abusivo delle clausole predisposte dal professionista va valutato sia alla luce del principio generale, secondo cui sono abusive le clausole che determinino a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (art. 1469-bis, primo comma cod. civ., nella formulazione, applicabile "ratione temporis", antecedente al d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), sia alla luce delle fattispecie tipizzate (di cui al terzo comma dello stesso articolo). Pertanto, è abusiva la clausola (nella specie, di un contratto avente ad oggetto un corso professionale) con la quale il consumatore rinuncia alla facoltà di recesso e si assume l'obbligo di corrispondere comunque l'intero importo pattuito, poiché, sanzionando indiscriminatamente il recesso - indipendentemente da un giustificato motivo - riserva al professionista un trattamento differenziato e migliore, in contrasto con i principi contenuti ai nn. 5 e 7 del terzo comma dell'art. 1469-bis cod. civ., soprattutto ove l'obbligo previsto per il consumatore in caso di recesso non trovi riscontro in un'analoga sanzione a carico del professionista. (Cassa con rinvio, App. Cagliari, 06/04/2005) FONTI CED Cassazione, 2010.

 

Cass. civ. Sez. III Ordinanza, 09-06-2011, n. 12685

Al rapporto tra l'avvocato e cliente è applicabile la disciplina a tutela del consumatore, con la conseguente applicazione dell'art. 33, comma 2°, lett. u), d.lgs. n. 206/2005, che prevale rispetto all'art. 637 c.p.c..

FONTI Resp. civ., 2011, 8-9, 628

 

 

Sempre l’art. 33 fa riferimento a clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria, alcune massime su queste ipotesi.

 

 

Cass. civ. Sez. VI - 2 Ordinanza, 12-01-2015, n. 181

Il domicilio elettivo del consumatore, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, lett. u), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, il quale, insieme alla residenza dello stesso consumatore al momento della domanda, costituisce foro esclusivo ed inderogabile (a meno che la previsione di altri fori nel contratto sia stata oggetto di trattativa individuale), è esclusivamente quello che il consumatore può eleggere nel contratto all'atto della sua conclusione per tutte le vicende attinenti al contratto stesso, come stabilito dall'art. 47 cod. civ., sicché non ha rilevanza l'individuazione del domicilio effettivo del consumatore in base al luogo di svolgimento della sua attività lavorativa. (Regola competenza)

FONTI CED Cassazione, 2015

 

 

Cass. civ. Sez. II, 13-01-2014, n. 470

La clausola penale non rientra tra i patti che richiedono l'approvazione specifica ex art. 1341 c.c. e non è detto sia vessatoria ai sensi dell'art. 33 c.cons. se di importo pari a quello della prestazione inadempiuta.

FONTI Quotidiano Giuridico, 2014

Clausola vessatoria e negozio preliminare.

 

Cass. civ. Sez. II, 30-04-2012, n. 6639

In tema di clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore, la previsione dell'art. 33, comma 2, lett. e), D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo) ( volta a sanzionare la lesione inferta all'equilibrio negoziale che si concretizza nel trattenimento di una somma di danaro ricevuta prima dell'esecuzione delle prestazioni derivanti dal contratto, qualora non si pongano a carico dell'accipiens un obbligo restitutorio e un ulteriore obbligo sanzionatorio nel caso che sia egli stesso a non concludere o a recedere)  è applicabile in presenza non solo di un contratto già concluso ed impegnativo, ma anche di un negozio preparatorio vincolante per il consumatore, quale quello discendente da una proposta irrevocabile, qualora il consumatore stesso (nel versare, contestualmente all'impegno assunto, una somma di denaro destinata ad essere incamerata dal destinatario in caso di mancata sottoscrizione, da parte dello stesso proponente, del successivo preliminare "chiuso" o del definitivo) abbia aderito ad un testo, contenente la detta clausola vessatoria, predisposto o, comunque, utilizzato dal professionista oblato.

FONTI Obbl. e Contr on line, 2012.

 

 

La rilevabilità d’ufficio della “nullità di protezione” ex art. 36 cod. cons.

 

La rilevabilità officiosa delle nullità negoziali deve estendersi anche a quelle cosiddette di protezione, da configurarsi, alla stregua delle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, come una "species" del più ampio "genus" rappresentato dalle prime, tutelando le stesse interessi e valori fondamentali - quali il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost) e l'uguaglianza almeno formale tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost) - che trascendono quelli del singolo. (Cassa e decide nel merito, App. Brescia, 13/01/2011) FONTI CED Cassazione, 2014

 

Che succede se il professionista non riesce a fornire la prova della trattativa sulle clausole (art. 34 comma 5) dell’art. 33? La clausola è nulla.

 

Cass. civ. Sez. III Ord., 26-09-2008, n. 24262

In mancanza della prova della trattativa, in base all'art. 36, comma 1, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, le clausole considerate vessatorie, ai sensi degli artt. 33 e 34 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto.

FONTI Massima redazionale De Agostini Giuridica, 2008

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