Giurisprudenza.

 

Cass. civ. Sez. I, 20-06-2017, n. 15201

In tema di dichiarazione giudiziale di paternità, è correttamente motivata la decisione di merito che ha accertato il legame genitoriale sulla base sia della prova testimoniale, relativa alla relazione tra i pretesi genitori, sia di una consulenza tecnica d'ufficio genetica, oggetto di censure generiche, o prive di specifico riscontro scientifico, o comunque di merito (nella specie, il preteso padre si era limitato a illazioni sulle generalità del vero genitore e a segnalare che la stessa c.t.u. aveva evidenziato l'esistenza di due marcatori incompatibili tra lui e il minore, senza però nemmeno prospettare che da ciò sarebbe derivata l'erroneità delle conclusioni cui è giunta la relazione, che ha comunque stimato una compatibilità genetica, tra lui e il minore, del 99,98 per cento).

FONTI 
Foro It., 2017, 7-8, 1, 2265 

 

 

Cass. civ. Sez. I, 01-06-2017, n. 13880

Nei giudizi promossi per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale l'esame genetico sul presunto padre si svolge mediante consulenza tecnica c.d. percepiente, ove il consulente nominato dal giudice non ha solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti ma di accertare i fatti stessi. E' necessario e sufficiente, in tal caso, che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche, perché la consulenza costituisca essa stessa fonte oggettiva di prova.

FONTI
Giur. It., 2017, 8-9, 1841

 

 

Cass. civ. Sez. I, 28-03-2017, n. 7958

La prova della fondatezza della domanda di dichiarazione giudiziale di paternità fuori dal matrimonio, non sussistendo un ordine gerarchico, può trarsi anche dal comportamento delle parti, e in particolare dal rifiuto ingiustificato del padre di sottoporsi alle prove genetiche, da valutarsi anche tenuto conto del contesto sociale e, globalmente, di tutte le circostanze del caso (la Suprema corte ha confermato la sentenza di merito, che ha accolto la domanda, tenuto conto, tra l'altro, della mancata disponibilità in concreto del padre al prelievo per l'esame genetico, in quanto egli si era limitato a far pervenire la copia di una analisi genetica effettuata all'estero, su un campione asseritamente da lui prelevato alla presenza di un notaio e di due testimoni, analisi non utilizzata sia per la mancanza di adeguate garanzie sulla sua corretta esecuzione, sia sulla coincidenza di quel campione con quello concretamente esaminato dal laboratorio).

FONTI 
Foro It., 2017, 5, 1, 1533 

 

Cass. civ. Sez. I, 28-03-2017, n. 7960

La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell'art. 277 c.c. , e, quindi, giusta l'art. 261 c.c. , implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex art. 148 c.c.. La relativa obbligazione si collega allo "status" genitoriale ed assume, di conseguenza, pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l'altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l'onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato (secondo i criteri di ripartizione di cui al citato art. 148 c.c. ), ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall'art. 1299 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali.

Tuttavia, la condanna al rimborso di detta quota per il periodo precedente la proposizione dell'azione non può prescindere da un'espressa domanda della parte, attenendo tale pronuncia alla definizione dei rapporti pregressi tra debitori solidali, ossia a diritti disponibili, e, quindi, non incidendo sull'interesse superiore del minore, che soltanto legittima l'esercizio dei poteri officiosi attribuiti al giudice dall'art. 277, comma 2, c.c. 

La necessità di analoga domanda non ricorre riguardo ai provvedimenti da adottare in relazione al periodo successivo alla proposizione dell'azione, atteso che, durante la pendenza del giudizio, resta fermo il potere del giudice adito, in forza della norma suindicata, di adottare di ufficio i provvedimenti che stimi opportuni per il mantenimento del minore. (In applicazione di detti principi, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata per aver trascurato sia la circostanza che le parti avevano compiutamente delimitato, in termini temporali, l'ambito delle rispettive pretese, sia che, al momento dell'introduzione dell'azione, la figlia non era minorenne, con la conseguenza che non residuava alcuno spazio per l'esercizio di poteri officiosi da parte del giudice). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, 11/03/2015)

FONTI 
CED Cassazione, 2017 

 

Cass. civ. Sez. Unite, 10-02-2017, n. 3555

Il criterio della vicinanza è dettato dall'interesse superiore del minore (Corte giustizia, 5 ottobre 2010, in causa 296/10), la cui pregnanza comporta anche l'esclusione della validità del consenso del genitore alla proroga della giurisdizione (Cass., Sez. Unite, 30 dicembre 2011, n. 30646). Sotto tale aspetto assume particolare rilievo la circostanza, indicata nel provvedimento impugnato, relativa alla negative ripercussioni di natura psicologica nei confronti del bambino in conseguenza del trasferimento in Italia, essendosi evidenziato come l'interruzione della permanenza in Spagna, determinata da una scelta unilaterale del padre, avesse determinato nel minore uno "strappo", riconoscendo egli come propri i luoghi spagnoli, nei quali aveva risieduto fino al dicembre dell'anno 2014, vale a dire fino al momento della domanda, presentata il 26 gennaio 2015. Tale sequenza cronologica smentisce in maniera palese le deduzioni del ricorrente circa l'individuazione della residenza abituale del figlio in Italia, dovendosi ribadire la necessità di tener conto della residenza abituale del minore al momento dell'introduzione domanda, senza considerare gli intervalli privi di significativa rilevanza.

FONTI
Massima redazionale, De Agostini 2017


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