Giurisprudenza.

 

Corte cost., 21-12-2016, n. 286

Va dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 c.c.; 72, 1° comma, R.D. 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile); e 33 e 34, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'art. 2, 12° comma, della L. 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.

Va dichiarata in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'art. 262, 1° comma, c.c., nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno.

Va dichiarata, infine, ai sensi dell'art. 27, L. n. 87/1953, l'illegittimità costituzionale dell'art. 299, 3° comma, c.c., nella parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell'adozione.

FONTI
Giur. It., 2017, 4, 815
Nuova Giur. Civ., 2017, 6, 818 nota di FAVILLI

 

Corte cost., 21-12-2016, n. 286

In tema di uguaglianza dei coniugi, il criterio della prevalenza del cognome paterno, e la conseguente disparità di trattamento dei coniugi medesimi, non trovano giustificazione né nell'art. 3 Cost., né nella finalità di salvaguardia dell'unità familiare, di cui all'art. 29, comma 2, Cost. Pertanto, la violazione del principio di uguaglianza "morale e giuridica" dei coniugi, realizzata attraverso la mortificazione del diritto della madre a che il figlio acquisti anche il suo cognome, contraddice quella finalità di garanzia dell'unità familiare, individuata quale "ratio" giustificatrice, in generale, di eventuali deroghe alla parità dei coniugi, ed in particolare, della norma sulla prevalenza del cognome paterno, rivelandosi tale diversità di trattamento dei coniugi nell'attribuzione del cognome ai figli, in quanto espressione di una superata concezione patriarcale della famiglia e dei rapporti fra coniugi, non compatibile né con il principio di uguaglianza, né con il principio della pari dignità morale e giuridica dei coniugi.

FONTI
Massima redazionale, De Agostini Giuridica 2016

 

 

Trib. Roma Sez. I, 10-05-2016

Ai fini della determinazione dello status del nato a seguito di un erroneo scambio di embrioni praticato nell'ambito di procedure di fecondazione assistita, tanto le norme codicistiche quanto le disposizioni dettate dalla L. n. 40/2004 recepiscono quale unico criterio rilevante ai fini dell'attribuzione della maternità quello della gestazione e del parto (indipendentemente dall'apporto genetico), sì che è madre colei che partorisce (artt. 269, 3° comma, 239 e 240 c.c.; artt. 8, 9, 2° comma, 12, 6° comma, L. n. 40/2004) e, conseguentemente, padre il di lei marito (artt. 231 e 243-bis c.c.; artt. 8 e 9, 3° comma, L. n. 40/2004).

FONTI
Giur. It., 2016, 10, 2109

 

 

Cass. civ. Sez. I Ord., 21-02-2018, n. 4194

Ove non operi la presunzione di paternità e non sia intervenuto il riconoscimento del figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l'unica azione a disposizione del padre è la contestazione dello stato di figlio di cui all'art. 248 c.c. , che ha un ambito applicativo del tutto diverso da quello dell'accertamento dell'eventuale paternità naturale del ricorrente.

FONTI 
Quotidiano Giuridico, 2018 

 

Tribunale Torino Sez. giurisdiz., 21-12-2017

Anche se la nascita del figlio è avvenuta in costanza di matrimonio, essendo trascorsi 300 giorni dalla separazione personale dei coniugi, come indicato nell'art. 232, comma 2, c.c., non opera la presunzione di filiazione nel matrimonio che, al contrario, deve intendersi avvenuta fuori dal matrimonio: pertanto, è necessario che il padre, pur ancora marito della madre all'epoca della nascita del figlio, debba effettuare il riconoscimento di filiazione di fronte all'ufficiale dello stato civile.

FONTI
Famiglia e Diritto, 2018, 5, 484

 

 

Cass. civ. Sez. I Sent., 08-06-2012, n. 9379

La presunzione legale di paternità di cui all'art. 231 cod. civ., a norma della quale il marito della madre è padre del figlio da essa concepito durante il matrimonio, può essere vinta soltanto con l'azione di disconoscimento di cui all'art. 235 cod. civ. e, quindi, da parte dei soggetti, nei termini e nelle condizioni all'uopo previste, ancorché vi sia stata declaratoria di nullità del matrimonio tra i coniugi. (Rigetta, App. Roma, 14/07/2010)

FONTI
CED Cassazione, 2012

 

Cass. civ. Sez. I, 30-01-2001, n. 1264

Pur a fronte di un accentuato favore per una conformità dello "status" alla realtà della procreazione - chiaramente espresso nel progressivo ampliamento in sede legislativa delle ipotesi di accertamento della verità biologica - il "favor veritatis" non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta da affermarsi comunque, atteso che l'art. 30 cost. non ha attribuito un valore indefettibilmente preminente alla verità biologica rispetto a quella legale, ma nel disporre al comma 4 che "la legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità" ha demandato al legislatore ordinario il potere di privilegiare, nel rispetto degli altri valori di rango costituzionale, la paternità legale rispetto a quella naturale, nonché di fissare le condizioni e le modalità per far valere quest'ultima, così affidandogli anche la valutazione in via generale della soluzione più idonea per la realizzazione dell'interesse del minore.

FONTI 
Mass. Giur. It., 2001 

 

Cass. civ. Sez. I Ordinanza, 21-02-2018, n. 4194

Non si verifica la violazione di diritti costituzionalmente protetti del minore, in conseguenza dell'impugnazione del riconoscimento. Infatti, non vi può essere conflitto tra favor veritatis e favor minoris, se si considera che l'autenticità del rapporto di filiazione corrisponde all’interesse del minore, quale inviolabile diritto alla sua identità. Gli eventuali pregiudizi conseguenti all'accertamento della falsità del riconoscimento, possono essere eliminati con il ricorso ad altri strumenti predisposti a tutela del minore.

FONTI 
Massima redazionale, DE Agostini giuridica 2018 

 

 

Cass. civ. Sez. I, 24-03-2000, n. 3529

Il "favor veritatis" non è un principio-valore di rilevanza costituzionale assoluta, tanto più che l'art. 30 cost. conferisce al legislatore ordinario il potere di attuare, in una materia assai delicata quale è quella degli "status" personali e familiari, un equo e fecondo contemperamento tra l'esigenza della verità e l'esigenza della certezza.

FONTI 
Dir. Famiglia, 2001, 128

 

App. Milano, 28-12-2016

Il diritto alla conservazione del cognome costituisce un profilo complementare del diritto all'identità e alla circolazione delle persone e, poiché la nazionalità dipende dalla sussistenza del rapporto di filiazione, il mancato riconoscimento di quest'ultimo avrebbe l'effetto di compromettere quel diritto all'identità personale del figlio di cui la nazionalità è elemento costitutivo.

FONTI 
Nuova Giur. Civ., 2017, 5, 657 nota di Cardaci 


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