La liquidazione della società e i patrimoni destinati a uno specifico
affare
Può darsi che la
società sottoposta a liquidazione abbia costituito un patrimonio
destinato a uno specifico affare ex art. 2447 bis c.c. In questo caso vi
sarà la gestione separata del patrimonio affidata al curatore (art.
262). Questo patrimonio potrà essere ceduto dal curatore (art. 216) per
conservarne l’integrità produttiva.
Ma se
se la
cessione non
è possibile,
il curatore
provvede alla
liquidazione del patrimonio
secondo le
regole della
liquidazione della società in quanto compatibili.
Della cessione del
patrimonio si trarrà un corrispettivo, e questo sarà acquisito
all’attivo fallimentare, detratto però,
quanto spettante ai terzi che vi abbiano effettuato apporti, ai
sensi dell'articolo
2447ter, primo comma, lettera c), del codice civile come riporta
il secondo comma dell’art. 262.
L’art. 2447 ter infatti, prevede che nella deliberazione
costitutiva del patrimonio destinato siano indicati gli eventuali
apporti di terzi, ma non alla lettera c) del primo comma del 2447 ter,
ma alla lettera d). Una svista del legislatore che probabilmente sarà
corretta in futuro.
Le regole appena
viste fanno riferimento a un patrimonio destinato che sia capiente, dove
cioè l’attivo superi il passivo. Può darsi, però, che il patrimonio sia
incapiente, e si può accertare questa situazione all’apertura della
liquidazione giudiziale o nel corso della gestione (art. 263).
In questi casi
il curatore provvede, previa autorizzazione del giudice delegato,
alla sua liquidazione secondo le regole della liquidazione della
società, in quanto compatibili.
Di conseguenza i
creditori
particolari del
patrimonio destinato
possono presentare domanda di insinuazione
al passivo
della procedura
di liquidazione giudiziale aperta nei confronti della società nei
casi di responsabilità sussidiaria o
illimitata previsti
dall'articolo 2447-quinquies, terzo e quarto comma, del codice
civile. |
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