Liquidazione giudiziale. Tutta la procedura.

 

 Liquidazione giudiziale.

Imprenditori individuali e società. Presupposti della liquidazione e organi preposti.

Siamo giunti alla liquidazione giudiziale.

Come si è visto il legislatore ha preferito nel titolo III del codice regolare le procedure di accesso alla crisi e insolvenza e poi dedicarsi alle singole discipline nei titoli successivi. Con la liquidazione giudiziale si tende, appunto, a liquidare il patrimonio del debitore e soddisfare sul ricavato i creditori.

Come tutte le procedure di questo tipo si accerta l’attivo del patrimoniale del debitore, poi il passivo, cioè valore dei debiti e quindi dei crediti, poi si procede alla liquidazione e distribuzione del ricavato.

Per l’art. 121: Presupposti della liquidazione giudiziale

1. Le disposizioni sulla  liquidazione  giudiziale  si  applicano agli  imprenditori  commerciali  che  non  dimostrino   il   possesso congiunto dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), e che siano in stato di insolvenza.

Quindi i presupposti per la liquidazione giudiziale sono:

1) la qualifica di imprenditore commerciale, sappiamo che l’imprenditore commerciale è quello definito dall’art. 2195 c.c. ma sappiamo anche che questo articolo non riesce a individuare tutti gli imprenditori commerciali, per es. non risolve il problema della c.d. impresa civile. E allora possiamo affermare che sono imprenditori commerciali tutti quelli che non sono imprenditori agricoli, e quindi questi ultimi imprenditori non possono essere sottoposti alla liquidazione giudiziale. Giusto per non creare equivoci anche le società commerciali sono sottoponibili a liquidazione, esclusa la società semplice perché non svolge attività commerciale.

 2) che non siano imprenditori che esercitano un’impresa minore ex art. 2 comma 1 lett. d; quindi si può essere sottoposti a liquidazione sempre che si tratti di imprenditore commerciale e non si tratti di un ente pubblico.

3) l’imprenditore commerciale che non sia un imprenditore minore deve trovarsi in stato d’insolvenza, e questo requisito non è mutato rispetto alla vecchia legge fallimentare.

Ci si riporta quanto già scritto sullo stato d’insolvenza.

Prima di andare avanti riportiamo di nuovo quanto previsto dal comma 5 dell’art. 49; può darsi anche che  non si tratti d’impresa minore, tuttavia non si fa luogo all'apertura della liquidazione giudiziale  se l'ammontare dei debiti scaduti e non  pagati  risultanti  dagli  atti dell'istruttoria è complessivamente  inferiore  a  euro  trentamila. Dei concetti di crisi e insolvenza ce ne siamo già occupati quando si è parlato degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Gli organi della procedura, il tribunale concorsuale

La procedura di liquidazione prevede quattro organi, il tribunale concorsuale, il giudice delegato e il comitato di creditori.

Vediamo secondo l’art. 122 quali sono i compiti e poteri del tribunale, ricordando che questo organo ha la competenza esclusiva per questa procedura, competenza che si divide tra tribunale delle imprese e tribunale ordinario.

 

  • Art. 122 . Poteri del tribunale concorsuale

 

1.  Il  tribunale  che  ha  dichiarato  aperta  la  procedura  di liquidazione giudiziale è investito dell'intera procedura e:

a)  provvede  alla  nomina,  alla  revoca  o   sostituzione   per giustificati motivi degli  organi  della  procedura,  quando  non  è prevista la competenza del giudice delegato;

b) può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il comitato dei creditori e il debitore;

c) decide le controversie relative alla procedura stessa che  non sono di competenza del giudice delegato, nonché i reclami  contro  i provvedimenti del giudice delegato.

2. I provvedimenti del tribunale  sono  pronunciati  con  decreto motivato, salvo che la legge non preveda  che  il  provvedimento  sia adottato in forma diversa.

Gli organi della procedura, il giudice delegato

Come tutti o quasi tutti sanno il tribunale collegiale, come quello concorsuale, è composto da tre giudici; di questi se ne individua uno che dovrà occuparsi di particolari aspetti della procedura che per decisione del legislatore non è opportuno far svolgere da tutti e tre i giudici del collegio.

In generale per l’art. 123 il giudice delegato, che decide con decreto, esercita funzioni vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura e in particolare:

a) riferisce  al  tribunale  su  ogni  affare  per  il  quale  è richiesto un provvedimento del collegio;

b) emette o provoca dalle competenti  autorità  i  provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di  quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio  diritto incompatibile con l'acquisizione;

c) convoca il curatore e  il  comitato  dei  creditori  nei  casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno  per  il corretto e sollecito svolgimento della procedura;

d) su  proposta  del  curatore,  liquida  i  compensi  e  dispone l'eventuale revoca dell'incarico conferito alle persone la cui  opera è stata  richiesta  dal  medesimo  curatore  nell'interesse   della

procedura;

e) provvede sui reclami proposti contro gli atti del  curatore  e del comitato dei creditori;

f) fatto  salvo  quanto  previsto  dall'articolo  128,  comma  2, autorizza il  curatore  a  stare  in  giudizio  come  attore  o  come convenuto,  quando  e'  utile  per  il  miglior  soddisfacimento  dei

creditori.  L'autorizzazione  deve  essere  sempre  data   per   atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado  di essi;

g) nomina gli arbitri, su proposta del curatore;

h) procede all'accertamento dei crediti e dei diritti vantati  da terzi sui beni compresi nella procedura, secondo le disposizioni  del capo III.

i) quando ne ravvisa  l'opportunità,  dispone  che  il  curatore presenti relazioni ulteriori rispetto a quelle previste dall'articolo 130, prescrivendone le modalità.

Ci sono poi i casi di incompatibilità del giudice delegato; questi, infatti,  non  può  trattare  i  giudizi  che  ha autorizzato,    far  parte  del  collegio  investito  del  reclamo proposto contro i suoi atti.

Ricordiamo poi  che l’art. 124 dispone un’unica disciplina di reclamo contro i decreti del tribunale o del giudice delegato. Contro i decreti del giudice delegato, il reclamo va proposto al tribunale.

Contro i decreti del tribunale, il reclamo va proposto alla corte d’appello.

Il curatore

Il curatore, nella visione del codice, è amministratore, manager e anche liquidatore del patrimonio del debitore.

I sui compiti emergono nello stesso svolgimento della procedura, ma il codice, dagli articoli 125 a 137 disciplina in generale i suoi poteri e funzioni.

 

La nomina (art. 125)

È nominato nella sentenza che dichiara liquidazione giudiziale, nell’esercizio delle sue funzioni è pubblico ufficiale (art. 127). Viene scelto nell’albo previsto dall’art. 356 e con i requisiti richiesti dall’art. 358.

 

L’accettazione (art. 126)

Il  curatore  deve,  entro  i  due  giorni  successivi   alla comunicazione della nomina, far pervenire in cancelleria  la  propria accettazione. Intervenuta l'accettazione, l'ufficio comunica telematicamente al curatore  le  credenziali  per  l'accesso  al  domicilio  digitale assegnato alla procedura dal Ministero della giustizia. Se il curatore non osserva questo obbligo il tribunale, in camera di consiglio,  provvede  d'urgenza  alla  nomina  di  altro curatore. 

 

Modalità di esercizio delle sue funzioni, la delega (art. 129, 132)

Il curatore esercita personalmente le sue funzioni ma con l’autorizzazione del comitato dei creditori, può delegare ad altri delle specifiche operazioni, escluse però quelle dell’art. 198, 200, 205. 

Il curatore con l’autorizzazione del comitato dei creditori e previa comunicazione al giudice delegato, se gli atti sono di valore superiore cinquantamila euro, può effettuare  riduzioni di crediti,  transazioni,  compromessi,  rinunzie  alle  liti, ricognizioni  di  diritti  di  terzi, cancellazione di ipoteche, la  restituzione  di  pegni,  lo  svincolo delle cauzioni, l'accettazione di eredità e donazioni  e  gli  altri atti di straordinaria amministrazione. Nel richiedere l’autorizzazione il curatore formula le proprie conclusioni anche sulla convenienza della proposta.

 

Gestione della procedura e responsabilità del curatore (art. 128, 131,136)

 

Amministrazione del patrimonio del debitore: il curatore ha l'amministrazione del patrimonio compreso nella liquidazione giudiziale e compie tutte le operazioni della  procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell'ambito delle funzioni ad esso attribuite.

 

Modalità di svolgimento dei suoi compiti:  deve svolgere i suoi compiti con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e deve annotare le sue operazioni giorno per giorno in apposito registro informatico consultabile telematicamente.

 

Poteri processuali del curatore: di regola non può stare in  giudizio  senza  l'autorizzazione  del giudice delegato. Non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano la liquidazione giudiziale, ma può assumere la veste di  difensore,  se  in  possesso  della  necessaria qualifica, nei giudizi avanti al giudice  tributario  quando sia  funzionale ad un risparmio per la massa.

 

Conto della gestione:  il curatore che  cessa  dal  suo  ufficio, deve  rendere  il  conto della gestione a norma  dell'articolo  231,  comunicandolo  anche  al curatore eventualmente nominato in sua vece, il quale può presentare osservazioni e contestazioni.

 

Svolgimento delle operazioni di liquidazione: il  curatore  procede  alle operazioni   di   liquidazione contemporaneamente alle operazioni di accertamento del passivo.

 

Reclamo contro gli atti del curatore: contro  gli  atti  di  amministrazione del curatore, il  comitato  dei  creditori,  il  debitore  e  ogni  altro interessato possono proporre reclamo, per violazione  di  legge,  con ricorso al  giudice  delegato  entro  otto  giorni  dalla  conoscenza dell’atto. 

 

Reclamo contro le omissioni del curatore: in questo caso gli otto giorni per il reclamo decorrono dalla  scadenza  del  termine indicato nella diffida a provvedere.

 

Decisione del giudice delegato con decreto: il giudice delegato, sentite  le parti, decide sul reclamo, omessa ogni formalità non  indispensabile al contraddittorio e se il reclamo è accolto, il curatore  deve  conformarsi  alla decisione del giudice delegato.

Impugnazione della decisione del giudice delegato: contro il decreto del giudice delegato può essere proposto il reclamo previsto dall'articolo 124.

 

 

Revoca del curatore (art. 134)

 

Revoca: il tribunale può in  ogni  tempo,  su  proposta  del  giudice delegato o su richiesta  del  comitato  dei  creditori  o  d'ufficio, revocare con decreto motivato e sentito lo stesso curatore e il comitato dei creditori.

Impugnazione del decreto del tribunale: contro il decreto di  revoca  o  di  rigetto  dell'istanza  di

revoca del curatore è ammesso  il  reclamo  alla  corte  di  appello previsto dall'articolo 124. Il reclamo non sospende  l'efficacia  del decreto.

 

 

Sostituzione del curatore (art. 135)

 

Al fine di evitare conflitti di interessi, il debitore e i creditori ammessi possono chiedere la sostituzione del curatore indicandone al tribunale le ragioni. Il tribunale, valutate le ragioni della richiesta e verificata l’assenza di conflitto di interessi in capo ai creditori istanti, provvede alla nomina del nuovo curatore.

 

Relazione e rapporti riepilogativi (art. 130)

 

Chiudiamo questa parte sul curatore accennando al fatto che il curatore deve redigere nei termini previsti dall’art. 130 relazioni e i rapporti riepilogativi; si tratta di attività che il curatore deve compiere in termini molto stringenti, per esempio entro trenta giorni dalla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale il  curatore, presenta al giudice  delegato un’ informativa  sugli  accertamenti   compiuti   e   sugli   elementi informativi acquisiti relativi  alle  cause  della insolvenza  e  alla responsabilità del debitore  o  degli  amministratori  e  degli organi di controllo della società.  La relazione è trasmessa in  copia integrale entro cinque giorni dal deposito al pubblico ministero.

Il comitato dei creditori

Secondo l’art. 140 il comitato dei creditori  vigila sull'operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti  dalla  legge, o  su  richiesta  del  tribunale   o  ancora  del   giudice   delegato, succintamente motivando le proprie deliberazioni.  Vediamo le caratteristiche fondamentali trattate dal codice dall’art. 138 all’art. 141.

Nomina (art. 138 comma 1): è nominato  dal  giudice  delegato entro trenta giorni dalla sentenza  che  ha  aperto  la  liquidazione giudiziale, sulla  base  delle  risultanze  documentali,  sentito  il curatore e tenuto conto della disponibilità ad assumere l'incarico e delle altre indicazioni  eventualmente  date  dai  creditori  con  la  domanda di ammissione al  passivo  o  precedentemente. 

Costituzione del comitato: Il  comitato  dei  creditori  si  considera  costituito con l'accettazione della nomina da parte dei suoi  componenti  comunicata al curatore che ne informa immediatamente il giudice delegato.

Composizione (art. 138 comma 2): è composto di tre o cinque membri  scelti  tra  i creditori, in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità  dei  crediti  e  avuto  riguardo   alla   possibilità   di soddisfacimento dei crediti stessi. La composizione del comitato può  essere modificata dal giudice delegato in relazione  alle  variazioni  dello stato passivo o per altro giustificato motivo.

Delega delle funzioni: ciascun componente del comitato dei creditori può delegare, a sue spese, a un avvocato o a un dottore commercialista, in tutto o in parte, l'espletamento delle proprie funzioni,  dandone  comunicazione al giudice delegato.

Rimborso spese e compenso: ai membri del comitato spetta il rimborso delle spese (art. 140 comma 6).

Atti di ispezione: il comitato e  ogni  suo  componente  possono  ispezionare  in qualunque tempo le scritture contabili e i documenti della  procedura e hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al  curatore  e  al debitore. Se il comitato non riesce a svolgere il suo incarico (art. 140 comma 4) gli  stessi poteri  possono  essere  esercitati  da  ciascun  creditore,   previa autorizzazione del giudice delegato.

Reclamo contro gli atti del comitato dei creditori (art. 141):  contro  le  autorizzazioni  o  i  dinieghi  del  comitato  dei creditori, il curatore, il debitore e ogni altro interessato  possono proporre reclamo, per violazione di legge, al giudice delegato  entro otto giorni dalla conoscenza dell'atto.

Il  giudice  delegato  decide sul  reclamo  sentite  le   parti,   omessa   ogni   formalità   non

indispensabile al contraddittorio.  Contro il decreto del giudice delegato può essere proposto il reclamo previsto dall'articolo 124.

Delle modalità delle deliberazioni del comitato se ne occupa l’art. 140 e per la responsabilità i membri del comitato devono adempiere al loro incarico con la diligenza richiesta per la natura dell’incarico e sono responsabili della verità delle loro attestazioni, devono conservare il segreto su fatti e documenti di cui vengano a conoscenza durante il loro incarico (art. 140 comma 7).

Effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale per il debitore.

Gli articoli da 142 a 149 si occupano degli effetti della liquidazione giudiziale per il debitore.

Vediamo tutto nelle pagine che seguono

I beni compresi e esclusi nella liquidazione giudiziale (artt. 142, 144,146,147), lo spossessamento: l’effetto più rilevante dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale sta nello spossessamento.

Per l’art. 142 primo comma: “ La sentenza che dichiara  aperta  la  liquidazione  giudiziale priva  dalla  sua  data  il  debitore  dell'amministrazione  e  della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data  di  apertura  della liquidazione giudiziale”.  Anche i beni che pervengono al debitore dopo l’apertura della liquidazione giudiziale sono compresi nella liquidazione, detratte le passività per l’acquisto e la conservazione degli stessi. Se quindi il debitore vince una lotteria, le somme vinte rientrano nella liquidazione, come anche può accedere per un legato o un’eredità. Tuttavia alcuni beni del debitore possono essere esclusi dalla liquidazione giudiziale. I primi sono oggetto di specifica rinuncia da parte del curatore (art. 142 comma 3); per questi beni non conviene procedere alla liquidazione.

Poi abbiano beni che possiamo definire essenziali per il debitore ex art. 146 come i beni e i diritti di natura strettamente personale o gli assegni di carattere alimentare.

Come visto il debitore è spossessato dei suoi beni, ma perde anche la proprietà? No, almeno fino a quando e beni non saranno alienati.  Il debitore, quindi, può anche compiere dopo l’apertura della liquidazione giudiziale degli atti su i suoi beni, può alienarli, costituirvi sopra diritti reali di godimento.

Tali atti non saranno nulli, ma inefficaci rispetto ai creditori, inopponibili, come anche si dice (art. 144 comma 1).

Ciò vuol anche dire che se la procedura si chiude senza che si sia giunti alla liquidazione, questi atti, validi ma inefficaci, acquisteranno la loro piena efficacia.

Del resto sono anche inefficaci rispetto ai creditori le formalità (es. trascrizioni, iscrizioni) necessarie per rendere opponibili  gli  atti  ai terzi, se compiute dopo  la  data  dell'apertura  della  liquidazione giudiziale (art. 145).

Capacità processuale del debitore (art. 143): il debitore perde la capacità processuale attiva e passiva sui rapporti di natura patrimoniale sui beni oggetto della procedura. Al suo posto sta in giudizio il curatore.

Obblighi del debitore: con la liquidazione giudiziale il debitore deve sottostare a una serie di obblighi come l’obbligo consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nella liquidazione giudiziale (art. 148) o di presentarsi se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura (art. 149).

Effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale per il creditore.

L’apertura della liquidazione giudiziale comporta una sorta di paralisi dei poteri che normalmente sono riconosciuti ai creditori,  tanto che l’art. 150 dispone che: “Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali.  Salvo diversa  disposizione  della  legge,  dal  giorno  della dichiarazione  di  apertura  della  liquidazione  giudiziale  nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per  crediti  maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura”.

Ma dobbiamo chiederci, chi sono i creditori che partecipano alla liquidazione giudiziale?

Sono quelli che erano tali fino al giorno in cui è stata pronunciata la sentenza di liquidazione giudiziale, e questi creditori sono i creditori concorsuali. Per l’art. 151, infatti: ” La liquidazione giudiziale apre il concorso dei creditori  sul patrimonio del debitore”.

La liquidazione giudiziale non abolisce le differenze tra creditori chirografari e privilegiati; questi ultimi dovranno essere comunque preferiti secondo le regole dell’art. 153.

La disciplina dei crediti pecuniari, interessi, scadenza, crediti condizionali e infruttiferi (art. 154 e 156)

  • Sospensione del corso degli interessi:  la dichiarazione di  apertura  della  liquidazione  giudiziale sospende il  corso  degli  interessi  convenzionali  o  legali,  agli effetti del concorso, fino alla chiusura della procedura oppure  fino all'archiviazione disposta ai sensi dell'articolo  234,  comma  7,  a meno che i crediti  non  siano  garantiti  da  ipoteca,  da  pegno  o privilegio, salvo quanto è disposto dall'articolo 153, comma 3 secondo il quale per i crediti con privilegio generale il decorso degli interessi cessa alla data del deposito del progetto di riparto finale.
  • Scadenza dei crediti pecuniari: la dichiarazione di dichiarazione giudiziale fa considerare scaduti tutti i crediti pecuniari che non erano ancora scaduti nel giorno della data di apertura della liquidazione giudiziale.
  • Crediti condizionali: partecipano al concorso secondo le regole degli artt. 203, 226, 227.  Sono compresi nei crediti condizionali anche quelli che non possono essere fatti valere contro il debitore il  cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale, se non  previa escussione di un obbligato principale. In altre parole sono considerati condizionali perché bisogna attendere prima l’escussione del debitore principale e vedere l’esito di questa; per questo motivo sono considerati condizionali.
  • Crediti infruttiferi: i  crediti  infruttiferi  non  ancora   scaduti   alla   data dell'apertura della liquidazione giudiziale sono ammessi  al  passivo per l'intera somma, ma ad  ogni  singola  ripartizione  saranno detratti gli interessi composti,  in  ragione  del  saggio  stabilito dall'articolo 1284 del codice  civile,  per  il  tempo  che  resta  a decorrere dalla data del mandato di pagamento sino  al  giorno  della scadenza del credito.

 

Disciplina dei crediti non pecuniari e dei crediti derivanti da obbligazioni o altri titoli di debito.

  • Disciplina dei crediti non pecuniari: i crediti non scaduti, aventi per oggetto una  prestazione  in danaro determinata con riferimento  ad  altri  valori  o  aventi  per oggetto una prestazione diversa dal  danaro,  concorrono  secondo  il loro valore alla data di apertura della liquidazione giudiziale (art. 156).
  • Disciplina dei crediti derivanti da obbligazioni o altri titoli di debito: crediti derivanti da  obbligazioni  e  da  altri  titoli  di debito sono ammessi al passivo per il loro valore nominale,  detratti i rimborsi già effettuati; se e' previsto un premio  da  estrarre  a sorte, il suo valore  attualizzato  viene  distribuito  tra  tutti  i titoli che hanno diritto al sorteggio.

 

La compensazione

 

Chiediamoci se il creditore può opporre in compensazione un suo credito durante la procedura di liquidazione; bisogna distinguere (art. 155):

a) il credito da opporre in compensazione è sorto prima dell’inizio della procedura concorsuale: la risposta è sì, il creditore potrà opporre la compensazione, anche se il credito non era ancora scaduto prima dell’apertura della procedura concorsuale.

b) credito sorto per atto tra vivi dopo la domanda cui è seguita la procedura di liquidazione: non è possibile opporre in compensazione questo credito con i crediti del debitore sottoposto a liquidazione.

 

Creditori di più coobbligati solidali

Può darsi che la liquidazione giudiziale riguardi più coobbligati in solido, magari soci di una società di persone, nei confronti dello stesso creditore (art. 150).

In tal caso il creditore concorre nella liquidazione giudiziale di ogni debitore per l’intero credito per capitale e accessori fino al totale pagamento. Tra i coobbligati il regresso sarà possibile solo dopo che il creditore sia stato interamente soddisfatto.

Effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli ai creditori.

Uno dei compiti del curatore è di acquisire all’attivo della procedura il maggior numero di beni appartenenti al debitore, sempreché questi beni non siano usciti dal suo patrimonio.

Di conseguenza se il debitore prima dell’apertura della procedura ha compiuto atti di alienazione su beni del suo patrimonio, o costituito garanzie, il curatore dovrà tenerne conto non facendo rientrare nell’attivo tali beni e rispettando le garanzie costituite.

Può però accadere che questi atti siano stati compiuti quando il debitore già si trovasse in stato d’insolvenza e esiste la rilevante possibilità che siano stati compiuti proprio per la situazione d’insolvenza in cui versava l’imprenditore finendo così per favorire certi creditori, che hanno avuto quel che gli spettava, e sfavorendo altri creditori che al momento della liquidazione del patrimonio del debitore, non riusciranno a soddisfare il loro credito, vista “l’emorragia” di beni che sono usciti dal patrimonio dell’imprenditore prima dell’apertura della  liquidazione giudiziale.

Per porre rimedio a questa situazione gli articoli 163 e ss. del codice stabiliscono quali atti del debitore, poi sottoposto a liquidazione,  possano essere inefficaci nei confronti dei creditori ammessi alla procedura, quali atti, in altre parole possono essere revocati.

Si parla quindi di revocatoria, che una volta si chiamava revocatoria fallimentare, che non è altro che un forma particolare e speciale della generale azione revocatoria prevista dall’art. 2901 che comunque può essere esercitata dal curatore.

 

Ciò posto dobbiamo schematizzare le varie ipotesi.

1) Atti automaticamente revocati, cioè automaticamente inefficaci nei confronti dei creditori ammessi alla procedura di liquidazione, artt. 163 e 164.

  • Atti a titolo gratuito automaticamente revocati se compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda da cui è scaturita la procedura di liquidazione o nei due anni anteriori al deposito della domanda cui è seguita la procedura di liquidazione giudiziale.  Sono privi di effetto rispetto ai creditori gli  atti  a titolo gratuito, esclusi i  regali  d'uso  e  gli  atti  compiuti  in adempimento di un dovere morale o a scopo di  pubblica  utilità,  in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
    In questi casi i beni oggetto degli atti sono acquisiti  al patrimonio della liquidazione giudiziale mediante trascrizione  della sentenza che ha dichiarato l'apertura  della  procedura  concorsuale, ma ogni interessato  può  proporre reclamo contro la trascrizione a norma dell'articolo 133.

 

  • Pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale o successivamente, se sono stati eseguiti dal debitore  dopo il deposito della domanda da cui è scaturita la procedura di liquidazione o nei due anni anteriori al deposito della domanda cui è seguita la procedura di liquidazione giudiziale. Sono privi di effetto nei confronti dei creditori.

 

  • Rimborsi  dei finanziamenti dei soci  se sono stati eseguiti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è  seguita l'apertura della  procedura  concorsuale  o  nell'anno  anteriore alla domanda cui è seguita la liquidazione giudiziale. Sono privi di effetto nei confronti dei creditori.

Quest’ultimo caso  fa riferimento all’ipotesi in cui la società rimborsi nei periodi di tempo indicati dei finanziamenti ai soci; questa regola, quindi, non si applica se il rimborso non è stato effettuato ai soci ma altre società finanziatrici o terzi.

L’art. 164 terzo comma, tuttavia, estende la regola appena vista anche al rimborso dei finanziamenti effettuati a  favore  della  società  assoggettata alla liquidazione giudiziale da chi esercita attività di direzione e coordinamento  nei  suoi  confronti  o  da  altri  soggetti  ad  essa sottoposti.

 

2) Atti automaticamente revocati, cioè automaticamente inefficaci, salvo che l’atra parte provi di non essere a conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore poi sottoposto a liquidazione giudiziale. Si tratta in genere di atti non normali nell’esercizio di un’impresa (art. 166 comma 1).

 

a)      Atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o  le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto  ciò che a lui è stato dato o promesso, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita la liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore al deposito di detta domanda.

b)     Atti estintivi di debiti pecuniari  scaduti  ed  esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita la liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore al deposito di detta domanda.

c)      I pegni, le anticresi e le ipoteche  giudiziali  o  volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita  l'apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore  al deposito di detta domanda per  debiti preesistenti non scaduti.

d)     I pegni, le anticresi e le ipoteche  giudiziali  o  volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita  l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei  mesi  anteriori  al deposito di detta domanda per debiti scaduti.

 

3) Atti revocati solo se il curatore dimostra che l’altra parte era a conoscenza dello stato d’insolvenza. Si tratta di atti normali nell’esercizio di un impresa.

 

  • Questi atti sono revocati solo in seguito ad esercizio di azione revocatoria da parte del curatore e sempre che lo stesso curatore provi che l’altra parte fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore e sono: i pagamenti  di  debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli  costitutivi di  un  diritto  di  prelazione   per   debiti,   anche   di   terzi, contestualmente creati, se compiuti dal  debitore  dopo  il  deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori al deposito di detta domanda.

 

Il curatore deve quindi agire se vuole ottenere la revocazione di questi atti, ma l’art. 166 comma terzo, esclude dalla revocatoria alcuni atti tra cui ricordiamo i pagamenti di beni e  servizi  effettuati  nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso e le vendite e i preliminari  di  vendita  trascritti  ai  sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, i  cui  effetti  non  siano cessati  ai  sensi  del  comma  terzo  della  suddetta  disposizione, conclusi a  giusto  prezzo  e  aventi  ad  oggetto  immobili  ad  uso abitativo,   destinati   a   costituire    l'abitazione    principale dell'acquirente o di suoi parenti e  affini  entro  il  terzo  grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire  la  sede principale dell'attività  d'impresa  dell'acquirente,  purché  alla data dell'apertura della liquidazione giudiziale tale  attività  sia effettivamente esercitata ovvero siano  stati  compiuti  investimenti per darvi inizio.

L’azione revocatoria, infine,  può essere esperita dal curatore anche contro gli atti che incidono sui patrimoni destinati a uno specifico affare ex art. 2247 bis primo comma lettera a).

Gli atti compiuti tra coniugi, parti di un unione civile o conviventi di fatto.

La prescrizione della revocatoria e l’esercizio della revocatoria ordinaria.

Una volta per gli atti compiuti tra coniugi, esisteva la presunzione muciana, poi abrogata. Attualmente l’art. 169 si occupa degli atti compiuti tra coniugi parti di un unione civile o conviventi di fatto e in particolare, prende in considerazione  gli atti previsti dall’art. 166 di cui abbiamo parlato e cioè gli atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie delle quali ci siamo occupati al punto 3) del paragrafo precedente e gli atti a titolo gratuito. Ebbene gli atti compiuti tra queste persone, per es. tra i due coniugi o conviventi di cui uno è il debitore, sono revocati alle seguenti condizioni:

a) gli atti devono essere stati compiuti nel tempo il cui il debitore esercitava un’impresa;

b) se si tratta di atti a titolo gratuito sono stati compiuti  più di due anni prima della data di deposito della domanda cui è seguita la liquidazione giudiziale;

C’è un modo per l’atra parte del rapporto di matrimonio, unione civile, convivenza per evitare la revocazione?  Sì, c’è ma non è semplice, in quanto queste persone devono provare che non erano a conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore, coniuge, convivente di fatto o parte di un’unione civile.

A questo punto è doverosa un’osservazione; abbiamo visto che la posizione delle parti non debitrici del rapporto familiare è molto svantaggiosa, perché la revocazione può avvenire praticamente senza limiti di tempo. Fortunatamente per queste persone vi sono i termini di decadenza e prescrizione delle azioni revocatorie e di inefficacia che possono essere esercitate dal curatore previste dal codice.

Per l’art. 170 del codice:  “Art. 170 limiti temporali delle azioni revocatorie e d'inefficacia

Le azioni revocatorie  e  di  inefficacia  disciplinate  nella presente sezione non possono essere promosse dal curatore decorsi tre anni  dall'apertura  della  liquidazione  giudiziale  e  comunque  si prescrivono decorsi cinque anni dal compimento dell'atto”.

Il decreto correttivo 147\2020 ha aggiunto un secondo comma all’art. 170 che così recita:“Quando alla domanda di accesso  a  una  procedura  concorsuale segue l'apertura della liquidazione giudiziale, i termini di cui agli articoli 163, 164, 166, commi 1 e 2, e 169 decorrono  dalla  data  di pubblicazione della predetta domanda di accesso”.

Il riferimento è ai termini per gli atti a titolo gratuito (163), gli atti “non normali” nell’esercizio di un’impresa (164) e gli atti “normali” (166 commi 1 e 2). Nei casi previsti dal nuovo comma 2 dell’art. 170 si fanno retrocedere a un momento più lontano nel tempo i termini di prescrizione.

Chiudiamo il paragrafo ricordando che il curatore anche se sono scaduti i termini dell’art. 170 e nei casi non previsti dalla revocatoria nelle liquidazione giudiziale, può agire con le revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.  Per l’art. 165, infatti: “Art. 165. Azione revocatoria ordinaria.

Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori,  secondo  le norme del codice civile.

L'azione si propone dinanzi al tribunale competente  ai  sensi dell'articolo 27 sia in confronto del contraente  immediato,  sia  in confronto dei suoi aventi causa  nei  casi  in  cui  sia  proponibile

contro costoro”.

Il pagamento di una cambiale scaduta

In via generale il pagamento di una cambiale scaduta potrebbe essere revocato con un’azione da parte del curatore, in quanto si tratta di un pagamento di un credito liquido e esigibile, tuttavia la situazione in questo caso si presenta più complessa, e bisogna chiedersi…

Chi ha ricevuto il pagamento, quindi il creditore cambiario, poteva rifiutare il pagamento senza subirne un danno? Se il rifiuto del pagamento comportava per il creditore la perdita del diritto di regresso nei confronti di altri obbligati cambiari, questo pagamento non potrà essere revocato, se invece non c’era questo pericolo, sarà possibile revocare questo pagamento.

Ma ammettiamo che il pagamento di questa cambiale non possa essere revocato per i motivi appena detti, cosa potrà fare il curatore?  Il curatore potrà agire contro l’ultimo obbligato in via di regresso (magari il traente di una cambiale tratta) dimostrando che quando ha tratto o girato la cambiale conosceva lo stato d’insolvenza del debitore.

Se riesce a fornire questa prova l’ultimo obbligato in via di regresso dovrà restituire al curatore ciò che aveva riscosso per la trasmissione della cambiale al curatore (art. 168).

Effetti della revocazione

Quando gli atti di cui abbiamo parlato sino ad ora sono stati revocati, si produce la revocazione e la conseguenza sarà la restituzione alla procedura di liquazione da quanto ricevuto dal debitore, e tutto andrà ad aumentare l’attivo da distribuire ai creditori, ma che fine fanno quelli che hanno subito la revocazione?

L’art. 171 ci spiega tutto.

Per il secondo comma del 171: “ Colui  che,  per  effetto   della   revoca   prevista   dalle disposizioni precedenti,  ha  restituito  quanto  aveva  ricevuto è ammesso al passivo della liquidazione giudiziale per il suo eventuale credito”.

In altre parole diventa un creditore insoddisfatto ed è per questo che è ammesso al passivo.

L’art. 171, infine si occupa  degli effetti della revocatoria  dei  pagamenti  avvenuti  tramite  intermediari specializzati, procedure di compensazione  multilaterale  o  società previste dall'articolo 1 della legge 23 novembre 1939,  n.  1966; in questo caso la revocatoria si esercita e si effettua nei confronti del destinatario della prestazione.

Effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale sui rapporti giuridici pendenti.

L’apertura della liquidazione giudiziale provoca il blocco dell’attività imprenditoriale del debitore, salvo che non ne sia disposta la continuazione e sarà comunque necessario stabilire la sorte dei rapporti giuridici pendenti, cioè dei contratti che l’imprenditore aveva stipulato che non sono stati ancora eseguiti o solo parzialmente eseguiti. Il codice detta una disciplina generale all’art. 172 applicabile a tutti i tipi di contratti stipulati e una particolare, in tutto o in parte derogatoria della disciplina dell’art. 172  relativa a specifiche figure contrattuali o rapporti giuridici.

Vediamo, quindi, la disciplina generale dell’art. 172 che però non deroga alle norme speciali previste per i contratti pubblici (art. 172 comma 6).

  • Contratto  ancora  ineseguito  o  non  compiutamente eseguito nelle prestazioni principali da entrambe le parti al momento in cui è aperta la procedura di liquidazione giudiziale: l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando  il  curatore,   con l'autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara  di  subentrare nel contratto in luogo del debitore,  assumendo,  a  decorrere  dalla data del subentro, tutti i relativi obblighi, oppure  di  sciogliersi, salvo che, nei contratti  ad  effetti  reali,  sia  già avvenuto il trasferimento del diritto.

L’effetto generale per questo tipo di contratti è quindi la sospensione del rapporto fino alla decisione del curatore, debitamente autorizzata dal comitato dei creditori, sulla prosecuzione o scioglimento.

L’altra parte, quindi, resta in attesa della decisione del curatore, ma, d’altro canto, non può aspettare all’infinito. Ed è per questo che il secondo comma dell’art. 172 concede al contraente in attesa una actio interrogatoria volta a fargli conoscere la sorte del suo contratto. Il contraente può quindi  mettere in  mora  il  curatore,  facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non  superiore  a  sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.  Il contratto può quindi proseguire o sciogliersi, vediamo cosa accade in entrambi i casi.

 

1) prosecuzione del contratto:  in caso di  prosecuzione  del  contratto,  sono  prededucibili

soltanto i crediti maturati nel corso della procedura e quindi non quelli maturati in precedenza.

2) scioglimento del contratto:  in caso  di  scioglimento  del  contratto,  il  contraente  ha diritto di far valere nel passivo della  liquidazione  giudiziale  l’eventuale credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia  dovuto risarcimento del danno.

Queste sono le regole generali poi ci sono moltissime regole particolari relative a singoli contratti, ricordiamo ad esempio i contratti di carattere personale dove è previsto lo scioglimento automatico (art. 175) all’apertura della liquidazione giudiziale, salvo che   il  curatore,   con l'autorizzazione del comitato dei creditori e il consenso  dell'altro contraente,  manifesti  la  volontà  di  subentrarvi,  assumendo,  a decorrere dalla data del subentro, tutti i relativi obblighi o i contratti.  Per i contratti di locazione di immobili la disciplina è più complessa.  Bisogna distinguere ex art. 185 il caso in cui sia sottoposto a liquidazione giudiziale il locatore o il conduttore.

Cominciamo dal primo caso, in sostanza il locatore che aveva dato in fitto un immobile è sottoposto a liquidazione giudiziale.

1) Il locatore è sottoposto a liquidazione giudiziale: l'apertura della liquidazione  giudiziale  non scioglie il contratto di  locazione  di  immobili  e  il curatore subentra nel contratto.

2) Il conduttore è sottoposto a liquidazione giudiziale: in questo caso il curatore può in qualunque tempo, previa autorizzazione del comitato dei creditori,  recedere  dal  contratto, corrispondendo  al  locatore  un  equo  indennizzo (insinuato  al passivo come credito concorsuale)  per  l'anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato  dal  giudice delegato, sentiti  gli  interessati. 

Come abbiamo visto nel caso in cui sia sottoposto a liquidazione giudiziale il locatore, il contratto prosegue, ed è anche logico, perché il canone di locazione sarà acquisito all’attivo.

Ma può accadere che  alla   data   dell'apertura   della   liquidazione giudiziale, la durata residua del contratto sia superiore  a  quattro anni.

In questo caso il curatore, entro un anno dall'apertura della procedura, può, previa  autorizzazione  del  comitato  dei  creditori,  recedere  dal contratto  corrispondendo  al  conduttore  un  equo  indennizzo (insinuato al passivo come credito concorsuale) per l'anticipato recesso, che, nel dissenso fra le parti, è  determinato dal  giudice  delegato,  sentiti  gli  interessati.   Il recesso ha  effetto  decorsi quattro anni dall'apertura della procedura.

Regole particolari valgono per il contratto di edizione le cui sorte e regolata da leggi speciali.

Ricordiamo, infine, che l’art. 189 detta una complessa disciplina per i contratti che hanno ad oggetto rapporti di lavoro subordinato e il licenziamento collettivo da parte disposto dal curatore ex art. 189.

Custodia e amministrazione dei beni compresi nella liquidazione giudiziale.

Siamo tornati a parlare della procedura e siamo giunti al punto in cui, dichiarata la liquidazione giudiziale il curatore prende possesso dei beni del debitore per accertare, in primo luogo, il passivo della liquidazione giudiziale, però non  decide lui perché  il curatore forma un progetto di stato passivo, ma sarà il giudice delegato a renderlo esecutivo. Ma come siamo arrivati a questo punto? Siamo giunti dopo che è stata proposta davanti al tribunale domanda per la liquidazione giudiziale, e il tribunale ritenendo che esistesse la qualifica di imprenditore commerciale del debitore, che non si trattasse di impresa minore, e che vi fosse l’insolvenza dichiara la liquidazione giudiziale con sentenza che ha il fondamentale contenuto previsto dall’art. 49 e che abbiamo già visto in precedenza come per tutti gli altri aspetti procedurali circa la fase di apertura della liquidazione giudiziale, come il rigetto della richiesta da parte del tribunale e la sua impugnazione, o l’accoglimento e l’impugnazione della sentenza davanti alla corte d’appello, è opportuno rinviare alla lettura di quanto ho già scritto seguendo lo schema del codice,  nel capitolo dedicato al titolo III e ai relativi schemi, perché ora ci dobbiamo occupare di cosa deve fare il curatore, dal punto di vista procedurale, una volta che è stato nominato e che ha accettato l’incarico.

Ricordiamo qui, però che in base all’art. 199 con la pubblicazione della sentenza di liquidazione giudiziale viene assegnato il domicilio digitale ed è formato il  fascicolo informatico della procedura, nel quale devono essere contenuti  tutti gli atti, i provvedimenti e  i  ricorsi  attinenti  al  procedimento cui hanno diritto di accedervi anche i membri del comitato dei creditori e gli altri creditori.

Ciò precisato torniamo al   nostro argomento.

Il Capo II si occupa del primo passo che deve compiere il curatore, cioè la custodia e amministrazione dei beni compresi nella liquidazione giudiziale e quindi il curatore ne prende materialmente il possesso apponendo se necessario i sigilli.

Abbiamo tre operazioni fondamentali che deve compiere il curatore in questa fase che sono:

1. Apposizione dei sigilli;

2. Inventario;

3. Formazione degli elenchi dei creditori e redazione del bilancio dell’ultimo esercizio dell’impresa sottoposta a liquidazione.

Fase 1. la ricognizione dei beni del debitore, l’apposizione dei sigilli, la consegna di titoli e scritture contabili al curatore.

1.a. Sigilli (art. 193).

Dichiarata aperta  la  liquidazione  giudiziale,  il  curatore procede  all'immediata  ricognizione  dei  beni e, se necessario, all'apposizione dei sigilli sui beni che si trovano nella sede principale dell'impresa e sugli altri beni del  debitore  secondo  le norme stabilite  dal  codice  di  procedura  civile,  quando  non  è possibile procedere immediatamente al loro inventario.

Se non è possibile apporre i sigilli, perché si tratta di cose deteriorabili,  il curatore procede secondo quanto dispone l’art. 758 c.p.c. ; in questo caso il giudice disporrà la vendita immediata tramite commissionario.

Può darsi che il curatore trovi difficoltà nella ricognizione o nell’apposizione dei sigilli e in questi casi   può richiedere l'assistenza della forza pubblica.

Se poi i beni o le cose si trovano in più luoghi e non è agevole l'immediato completamento delle operazioni, il giudice delegato  può autorizzare il curatore ad avvalersi di uno o più coadiutori.

1.b. Consegna di titoli e documenti (art.194).

Devono essere consegnati al curatore:

a) il denaro contante;

b) le cambiali e gli altri titoli, compresi quelli scaduti;

c) le  scritture  contabili  e  ogni  altra  documentazione  dal medesimo richiesta, se non ancora depositate in cancelleria.

Questi documenti servono al curatore per rendersi conto della situazione debitoria del debitore.

I  titoli e gli altri   documenti sono custoditi personalmente  dal  curatore o, con l’autorizzazione del   giudice delegato, affidati in custodia a terzi.

Ogni interessato, se autorizzato dal  curatore,  può,  a  sue spese,  esaminare  le  scritture  contabili  e  gli  altri  documenti acquisiti dallo stesso curatore, ed estrarne copia.

Il denaro eventualmente consegnato al curatore è depositato sul conto corrente  della procedura. 

Fase 2. L’inventario (artt. 195 e 196).

Sono stati messi i sigilli, se ciò è stato necessario. Il curatore, poi, rimossi i sigilli procede all’inventario dei beni.  Le regole che si seguono sono quelle del codice di procedura civile (art. 769 e ss. c.p.c.).

In effetti in questo caso il curatore svolge anche delle attività che sono simili a quelle dell’ufficiale giudiziario durante un pignoramento. In relazione ai beni oggetto dell’inventario vi può essere istanza al giudice di una parte interessata a che non siano inclusi certi beni nell’inventario perché dei terzi vantano dei diritti reali o personali chiaramente e immediatamente riconoscibili. Si può anche chiedere, trattandosi di beni mobili, la restituzione agli aventi diritto. Prima di chiudere l'inventario il curatore invita il  debitore o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia di altri beni da  comprendere  nell'inventario,  avvertendoli delle pene stabilite dall'articolo 327 in  caso  di  falsa  o  omessa dichiarazione.  Durante lo svolgimento delle operazione e fino al termine di queste il curatore redige processo verbale delle attività compiute e redige l’inventario. L'inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto  da tutti gli intervenuti.

 

Fase 3 . La formazione degli elenchi dei creditori e redazione del bilancio dell’ultimo esercizio dell’impresa sottoposta a liquidazione (art. 198).

Il curatore, in base alle scritture contabili del  debitore  e alle  altre  notizie  che  può  raccogliere,  compila  l'elenco  dei creditori, con l'indicazione dei  rispettivi  crediti  e  diritti  di prelazione, e anche l'elenco  di  coloro  che  appaiono  titolari  di diritti reali e  personali,  mobiliari  e  immobiliari,  su  beni  in possesso o nella disponibilità del debitore, con  l'indicazione  dei titoli relativi. Gli elenchi sono poi depositati in cancelleria.

Accertamento del passivo e dei diritti dei terzi sui beni compresi nella liquidazione giudiziale.

Siamo rimasti al momento in cui il curatore ha fatto l’inventario e ha ricevuto i libri contabili e i documenti dell’impresa sottoposta a liquidazione.

La procedura si svolge poi in altri semplici passaggi.          

1) il curatore in base alla documentazione raccolta e alle informazioni che ha invia avviso ai creditori e ai titolari di diritti reali o personali sui beni compresi alla liquidazione;

2) i creditori e i titolari dei diritti, o perché avvertiti dal curatore o perché sono a conoscenza dell’apertura della liquidazione giudiziale presentano domanda di ammissione al passivo con ricorso;

3) il curatore esamina le domande e predispone gli elenchi dei creditori e dei titolari dei diritti e predispone e deposita un progetto di stato passivo nei confronti del quale i creditori e i titolari di diritti sui beni potranno presentare le loro osservazioni;

4) si tiene l’udienza fissata per l’esame dello stato passivo davanti al giudice delegato, dove sono esaminate una per una le domande di ammissione al passivo;

5) esaminate le domande il giudice forma lo stato passivo, e lo rende esecutivo con decreto;

6) contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo si potranno proporre opposizioni e impugnazioni;

7) è poi possibile che siano depositate domande tardive di ammissione al passivo. 

 

Approfondiamo alcuni dei punti che abbiamo visto.

 

Contenuto della comunicazione del curatore

Il curatore comunica ai destinatari:

a) che possono partecipare al concorso  trasmettendo  la  domanda con le modalità indicate nell'articolo 201, anche senza l'assistenza di un difensore;

b) la data, l'ora e il luogo  fissati  per  l'esame  dello  stato passivo e il termine entro cui vanno presentate le domande;

c) ogni utile informazione per agevolare la  presentazione  della domanda e con l'avvertimento delle conseguenze  di  cui  all'articolo 10,  comma  3,  nonché   della   sussistenza   dell'onere   previsto dall'articolo 201, comma 3, lettera e);

d) che possono chiedere l'assegnazione delle somme  non  riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi  ai  sensi  dell'articolo 232, comma 4 ( questo punto è stato introdotto dal decreto correttivo 147\2020 che ha sostituito il precedente punto d) dell’art. 200 ;

e) il domicilio digitale assegnato alla procedura.

 

 

Domanda di ammissione al passivo. 

Per essere ammessi al passivo è necessario presentare domanda di ammissione al passivo, e questo vale non solo per i creditori, ma anche per coloro che vantano diritti sui beni sottoposti a liquidazione.

Ricordiamo che la sentenza che dichiara la liquidazione giudiziale  stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'udienza in cui si procederà all'esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero centocinquanta giorni in caso di particolare complessità della procedura.

La data della udienza è stata quindi fissata dal tribunale e comunicata dal curatore agli interessati

La domanda si propone con ricorso e devono presentarla coloro che vantano un credito o chiedono la restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura.

Devono anche presentare domanda di ammissione al passivo coloro che  chiedono di   partecipare  al  riparto delle somme  ricavate  dalla  liquidazione  di  beni  compresi  nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui.

Dobbiamo ora occuparci del ricorso (art. 201).

Sono due gli elementi da considerare, la comunicazione del ricorso e il suo contenuto. Veniamo al contenuto del ricorso ex comma 3 dell’art. 201.

Il ricorso contiene:

a) l'indicazione della procedura cui si intende partecipare e  le generalità del creditore ed il suo numero di codice fiscale, nonché le coordinate bancarie  dell'istante  o  la  dichiarazione  di  voler essere pagato con modalità, diversa dall'accredito in conto corrente bancario, stabilita dal giudice delegato ai sensi dell'articolo  230, comma 1; se manca o risulta assolutamente incerto uno dei requisiti di  questa lettera il ricorso è inammissibile.

b) la determinazione della somma  che  si  intende  insinuare  al passivo,  ovvero  la  descrizione  del  bene  di  cui  si  chiede  la restituzione o la rivendicazione, ovvero l'ammontare del credito  per il quale si intende partecipare al riparto se  il  debitore  nei  cui confronti è  aperta  la  liquidazione  giudiziale  è  terzo  datore d'ipoteca; se manca o risulta assolutamente incerto uno dei requisiti di  questa lettera il ricorso è inammissibile.

c) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di  diritto che costituiscono la ragione della domanda; se manca o risulta assolutamente incerto uno dei requisiti di  questa lettera il ricorso è inammissibile.

d) l'eventuale indicazione di un titolo di prelazione, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita,  se  questa ha carattere speciale; se manca o risulta assolutamente incerto uno dei requisiti di  questa lettera il credito è considerato come chirografario.

e) l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata, al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura,  le cui variazioni e' onere comunicare al curatore.

Se manca l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata e nei casi  di  mancata  consegna  del  messaggio  di   posta elettronica certificata  per  cause  imputabili  al  destinatario le comunicazioni saranno effettuate in cancelleria (si applica l'articolo 10, comma 3).  

 

L’udienza per l’esame dello stato passivo.

All'udienza  fissata  per  l'esame  dello  stato  passivo,  si avrà, o si potrà avere, il contraddittorio tra curatore e coloro che hanno fatto domanda di ammissione al passivo.

Il giudice delegato può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti,  compatibilmente  con

le esigenze di speditezza del procedimento.

Terminata l’eventuale istruzione, nei limiti delle conclusioni formulate e avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili  d'ufficio  ed  a  quelle formulate dagli altri interessati, il

giudice delegato, decide  su  ogni domanda anche in assenza delle parti.

In  relazione  al  numero dei creditori e alla entità del passivo, il  giudice  delegato  può stabilire che l'udienza sia svolta in via  telematica  con  modalità idonee   a   salvaguardare   il   contraddittorio    e l'effettiva partecipazione  dei  creditori,  anche   utilizzando   le   strutture informatiche messe a disposizione della procedura da soggetti terzi.  Il debitore può chiedere di essere sentito e delle operazioni si redige processo verbale. Anticipiamo che alla fine dell’udienza, esaminate le domande, il giudice forma lo stato passivo, e lo rende esecutivo con decreto.

Le domande presentate sono esaminate una per una dal giudice delegato che ex art. 204  che con  decreto  succintamente  motivato, le accoglie in tutto o in parte o le respinge o le  dichiara inammissibili.

La  dichiarazione  d’inammissibilità  della  domanda, tuttavia  non ne  preclude  la  successiva riproposizione; in questo ultimo caso il ricorrente che vorrà riproporre la domanda non dovrà commettere gli stessi errori che hanno portato alla dichiarazione d’inammissibilità da parte del giudice (art. 201 comma 4).  Il giudice, come visto, può anche ammettere le domande presentate, ma alcune di loro potranno essere ammesse con riserva, e oltre ai casi previsti dalla legge, il giudice ammette con riserva:

a) i crediti condizionati e  quelli  indicati  all'articolo  154, comma 3 cioè quei crediti ( ritenuti comunque condizionati)  che non possono essere fatti valere contro il debitore il  cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale, se non  previa escussione di un obbligato principale.

b) i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, a condizione che la  produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice;

c) i crediti accertati  con  sentenza  del  giudice  ordinario  o speciale  non  passata  in   giudicato,   pronunziata   prima   della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. Il  curatore

può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione.

Terminato l'esame di tutte le  domande,  il  giudice  delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria.

Il  curatore,  immediatamente  dopo  la  dichiarazione di esecutività dello stato passivo, ne dà comunicazione  trasmettendo una copia a tutti i ricorrenti, informandoli del diritto di  proporre

opposizione in caso di mancato accoglimento della domanda (art. 205).

Le impugnazioni del decreto che rende esecutivo lo stato passivo

Regolate dagli articoli 206 e 207 anche in relazione alla procedura che è unica, le impugnazioni contro il decreto sono di tre tipi.

Opposizione: con l'opposizione il creditore o il  titolare  di  diritti  su beni mobili o immobili contestano che la propria  domanda  sia  stata accolta in parte o sia stata respinta. L'opposizione è proposta  nei confronti del curatore.  Il termine per agire è di 30 giorni dalla comunicazione del decreto che rende esecutivo lo stato passivo da parte del curatore.

Impugnazione: con l'impugnazione il curatore, il creditore o il titolare  di diritti su beni mobili o immobili contestano che  la  domanda  di  un creditore o di altro concorrente sia stata accolta. L'impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la  cui  domanda  è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore. Il termine per agire è di 30 giorni dalla comunicazione del decreto che rende esecutivo lo stato passivo da parte del curatore.

Revocazione: con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare  di diritti  su  beni  mobili  o  immobili,  decorsi  i  termini  per  la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto venga  revocato  se si scopre che essi sono stati determinati da falsità,  dolo,  errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti  decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non  imputabile all'istante. La revocazione è proposta nei confronti  del  creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta,  ovvero  nei  confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso,  al procedimento partecipa il curatore.

Il termine decorre dalla scoperta della falsità, del dolo,  dell'errore  o dalla scoperta del documento decisivo. Con l’opposizione la contestazione è contro il curatore, nell’impugnazione e contro un altro creditore ammesso al passivo, mentre la revocazione è equivalente alla revocazione dell’art. 395 c.p.c. . Come visto se una parte viene a conoscenza di motivi di revocazione durante il termine per proporre opposizione o impugnazione, userà uno di questi due mezzi d’impugnazione, se invece sono trascorsi questi termini dovrà agire in revocazione.

Con la proposizione dell’impugnazione o dell’opposizione si apre quindi un procedimento che vede come convenuti il creditore o il curatore, ma questi ultimi potrebbero proporre contro il creditore un’impugnazione incidentale tardiva (tardiva perché può essere proposta anche se sono scaduti i termini per impugnare) nei limiti delle conclusioni rassegnate nel procedimento di accertamento del passivo; tanto per intenderci, può darsi che il curatore aveva chiesto al giudice delegato di non ammettere un certo credito, ma il giudice delegato decide di ammetterlo, ma non per l’importo chiesto dal creditore, ma per la metà del credito vantato.

A questo punto il creditore propone opposizione, perché vuole che il credito sia ammesso per intero, ma il curatore propone impugnazione incidentale, chiedendo, come aveva già fatto, che questo credito non fosse ammesso al passivo. Se nello stato passivo vi sono errori  materiali  contenuti  questi sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore  o del titolare di diritti sui beni o del curatore, sentito il  curatore o la parte interessata.

Le domande tardive di ammissione al passivo

Il comma 3 dell’art. 49 sul contenuto della sentenza che dichiara la liquidazione giudiziale così recita: il tribunale assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del debitore, il termine perentorio di trenta giorni prima dell'udienza di cui alla lettera d) per la presentazione delle domande di insinuazione (al passivo);

Da ciò si dovrebbe dedurre che trascorsi i trenta giorni non sarebbe più possibile presentare tali domande, e se proposte, visto che il termine è perentorio, dovrebbero essere dichiarate inammissibili, e invece non è così, perché l’art. 208 prevede che possano essere presentate anche dopo il termine assegnato di trenta giorni prima dall’udienza fissata per la verifica dello stato passivo, e che tali domande dovranno essere considerate tardive.

In effetti  si prevedono due ipotesi di domande tardive:

a) domande presentate oltre il termine dei trenta giorni dall’udienza fissata per la verifica dello stato passivo ma non oltre sei mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, termine che può essere prorogato dal tribunale, in caso di particolare complessità delle procedura nella sentenza che dichiara la liquidazione giudiziale fino a dodici mesi;

b) domande di ammissione al passivo presentate oltre il termine di cui al punto a).

Per entrambe la procedura successiva è identica, ma diversi sono i presupposti per la loro ammissione.

Quelle previste al punto b) e quindi presentate oltre il termine dei trenta giorni dall’udienza fissata per la verifica dello stato passivo e dopo sei mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, o dopo il termine prorogato dal tribunale e comunque fino a quando non  siano  esaurite  tutte le ripartizioni dell'attivo   della liquidazione giudiziale, saranno  ammissibili  solo  se l'istante prova  che  il  ritardo  è dipeso  da  causa  a  lui  non imputabile e se trasmette la domanda al curatore non  oltre  sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha  impedito  il deposito  tempestivo.

Quando poi  la  domanda   risulta   manifestamente inammissibile perché l'istante non ha indicato le circostanze da cui è dipeso il ritardo o non ne ha offerto prova documentale o  non  ha indicato i mezzi di prova di cui intende valersi per  dimostrarne  la non  imputabilità,  il  giudice  delegato   dichiara   con   decreto, reclamabile ex art. 124, l'inammissibilità della domanda.

Quindi per le domande tardive della prima specie, quelle della lett. a) non sono previste particolari giustificazioni per essere ammessi al passivo, per quelle tardive della lett. b) bisognerà provare la non imputabilità del ritardo. Se anche le domande tardive del secondo tipo passino il vaglio dell’ammissibilità, il seguito della procedura è lo stesso per tutte le domande tardive.

In effetti il procedimento di accertamento delle domande tardive è lo stesso di quello previsto per le domande non tardive (art. 203) con le verifiche del curatore, il deposito di osservazioni, e la fissazione di un’udienza dove dovranno essere esaminate queste domande tardive.

Il giudice  delegato, infatti,  fissa  per  l'esame delle domande presentate un'udienza entro i successivi quattro  mesi  salvo  che sussistano motivi  d'urgenza.  Il  curatore    avviso  della  data

dell'udienza a coloro che hanno presentato la domanda e ai  creditori già ammessi al passivo. Si applicano le  disposizioni  di  cui  agli articoli da 201 a 207 e cioè vi sarà l’applicazione integrale delle regole già viste per le domande non tardive, dall’esame delle stesse, al decreto che rende esecutivo lo stato passivo, alle impugnazioni del decreto.

La previsione di insufficiente realizzo

Può darsi che tale sia la sproporzione la tra massa passiva e quella attiva della procedura che sia del tutto inutile proseguire nell’accertamento del passivo perché nessun creditore potrà essere soddisfatto. Della questione se ne occupa l’art. 209 che distingue due ipotesi, cioè quando risulta da subito che non può essere acquisito attivo in misura tale da soddisfare anche uno dei creditori, o quando questo accertamento emerge nel corso della procedura. Di conseguenza il  tribunale,  con  decreto  motivato  da  adottarsi   prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno venti giorni prima dell'udienza  stessa,  corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e  dal  parere del comitato dei creditori, sentito il debitore,  dispone  non  farsi luogo al procedimento di accertamento del  passivo  relativamente  ai crediti concorsuali se risulta che non può essere  acquisito  attivo da  distribuire  ad  alcuno  dei  creditori   che   abbiano   chiesto l'ammissione  al  passivo,  salva  la   soddisfazione   dei   crediti prededucibili e delle spese di procedura. Se l’insufficiente realizzo risulta nel corso della procedura si applicheranno le regole appena viste, in quanto compatibili (art. 209 comma 2); in quest’ultimo caso, quindi, non si farà riferimento all’udienza dell’esame per lo stato passivo, perché questa molto probabilmente si sarà già tenuta. Il  curatore  comunica  il  decreto  trasmettendone copia ai creditori che abbiano presentato  domanda  di ammissione al passivo ai sensi degli articoli 201 e 208 i quali,  nei quindici giorni  successivi,  possono  presentare  reclamo,  a  norma dell'articolo 124, alla corte di appello,  che  provvede  sentiti  il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori e il debitore.

Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione

Come visto le domande possono essere presentate da soggetti  non sono creditori, ma che affermano di essere titolari di diritti sui beni sottoposti a liquidazione giudiziale. In questi procedimenti si applicherà un particolare regime di prova, simile a quello previsto per l’opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c. La richiesta di rivendica o di restituzione dovrà essere presentata dal titolare del diritto, tuttavia l’art. 210 fa salve le disposizioni dell’art. 1706 c.c. Il riferimento e alla rivendica delle cose che il mandante può esercitare per gli acquisti del mandatario. Quindi anche il mandante, alle condizioni previste dall’art. 1706 c.c. potrà presentare domanda per le rivendica nella procedura di liquidazione.

Esercizio dell’impresa e liquidazione dell’attivo.

Consideriamo la eventuale continuazione dell’attività d’impresa del debitore, e in questa fase assume rilevanza fondamentale il comitato dei creditori.

Ma andiamo con ordine chiedendoci quando potrà continuare l’attività d’impresa.

L’art. 211 fa riferimento a due ipotesi;

1) decisione presa dal tribunale nella sentenza che dichiara la liquidazione giudiziale: in questo caso il tribunale  autorizza  il   curatore a proseguire l'esercizio  dell'impresa,  anche  limitatamente  a  specifici   rami dell'azienda, purché la prosecuzione non arrechi pregiudizio ai creditori; non è richiesto il parere  del comitato dei creditori, perché non è stato ancora nominato;questa regola è espressa nel comma 2 dell’art. 211, e su questo comma è intervenuto il decreto correttivo 147\2020 eliminando la parte “se dall'interruzione  può  derivare  un  grave  danno”. Grazie a questo intervento il tribunale può comunque decidere di continuare l’attività d’impresa del debitore, con l’unico limite del pregiudizio dell’interesse dei creditori.

2) decisione presa dal giudice delegato: su  proposta  del  curatore,   il   giudice delegato,  previo  parere  favorevole  del  comitato  dei  creditori, autorizza, con  decreto  motivato, l'esercizio  dell'impresa,  anche limitatamente a specifici rami dell'azienda, fissandone la durata.

Come si vede la decisione può essere presa dal tribunale in sentenza o dopo dal giudice delegato.

Ma il comitato del creditori, anche nel caso in cui sia stato il tribunale a decidere, deve accettare la continuazione dell’attività d’impresa o può bloccare tale esercizio?

Diciamo subito che il comitato dei creditori deve essere convocato almeno ogni tre mesi dal curatore per essere informato sull’andamento della gestione e per pronunciarsi sull’opportunità della continuazione dell’attività d’impresa, e il comitato può ritenere che non sia opportuno continuare questa attività e, di conseguenza, il giudice delegato ne ordina la cessazione.

Ciò fa intendere che la continuazione dell’attività d’impresa avviene nell’interesse principale dei creditori, e non per altri interessi, come quello dei dipendenti dell’impresa al mantenimento del posto di lavoro. Anche il tribunale può ordinare la cessazione dell’attività d’impresa quando ne ravvisi l’opportunità, e decide con decreto sentiti il curatore e il comitato dei creditori, ma in  questo caso non sembra che il comitato abbia un potere di veto sulla decisione del tribunale.

La gestione dell’impresa, come detto, è affidata al curatore, che però non  può partecipare a procedure di affidamento di concessioni  e  appalti  di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di subappalto.

Ogni sei mesi , o comunque  alla  conclusione  del  periodo  di esercizio, il curatore deve depositare un rendiconto  dell'attività e in ogni caso deve informare senza indugio il giudice delegato  e il comitato dei creditori di  circostanze  sopravvenute  che  possono influire sulla prosecuzione dell'esercizio.  Ma adesso sorge un altro problema; ammettiamo che l’impresa continui nel sua attività, chi mai le farà credito, considerando che è sottoposta a liquidazione giudiziale? Quale nuovo creditore farà credito sapendo poi che per essere soddisfatto dovrà andare in concorso con i vecchi creditori? A risolvere il problema ci pensa il comma 8 dell’art. 211 che dichiara questi nuovi crediti prededucibili ex art. 221 comma 1 lett. a). Questi creditori non sono creditori concorsuali perché il loro credito e sorto dopo l’apertura della liquidazione giudiziale, e il loro credito deve essere soddisfatto prima dei creditori concorsuali.

I contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non decida si sospendere l’esecuzione o sciogliersi, ma quando cesserà l’attività d’impresa, si applicheranno le regole previste per la sorte dei contratti pendenti in seguito all’apertura della liquidazione giudiziale (artt. 172 e ss.) di cui abbiamo già parlato.

Un caso particolare riguarda l’affitto dell’azienda o di sui rami, un modo vantaggioso per recuperare denaro e non far cessare l’attività d’impresa.  L’art. 212 prevede questa eventualità. Per affittare l’azienda è necessario che il curatore sia autorizzato a farlo.

La procedura si svolge in questo modo:

1) proposta del curatore rivolta al giudice delegato che può essere presentata anche prima della redazione del programma di liquidazione;

2) parere favorevole del comitato dei creditori;

3) autorizzazione del giudice delegato dell’azienda o di suoi specifici rami. Il giudice delegato darà l’autorizzazione al curatore quando l’affitto appaia  utile  al  fine  della più proficua vendita dell'azienda o di parti della stessa.

Il curatore è quindi stato autorizzato all’affitto, o almeno a cercare un affittuario.

Il curatore dovrà quindi far stimare l’azienda, e provvederà a approntare adeguate forme di pubblicità. Ora una considerazione: perché l’affittuario dovrebbe stipulare il contratto di affitto visto che non ne diviene proprietario e dovrà comunque restituirla?

Certamente perché vede delle possibilità di guadagno, ma anche perché il contratto potrebbe assicurargli una prelazione sull’acquisto dell’azienda o del suo ramo nella fase di vendita dei beni sottoposti a liquidazione.

Il programma di liquidazione predisposto dal curatore

Il curatore per procedere alla vendita dei beni del debitore sottoposti alla procedura, deve predisporre un preciso programma di liquidazione nei modi indicati dall’art. 213, ma viene da chiedersi se tutti i beni del debitore che teoricamente possono essere sottoposti a liquidazione siano poi realmente convenienti da liquidare. In effetti il secondo comma dell’art. 213 introduce il concetto di liquidazione manifestamente non conveniente. Il curatore  previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all'attivo o rinunciare a  liquidare uno o  più beni,  se  l'attività  di  liquidazione  appaia  manifestamente  non conveniente.  Ma come fa il curatore a decidere se la liquidazione è manifestamente non conveniente? Lo stesso articolo 213 fornisce una presunzione di liquidazione manifestamente non conveniente. Si  presume  manifestamente non conveniente la prosecuzione dell'attività di liquidazione  quando dopo sei esperimenti di vendita cui non  ha  fatto  seguito  l'aggiudicazione, salvo che il giudice delegato non autorizzi il curatore a  continuare l'attività liquidatoria, in presenza di giustificati motivi.

Ma veniamo al programma di liquidazione. Il curatore deve ricordarsi di due termini per redigere il programma di liquidazione, e cioè 60 e, soprattutto, 150 giorni. L’art. 213 comma 1 dispone, infatti, che il curatore  entro sessanta giorni dalla redazione  dell'inventario e  in ogni caso non oltre centocinquanta giorni  dalla  sentenza  dichiarativa dell'apertura della liquidazione giudiziale, predispone un programma  di  liquidazione  da  sottoporre  all'approvazione  del comitato  dei  creditori.  Il rispetto del termine di 150 giorni da parte del curatore è essenziale, perché il mancato rispetto del termine appena indicato senza giustificato motivo costituisce una giusta causa di revoca dall’incarico. La struttura e il contenuto del programma di liquidazione sono analiticamente indicati nell’art. 213, ricordiamo che il programma deve essere diviso in sezioni, nel programma sono, inoltre, indicati le azioni  giudiziali di qualunque natura e il subentro nelle liti pendenti,  con  i  costi per il primo grado di giudizio. Deve inoltre indicare il  entro il quale avrà inizio l’attività di liquidazione, e può anche prevedere la liquidazione anticipata; in questo caso prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori. Una volta redatto, il programma è trasmesso al giudice delegato che ne autorizza la sottoposizione al comitato dei creditori  per  l'approvazione.  Il giudice delegato autorizza  i  singoli  atti  liquidatori  in  quanto conformi al programma approvato.

Vendita dei beni.

Gli articoli 214 e 215 si occupano di particolari modalità di cessione di beni e diritti dei beni del debitore. L’art. 214 si occupa delle vendita dell’intera azienda del debitore, o di un suo ramo.

Il curatore, infatti, potrà scegliere di vendere singoli beni o diritti del debitore solo quando  risulta  prevedibile  che  la vendita dell'intero complesso aziendale, di  suoi  rami,  di  beni  o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una  maggiore soddisfazione dei creditori.

Quindi il curatore deve verificare prima la convenienza di tali cessioni, e solo se accerta che è meglio vendere i singoli beni procederà in tal senso.

Le vendite dell’azienda o di sui rami saranno effettuate secondo le regole della liquazione che vedremo in seguito e in con il rispetto dell’art. 2556 c.c., cioè secondo le regole sulla forma della cessione d’azienda. L’acquirente dell’azienda secondo le regole dell’art. 2560 c.c.  comma 2 dovrebbe rispondere anche dei debiti dell’azienda ceduta se risultano dai libri contabili obbligatori, e ciò renderebbe molto meno attraente la cessione d’azienda. Ma il terzo comma dell’art. 214 stabilisce che  salva  diversa  convenzione,  è esclusa  la  responsabilità dell'acquirente per i debiti  relativi  all'esercizio  delle  azienda ceduta sorti prima del trasferimento.  Il curatore, inoltre,  può procedere alla liquidazione anche mediante  il conferimento  in  una  o  più  società,  eventualmente   di   nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di  beni  o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in  corso,  esclusa  la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 c.c.  e  osservate  le  disposizioni  inderogabili  contenute  nel codice.  Il curatore, infine, può anche cedere  i crediti, compresi quelli  di  natura fiscale o futuri, anche se oggetto di  contestazione e anche cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi  sono

già pendenti. In alternativa alla cessione può stipulare contratti di mandato per la riscossione dei crediti. 

Le modalità della liquidazione dei beni del debitore

Abbiamo visto che il curatore nei tempi previsti dal codice deve preparare un programma di liquidazione, ma le modalità della liquidazione sono stabilite dal codice all’art. 216.

Questo articolo prevede quattro fasi necessarie e una fase eventuale sulla sospensione delle operazioni di vendita o  di impedimento del trasferimento della proprietà  (art. 217).

Vediamo le fasi necessarie

1) la stima dei beni: i beni dell’ attivo sono  stimati  da esperti nominati dal curatore ex art. 129, comma 2 con apposita relazione.

2) le modalità di vendita: per il comma 4 dell’art. 216 le vendite sono effettuate con modalità telematiche tramite il portale delle vendite pubbliche, salvo che tali modalità siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura. Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal curatore o dal delegato alle vendite tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base delle stime di cui abbiamo parlato assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. Il curatore informa il giudice delegato delle attività di liquidazione nelle relazioni ex art. 130, comma 9. Particolari regole sono previste per la vendita di beni immobili.

3) le offerte di acquisto: gli interessati a presentare l'offerta di  acquisto formulano tramite il portale delle vendite pubbliche la richiesta di  esaminare i beni in vendita. L'offerta non è efficace se perviene oltre il termine stabilito nell’avviso pubblicato dal curatore sul portale delle vendite pubbliche o nell'ordinanza di vendita o se l'offerente non presta cauzione nella misura indicata.

Le offerte di acquisto sono  efficaci anche se inferiori  di  non  oltre  un  quarto  al  prezzo  stabilito. Il bene sarà aggiudicato a chi presenta l’offerta più alta.

4) il pagamento dei beni acquistati e trasferimento del bene all’acquirente: le vendite e gli atti di liquidazione possono prevedere che il versamento del prezzo  abbia  luogo  ratealmente. La vendita dei beni immobili e dei beni iscritti in pubblici registri sottoposti a liquidazione produce un effetto purgativo analogo a quello della vendita dei beni espropriati tanto che il secondo comma dell’art. 217 dispone che relativamente ai beni appena citati, una volta eseguita la vendita  e  riscosso  interamente  il prezzo, il giudice delegato ordina,  con  decreto,  la  cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti  di  prelazione,  nonché  delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di  ogni altro vincolo.  Delle vendite effettuate il curatore deve tenere il relativo conto e secondo l’articolo 223 bisogna distinguere i conti della massa attiva immobiliare, da quella mobiliare. Si applicano alla vendita, in quanto compatibili, gli articoli 569, 585 e 587 c.p.c..

5) la fase eventuale sulla sospensione delle operazioni di vendita o di impedimento del trasferimento della proprietà: per l’ art. 217 il giudice delegato, su istanza del debitore, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori, può sospendere, con decreto motivato,  le  operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi. Si può anche impedire il perfezionamento  della  vendita  quando  il  prezzo  offerto  risulti notevolmente inferiore  a  quello  ritenuto  congruo.

Ripartizione dell’attivo.

Il curatore, come si vedrà meglio nello schema, dovrà provvedere a redigere un prospetto delle somme disponibili e se l’entità del passivo lo permette, un progetto di distribuzione di dette somme e trasmettere il tutto ai creditori che potranno anche impugnare il progetto del curatore.

Cosa accade nel caso in cui pure essendovi delle somme da distribuire il curatore non redige il prospetto delle somme disponibili?  

Per il sesto comma dell’art. 220 questo inadempimento costituisce giusta causa di revoca del curatore.

 

Ma vediamo in dettaglio nello schema che segue il procedimento di ripartizione.

 

 

 

Contro il decreto che rende esecutivo il progetto di ripartizione, possono essere state proposte le impugnazioni ex art. 206.

Ordine di distribuzione delle somme ai creditori, e distribuzione ai creditori che hanno proposto domanda tardiva di ammissione al passivo

Vediamo ora, ex art. 221 l’ordine di distribuzione delle somme ai creditori.

Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono  erogate nel seguente ordine:

a) per il pagamento dei crediti prededucibili;

b) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge;

c) per il pagamento dei creditori  chirografari,  in  proporzione dell'ammontare del  credito  per  cui  ciascuno  di  essi  sia  stato ammesso, compresi i creditori indicati alla lettera b),  qualora  non

sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per  cui essi siamo rimasti non soddisfatti dal relativo realizzo;

d) per il pagamento dei crediti postergati.

Come si vede l’art. 221 fa una classifica, dove al primo posto vi sono i crediti prededucibili al secondo quelli relativi ai creditori privilegiati, poi i chirografari e in ultimo i postergati.

Eppure c’è un’altra categoria di creditori che potrebbero uscire dalla classifica, e sono i creditori che hanno presentato domande tardive di ammissione al passivo ex art. 208.

Questi creditori se le loro domande sono state accertate, partecipano anche loro alla ripartizione. ma potrebbe essere accaduto che prima della loro ammissione già siano state ripartite delle somme;

Disciplina dei crediti prededucibili

I crediti cui spetta in via prioritaria la distribuzione sono quelli prededucibili, ed è il codice che volta per volta indica quali siano i crediti prededucibili. Ma i crediti prededucibili devono essere ammessi perché sono tali, e quindi in via automatica, o anche loro devono passare al vaglio di ammissibilità come tutti gli altri crediti? La regola generale è che anche questi crediti prededucibili dovranno essere ammessi come tutti gli altri, (domanda, accertamento del passivo, decreto etc. etc.) salve le eccezioni ex art. 222.  Potrebbe capitare che l’attivo è insufficiente a soddisfare tutti i titolari di crediti prededucibili. In questo caso l’ultimo comma dell’art. 222 dispone che la distribuzione  deve  avvenire secondo  i  criteri  della  graduazione  e  della   proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge.  Sempre l’art. 222 al comma 2 dispone che i crediti prededucibili vanno soddisfatti per intero, cioè  per il capitale, gli interessi  e  le  spese  con  il  ricavato  della  liquidazione   del patrimonio mobiliare e immobiliare,  tenuto  conto  delle  rispettive cause  di  prelazione.

Le ripartizioni parziali e le somme non immediatamente distribuibili

Non bisogna credere che le ripartizioni tra i creditori sono effettuate solo alla fine, e in unica soluzione; la regola, infatti, è quella delle ripartizioni parziali, anche per non far attendere i creditori. Le ripartizioni parziali (art. 227) non possono superare l’80% delle somme da ripartire.

Tuttavia una parte di tali somme non possono essere senz’altro assegnate ai creditori.

Il giudice delegato stabilisce come devono essere trattenute e depositate le quote assegnate:

a) ai creditori ammessi con riserva;

b) ai creditori opponenti a favore dei quali sono state  disposte misure cautelari;

c) ai creditori opponenti la cui domanda e' stata accolta  quando la sentenza non è passata in giudicato;

d) ai creditori nei cui confronti sono stati proposti  i  giudizi di impugnazione e di revocazione.

In relazione ai creditori ammessi con riserva, l’art. 228 precisa che  quando si verifica l'evento che permette  l'accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del  curatore  o  della  parte interessata, il giudice  delegato  modifica  lo  stato  passivo,  con decreto,  disponendo  che  la   domanda   deve   intendersi   accolta definitivamente.

Pagamento ai creditori, rendiconto e ripartizione finale dell’attivo

Come già detto in precedenza la regola non è quella del pagamento in unica soluzione ai creditori alla fine della procedura, ma il pagamento parziale che segue alle vendite effettuate dal curatore.

Il piano di ripartizione è il riferimento per questi pagamenti e secondo l’art. 230 il curatore provvede al pagamento  delle  somme  assegnate  ai creditori nel piano di ripartizione nei modi  stabiliti  dal  giudice delegato, idonei ad assicurare la prova del pagamento stesso.

Una volta effettuati i pagamenti in esecuzione del piano di riparto, questi non possono essere ripetuti, cioè non possono essere restituiti dai creditori, salvo però che sia stata accolta una domanda di revocazione, e ciò si accorda con la caratteristica di straordinarietà di questo mezzo d’impugnazione previsto dall’art. 206.

Come detto la regola è quella delle ripartizioni parziali, ma queste non possono superare l’ 80% di quella finale.

Quindi avremo le ripartizioni parziali e quella finale, ed è tra queste due ripartizioni che s’inserisce l’obbligo del curatore di rendiconto ex art. 231.

 

Vediamo tutto nello schema.

 

Immaginiamo che il conto sia stato approvato; finalmente si può giungere alla ripartizione finale di cui parla l’art. 232.

Questa ripartizione è disposta dal giudice delegato sentite le proposte dal curatore,e solo dopo che sia stato approvato il rendiconto, e liquidato il compenso al curatore; la ripartizione finale avviene con le regole già viste per le ripartizioni parziali, e cioè tenendo conto della graduazione tra i vari crediti. Con la ripartizione finale sono distribuiti anche gli accantonamenti fatti in precedenza, ma può accadere che nemmeno ora sia possibile distribuire questi accantonamenti.

Può darsi, infatti, che non si sia ancora verificata la condizione, oppure che non sia ancora passata in giudicato il provvedimento per cui era in corso un impugnazione. In questi casi  la somma è depositata nei modi  stabiliti  dal giudice delegato; con questo deposito si attende che si avveri (o che sia certo che non si avveri più) la condizione o passi in giudicato il provvedimento. Avveratisi tali eventi la somma depositata sarà versata ai creditori cui spetta o  fatta  oggetto  di  riparto supplementare  fra  gli  altri  creditori.  Gli  accantonamenti  non impediscono la chiusura della procedura.

Una situazione simile riguarda i creditori di cui si accerta il diritto, ma che non si presentano o sono irreperibili. In questi casi  le somme dovute sono nuovamente depositate presso l'ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell'articolo 131.

Passati cinque  anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi,  sono versate a cura del  depositario  all'entrata  del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, allo stato di previsione del Ministero della giustizia.

Cessazione della procedura di liquidazione giudiziale.

 Gli articoli 233 e seguenti si occupano dei casi di chiusura della liquidazione giudiziale.

Le ipotesi sono previste dall’art. 233 e la dichiarazione di chiusura è effettuata dal tribunale con decreto. La procedura di liquidazione giudiziale si chiude:

a) se nel termine stabilito  nella  sentenza  con  cui  è stata dichiarata aperta la procedura non sono  state  proposte  domande  di ammissione al passivo;

b) quando, anche prima che sia compiuta  la  ripartizione  finale dell'attivo,  le  ripartizioni  ai  creditori  raggiungono   l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti  e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;

c) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;

d) quando nel  corso  della  procedura  si  accerta  che  la  sua prosecuzione  non  consente  di  soddisfare,  neppure  in  parte,   i creditori concorsuali, né i crediti  prededucibili  e  le  spese  di

procedura.

La procedura di liquidazione giudiziale si chiude anche nel caso in cui sia omologato il concordato proposto durante la liquidazione giudiziale; per l’art. 246, infatti, nel caso in cui il decreto di omologazione diviene definitivo, dopo che il curatore avrà reso il conto della gestione, il tribunale dichiara chiusa la liquidazione giudiziale.

Per l’articolo 235 la dichiarazione di chiusura è effettuata dal tribunale con decreto motivato su istanza  del curatore o del debitore o anche di ufficio, pubblicato nelle  forme  prescritte dall'articolo 45. Insieme all’istanza di chiusura il curatore il curatore deposita un rapporto riepilogativo finale ex art.130, comma 9.

Il decreto di chiusura può essere impugnato con reclamo alla corte d’appello ex art. 124 e il decreto della corte d’appello che decide il reclamo si può impugnare con ricorso per cassazione.

Il decreto di chiusura acquista efficacia quando è decorso il termine per il reclamo, senza che questo sia stato  proposto,  o quando il reclamo è definitivamente rigettato.

Quando il decreto è divenuto efficace,  sono  impartite le  disposizioni  esecutive  volte  ad  attuare  gli  effetti   della decisione. La chiusura della liquidazione giudiziale può portare una serie di conseguenze, vediamole nei paragrafi che seguono.

Chiusura della procedura nei confronti di società

Se la chiusura avviene quando:

1. è compiuta la ripartizione finale dell’attivo oppure…

2. quando nel  corso  della  procedura  si  accerta  che  la  sua prosecuzione  non  consente  di  soddisfare,  neppure  in  parte,   i creditori concorsuali, né i crediti  prededucibili  e  le  spese  di procedura, fatto salvo quanto previsto dall’art. 256 comma 6 relativo ai giudizi pendenti, il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese.

 

Chiusura della procedura nei confronti di società di capitali.

Quando la procedura ha riguardato società di capitali e si è chiusa perché:

a) non state presentate nei termini domande di ammissione al passivo, oppure…

b) quando, anche prima che sia compiuta  la  ripartizione  finale dell'attivo, le  ripartizioni  ai  creditori  raggiungono  l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti  e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione il curatore convoca l’assemblea ordinaria dei soci. In questa assemblea si deciderà  ai fini della ripresa dell'attività o della sua cessazione o ancora per la trattazione  di  argomenti  sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci che rappresenti il  venti per cento del capitale sociale.

Chiusura della procedura nei confronti di soci illimitatamente responsabili.

La chiusura della procedura nei confronti della società con soci illimitatamente responsabili avvenuta quando:

a) non state presentate nei termini domande di ammissione al passivo, oppure…

b) quando, anche prima che sia compiuta  la  ripartizione  finale dell'attivo,  le  ripartizioni  ai creditori  raggiungono  l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti  e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione.

La chiusura della procedura nei confronti della società, come si diceva, comporta anche la chiusura della procedura estesa ai singoli soci, a meno che non sia stata aperta una singola procedura contro un socio, in quanto imprenditore individuale.

Regole particolari sono infine previste ex art. 234 nel caso in cui si chiuda la procedura ma esistono ancora giudizi pendenti.

Effetti della chiusura della liquidazione giudiziale

Sono previsti dall’art. 236, vediamoli:

1. Con  la  chiusura  cessano  gli  effetti  della  procedura  di liquidazione giudiziale sul patrimonio del debitore e le  conseguenti incapacità personali e decadono gli organi preposti  alla  procedura.

 2. Le azioni esperite dal curatore  per  l'esercizio  di  diritti derivanti dalla procedura non possono essere proseguite, fatto  salvo quanto previsto dal paragrafo precedente (ex art. 234).

3. I creditori riacquistano  il  libero  esercizio  delle  azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro  crediti  per capitale e interessi, salvo quanto  previsto  dagli  articoli  278  e

seguenti, cioè salvo in caso di esdebitazione.

4. Il decreto o la sentenza con la  quale  il  credito  è  stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti  di  cui all'articolo 634 del codice di procedura civile, cioè come prova scritta per ottenere un decreto ingiuntivo non esecutivo.

Casi di riapertura della liquidazione giudiziale

Le ipotesi sono previste dagli articoli 237 e ss.. In primo luogo deve essere accaduto che la procedura si è chiusa con una ripartizione dell’attivo che però non è riuscita a soddisfare tutti i creditori, oppure si è chiusa perché nel corso  della  procedura  si  accerta  che  la  sua prosecuzione  non  consente  di  soddisfare,  neppure  in  parte,   i creditori concorsuali, né i crediti  prededucibili  e  le  spese  di procedura (art. 233 comma 1 lett. c) e d).

Deve poi risultare che nel patrimonio del debitore esistono delle attività che rendono utile il provvedimento di riapertura; questa utilità deve riguardare la soddisfazione anche parziale dei creditori insoddisfatti; sarà il tribunale a valutare se sia utile riaprire la liquidazione.

A queste condizioni si può quindi procedere alla riapertura della liquidazione giudiziale, ma è possibile che anche esistendo dette condizioni non si possa comunque procedere alla riapertura e ciò accade quando il debitore è stato già  esdebitato ( artt. 278 e ss.). Con l’esdebitazione, infatti, il debitore è liberato dai crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura concorsuale che prevede la liquidazione dei beni.  Nemmeno è possibile riaprire la liquidazione quando sono trascorsi cinque anni dal decreto di chiusura della liquidazione giudiziale.

Esistendo le condizioni si può procedere alla riapertura, vediamo la procedura.

1) istanza del debitore  o di qualunque creditore, con cui si chiede la riapertura; gli istanti ritengono e documentano che nel patrimonio del debitore esistono attività che rendono utile la riapertura della procedura di liquidazione già chiusa;

2) il tribunale decide in camera di consiglio e se ritiene che esistono nel patrimonio del debitore attività che rendono utile la riapertura della procedura di liquidazione, accoglie l’istanza con sentenza. La sentenza può essere pronunciata entro cinque anni dal decreto che aveva chiuso la liquidazione giudiziale.

La sentenza di riapertura:

a) richiama in ufficio il giudice delegato e  il  curatore  o  li nomina di nuovo;

b) stabilisce  i  termini  previsti  dalle  lettere  d)  ed   e) dell'articolo 49, comma 3, ( cioè la data dell’udienza per l’esame dello stato passivo e i termini per le presentazione delle domande di ammissione al passivo) eventualmente abbreviandoli non  oltre  la metà;

i creditori già ammessi al passivo nella procedura chiusa possono chiedere la conferma del provvedimento  di  ammissione  salvo che intendano insinuare al passivo ulteriori interessi.

La sentenza è pubblicata ai sensi dell’art. 45 ed è impugnabile a norma dell’art. 51, cioè nei modi in cui s’impugna la sentenza sulla liquidazione giudiziale.

Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei nuovi creditori mentre per le altre operazioni si seguono le norme stabilite per la liquidazione giudiziale.

La particolarità della riapertura sta nel fatto che possono partecipare i vecchi creditori ma anche i nuovi creditori del debitore che subisce la riapertura. I vecchi creditori, come visto, potranno semplicemente chiedere la conferma del vecchio provvedimento di ammissione al passivo, salvo che vogliano insinuare al passivo ulteriori interessi. I nuovi creditori dovranno invece trasmettere al curatore la domanda di ammissione al passivo. Si procede quindi come già visto per la liquidazione giudiziale, fino alla liquidazione del nuovo attivo ricavato dalla vendita dei beni del debitore. Concorreranno su questo attivo i vecchi creditori e i nuovi creditori.

I vecchi creditori  concorreranno alle nuove ripartizioni  per  le  somme loro  dovute  al  momento  della  riapertura,  dedotto  quanto  hanno percepito nelle precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le  cause legittime di prelazione secondo quanto già accertato nella precedente procedura di liquidazione giudiziale. I nuovi creditori concorreranno per la prima volta alla ripartizione secondo le regole già viste per la liquidazione giudiziale. Nel caso in cui vi siano stati atti pregiudizievoli ai creditori ex artt. 164 (pagamenti di crediti non scaduti e postergati), 166 (atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie) e 167 (atti su patrimoni destinati ad uno specifico affare) i termini saranno computati dalla data della sentenza di riapertura e non della prima sentenza che ha dichiarato la liquidazione giudiziale. Sono poi  privi di effetto nei confronti dei creditori gli  atti  a titolo gratuito e gli atti compiuti tra coniugi, parti  di  un'unione  civile  tra  persone dello stesso sesso o conviventi di fatto ( cioè gli atti ex 169),  successivi  alla chiusura e anteriori alla riapertura della procedura.

 

 


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