Liquidazione giudiziale. Presupposti della liquidazione e organi preposti.
Siamo giunti alla
liquidazione giudiziale. Come si è visto il legislatore ha preferito nel
titolo III regolare le procedure di accesso alla crisi e insolvenza e
poi dedicarsi alle singole discipline nei titoli successivi. Con la
liquidazione giudiziale si tende, appunto, a liquidare il patrimonio del
debitore e soddisfare sul ricavato i creditori.
Come tutte le
procedure di questo tipo si accerta l’attivo del patrimoniale del
debitore, poi il passivo, cioè valore dei debiti e quindi dei crediti,
poi si procede alla liquidazione e distribuzione del ricavato.
Per l’art. 121:
Presupposti della liquidazione giudiziale.
1. Le disposizioni sulla
liquidazione
giudiziale si
applicano agli
imprenditori commerciali
che non
dimostrino il
possesso congiunto dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera d), e che siano in stato di insolvenza.
Quindi i tre
presupposti per la liquidazione giudiziale sono:
A)
la qualifica di imprenditore
commerciale, sappiamo che l’imprenditore commerciale è quello
definito dall’art. 2195 c.c. ma sappiamo anche che questo articolo non
riesce a individuare tutti gli imprenditori commerciale, per es. non
risolve il problema della c.d. impresa civile. E allora possiamo
affermare che sono imprenditori commerciali tutti quelli che non sono
imprenditori agricoli, e quindi questi ultimi imprenditori non possono
essere sottoposti alla liquidazione giudiziale. Giusto per non creare
equivoci anche le società commerciali sono sottoponibili a liquidazione,
esclusa la società semplice perché non svolge attività commerciale.
B)
che non siano imprenditori che
esercitano un’impresa minore ex art. 2 comma 1 lett. d;
Vediamo di nuovo
quando si ha un’impresa minore:
“d)
«impresa minore»: l'impresa
che presenta congiuntamente i seguenti requisiti:
1) un attivo
patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro
trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della
istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio
dell'attività se di durata inferiore;
2) ricavi, in
qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non
superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di
deposito dell'istanza di apertura
della liquidazione
giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;
3) un ammontare di
debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila; i
predetti valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del
Ministro della giustizia adottato a norma dell'articolo
Secondo l’art. 121
è sottoposto a liquidazione giudiziale l’imprenditore che “non dimostri”
il “possesso congiunto” di questi tre requisiti, che significa?
a) significa che
basta superare anche uno solo di questi requisiti per essere sottoposti
a liquidazione;
b) significa che
quando si chiede la liquidazione giudiziale di un imprenditore (o di una
società) commerciale, deve essere l’imprenditore a dimostrare il
possesso congiunto dei tre requisiti, e se non ci riesce sarà
sottoponibile a liquidazione; insomma l’art. 121 realizza un’inversione
dell’onere della prova.
C)l’imprenditore
commerciale che non sia un imprenditore minore deve trovarsi in stato
d’insolvenza, e questo requisito non è mutato rispetto alla vecchia
legge fallimentare.
Prima di andare
avanti riportiamo di nuovo quanto previsto dal comma 5 dell’art. 49; può
darsi anche che non si
tratti d’impresa minore, tuttavia non si fa luogo all'apertura della
liquidazione giudiziale se
l'ammontare dei debiti scaduti e non
pagati risultanti
dagli atti
dell'istruttoria e' complessivamente
inferiore a
euro trentamila.
Soffermiamoci
sull’insolvenza.
Secondo l’art. 2
lett. b)“
«insolvenza»: lo stato del
debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i
quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare
regolarmente le proprie obbligazioni”.
Rimaniamo quindi
su questa definizione e commentiamola.
1. Le
manifestazioni esteriori dello stato di insolvenza.
Come si vede
abbiamo dei comportamenti sintomatici dai quali si può desumere lo stato
di insolvenza, il primo e più frequente è dato dagli inadempimenti:
qui accade che lo stato d'insolvenza si manifesta quando l'imprenditore
è inadempiente, ma può anche accadere che l'imprenditore non sia
inadempiente pur trovandosi comunque in stato d'insolvenza.
Bisogna anche
osservare che le manifestazioni dello stato di insolvenza non
necessariamente si traducono solo in inadempimenti. Il codice parla
infatti di questi, ma anche di altri fatti esteriori da cui si desume
l'insolvenza; ma quali sono tali fatti?
2. Il tipo di
obbligazioni inadempiute.
Altra osservazione
da fare riguarda il tipo di obbligazioni che l'imprenditore non è più in
grado di adempiere regolarmente; non bisogna credere che si tratti
necessariamente di obbligazioni di carattere commerciale, visto che il
codice non ne specifica il contenuto, né che si tratti di pagamenti
(come disponeva l'art. 683 del codice del commercio), potendo anche
manifestarsi con altri inadempimenti, ad es. l'imprenditore non consegna
una merce già ordinata perché non può acquistare le materie prime per
produrla.
Soffermandoci
sull'imprenditore, si può notare come questo, o meglio la sua impresa,
può andare incontro a una serie di crisi, di tipo gestionale, con i
contrasti che possono sorgere in merito alla sua gestione, o di tipo
legale, nel senso che non sono rispettate le regole normative che
premettono all'impresa di lavorare in maniera corretta, potendo
rischiare, in tal caso, delle sanzioni che possono giungere fino alla
chiusura.
L'impresa, infine,
può essere in crisi di liquidità, cioè non ha i mezzi per adempiere
regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni; in
quest'ultimo caso abbiamo l'insolvenza, ed infatti è questa la posizione
della corte di cassazione.
L'insolvenza si
concreta, quindi, in uno stato di "illiquidità", che può derivare da
difficoltà di reperire sul mercato le somme necessarie per far fronte ai
debiti, ma anche da una difficoltà a reperire dalle banche il credito
necessario per l'attività d'impresa; se ciò è vero, si vede che non ha
molta importanza il fatto che l'impresa abbia un attivo superiore al
passivo, ma diviene rilevante che vi sia questa crisi, questo "stato" e
che questo non sia di natura temporanea, o una semplice difficoltà.
Abbiamo visto che l’insolvenza non si manifesta con l’incapacità
per il debitore di
soddisfare le sue obbligazioni , ma non deve essere in grado di
soddisfarle regolarmente.
Diviene allora necessario intendersi sul significato dell'avverbio
"regolarmente". |
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