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		Procedimento 
		
		 
		
		
		
		Rapporti tra 
		liquidazione coatta amministrativa liquidazione giudiziale e concordato 
		preventivo. Lo stato di insolvenza dell’impresa sottoposta a 
		liquidazione coatta amministrativa. 
		
		La regola 
		fondamentale espressa dal primo comma dell’art. 295 è che se un’impresa 
		è sottoposta a liquidazione coatta amministrativa non può essere 
		sottoposta a liquidazione giudiziale.. salvo che la legge disponga 
		diversamente. 
		
		Quindi è possibile 
		che la legge preveda che una stessa impresa sia sottoposta a entrambe le 
		procedure, ma quando questo accade quale procedura applicare? Quella 
		dichiarata per prima. 
		
		E infatti il 
		secondo comma dell’art. 295 dispone che quando siano possibili entrambe 
		le procedure l’apertura di una procedura, per es. liquidazione coatta 
		amministrativa, preclude l’altra, per es. la liquidazione giudiziale, e 
		viceversa. 
		
		Non c’è invece 
		incompatibilità tra liquidazione coatta amministrativa e concordato 
		preventivo; salvo che la legge non disponga diversamente è possibile che 
		un’impresa già sottoposta a  
		liquidazione coatta amministrativa (art. 296). Se però questa impresa 
		sottoposta a liquidazione coatta amministrativa non possa essere 
		sottoposta anche a liquidazione giudiziale la dichiarazione d’insolvenza 
		sarà effettuata dal tribunale su istanza del commissario giudiziale 
		(art. 297 comma 8). 
		
		La dichiarazione 
		di stato d’insolvenza da parte del tribunale è regolata dagli articoli 
		297 e 298. 
		
		Vediamo il primo 
		caso, cioè quello dell’art. 297. 
		
		
			
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		a) 
		Impresa che non può essere sottoposta alla liquidazione giudiziale che 
		prima che sia disposta la liquidazione coatta amministrativa già si 
		trovi in stato d’insolvenza. 
				
				 
		
		
		 In questi casi, per l’art. 297 e 
		salvo che la legge non disponga diversamente, il tribunale del luogo in 
		cui l’impresa ha il centro  
		degli  interessi 
		principali, dopo aver sentito il debitore ex art. 40 e l’autorità 
		che ha la vigilanza sull’impresa, 
		su ricorso di uno o più creditori o dell'autorità che ha la 
		vigilanza sull'impresa, dichiara esistendone i presupposti lo 
		stato d’insolvenza con sentenza.  
		
		Il 
		trasferimento  del 
		centro  degli 
		interessi  principali 
		intervenuto nell'anno antecedente il deposito della 
		domanda  per 
		la dichiarazione dello stato di insolvenza 
		non rileva  ai 
		fini  della 
		competenza.  Con la stessa 
		sentenza o con successivo decreto, il 
		tribunale adotta i provvedimenti  
		conservativi   
		che   ritenga  
		opportuni nell'interesse dei 
		creditori  fino 
		all'inizio  della 
		procedura  di 
		liquidazione.  
		
		La sentenza è poi 
		entro tre giorni comunicata secondo le regole ordinarie del codice di 
		procedura civile (art. 136) e all’autorità competente e anche notificata 
		ai sensi dell’art. 45 
		
		L’autorità può 
		disporre la liquidazione o, se ne ritiene sussistenti i 
		presupposti, l'avvio della  
		risoluzione  ai 
		sensi  del decreto di 
		recepimento della direttiva 2014/59/UE sulla risoluzione della crisi 
		degli enti creditizi. 
		
		Come accade per le 
		sentenze del tribunale che dichiarano la liquidazione giudiziale, anche 
		contro questa sentenza che 
		dichiara solo l’insolvenza ogni interessato può proporre reclamo ex 
		art. 51.  
		
		Come anche accade 
		per i decreti del tribunale che respingono la richiesta di liquidazione 
		giudiziale, anche in questo caso se il tribunale
		respinge la richiesta di 
		dichiarazione d’insolvenza, provvede con decreto motivato contro cui 
		sarà ammesso reclamo alla corte d’appello ex art. 50. 
		
		La richiesta di 
		dichiarazione d’insolvenza potrebbe rendersi necessaria durante la 
		procedura di concordato preventivo. 
		
		In effetti per 
		l’ottavo comma dell’art. 297 quando nel corso della procedura 
		di  concordato 
		preventivo  di 
		un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa non 
		ancora dichiarata, con  
		esclusione  della 
		liquidazione giudiziale, si verifica la cessazione della procedura 
		e sussiste lo stato  
		di  insolvenza il tribunale 
		provvede su istanza  del 
		commissario  
		giudiziale alla dichiarazione d'insolvenza. 
		Il tribunale quindi dopo aver sentito il debitore ex art. 40 e 
		l’autorità che ha la vigilanza sull’impresa dichiara esistendone i 
		presupposti tale stato con sentenza. 
		
		Tutta questa 
		procedura che abbiamo visto con l’intervento del tribunale non si 
		applica agli enti pubblici. 
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		b)
		Impresa che già 
		si trovava in stato d’insolvenza dopo l’inizio della procedura di 
		liquidazione coatta amministrativa. 
				
				
				In questo caso su 
		ricorso del commissario liquidatore o del pubblico ministero il 
		tribunale del luogo dove l’impresa ha il centro degli interessi 
		principali, in camera di consiglio accerta e dichiara con sentenza lo 
		stato d’insolvenza anche se la liquidazione è stata disposta per 
		insufficienza dell’attivo.  
		
		Si applicano le 
		regole già viste nel caso precedente e restano comunque salve le diverse 
		disposizioni  delle 
		leggi  speciali 
		relative  all'accertamento 
		dello  stato 
		di  insolvenza  
		successivo 
		
		all'apertura della liquidazione coatta amministrativa. 
				
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		Quali saranno gli 
		effetti della dichiarazione dello stato d’insolvenza ex art. 299? 
		
		Dalla data del 
		provvedimento del tribunale tutti quelli previsti, e già visti, 
		dal titolo V capo I sezione IV, cioè quelli relativi alle 
		revocatorie (artt. da 163 a 171) anche nei confronti 
		dei soci a responsabilità illimitata. Poiché le regole citate fanno 
		decorrere il tempo per le dichiarazioni inefficacia dal momento del 
		deposito della domanda di liquidazione giudiziale che qui non c’è stata, 
		l’art. 299 si preoccupa di specificare che lì dove si parla di domanda 
		di apertura di liquidazione giudiziale, i termini vanno sostituiti con 
		il deposito della domanda per l’accertamento dello stato d’insolvenza. 
		Sarà poi il commissario liquidatore, e non il curatore, ad esercitare le 
		azioni per far revocare gli atti di frode ai creditori. 
		
		Il termine di 
		decadenza di tre anni previsto dall’art. 170 per l’esercizio delle 
		azioni revocatorie e d’inefficacia nella liquidazione giudiziale va qui 
		calcolato dalla data del provvedimento di nomina del commissario 
		liquidatore, ma solo se successivo al provvedimento che accerta lo stato 
		d’insolvenza, diversamente sarà calcolato da quel provvedimento. 
		
		Sarà poi il 
		commissario liquidatore a presentare al pubblico ministero la relazione 
		ex art. 130 cioè quella che tra l’altro descrive le 
		cause dell'insorgere della crisi e 
		del  manifestarsi 
		dell'insolvenza  del 
		debitore,  sulla 
		diligenza  spiegata 
		dal  debitore  
		nell'esercizio dell'impresa, sulla responsabilità del debitore 
		o  di 
		altri  e 
		su quanto può interessare anche ai fini delle indagini 
		preliminari  in sede 
		penale che nella liquidazione giudiziale spetta la curatore. 
		 
		
		  
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