Cessazione dell'attività dell'imprenditore e liquidazione giudiziale dell'imprenditore defunto

Cessazione dell’attività dell’imprenditore

Affrontiamo due problemi che possono porsi in merito alla liquidazione giudiziale, e cioè:

a) la cessazione dell’attività dell’impresa (individuale o collettiva che sia) e….

b) la morte dell’imprenditore, fatto rilevante solo per l’impresa individuale.

Della cessazione dell’attività d’impresa se ne occupa l’art. 33 del codice che risponde e tre fondamentali domande:

1. Se l’impresa ha cessato l’attività entro quanto tempo si può ancora aprire la liquidazione giudiziale? Ci risponde il comma 1 dell’art. 33: 1. La liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell'attività del debitore, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo. Il termine è quindi di un anno, un anno dalla cessazione dell’attività, ma quando cessa l’attività?  In effetti, e ricordiamocelo, per le imprese individuali cessa realmente con la disgregazione del complesso aziendale, ma qui non stiamo parlando della cessazione reale dell’attività, ma della cessazione dell’attività dell’impresa ai fini della possibilità che venga sottoposta a liquidazione giudiziale, e allora:
2. Per il calcolo dell’anno utile per chiedere la liquidazione giudiziale, da quando di considera cessata l’attività?

Ci risponde il comma 2 dell’art. 33: 2. Per gli imprenditori la cessazione dell'attività coincide con la cancellazione dal registro delle imprese e, se non iscritti, dal momento in cui i terzi hanno conoscenza della cessazione stessa.

È obbligo dell'imprenditore mantenere attivo l'indirizzo del servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o di posta elettronica certificata comunicato all'INI-PEC, per un anno decorrente dalla cancellazione.

E allora se l’anno è passato dalla cancellazione dal registro delle imprese, e si viene a scoprire che l’impresa individuale o società non ha cessato l’attività, si può chiedere ancora la liquidazione giudiziale? Ci risponde il comma 3 dell’art. 33: 3. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta comunque salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività  da cui decorre il termine del comma 1. Quindi spetta  al pubblico ministero o al creditore dimostrare che l’attività non è cessata dopo la cancellazione e mentre per l’impresa individuale questo è sempre possibile, per gli imprenditori collettivi solo se sono stati cancellati d’ufficio dal registro delle imprese. L’ultimo comma dell’art. 33 ha invece un carattere punitivo nei confronti dell’imprenditore che è sottoposto alla liquidazione giudiziale dopo la cancellazione del registro delle imprese, per il comma 4 dell’art. 33: 4. La domanda di accesso alla procedura di concordato minore e di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti presentata dall'imprenditore cancellato dal registro delle imprese è inammissibile.

Liquidazione giudiziale e imprenditore defunto

L’art. 34 si occupa del caso della liquidazione giudiziale e la morte dell’imprenditore.  Il riferimento è all’impresa individuale che sia cessata per la morte dell’imprenditore e che si trovava nelle condizioni per essere sottoposta alla liquidazione giudiziale.  L’art. 34 dispone che la liquidazione giudiziale può essere aperta nei confronti dell’imprenditore defunto alle stesse condizioni previste per l’art. 33, cioè alle stesse condizioni previste in caso di cessazione dell’attività, che abbiamo visto nel paragrafo precedente.

Questo articolo 34 riproduce nella sostanza il contenuto dell’art. 11 della legge fallimentare, che pure faceva riferimento all’art. 10 della legge fallimentare che si occupava della richiesta di fallimento nei confronti dell’impresa cessata e anche nell’art. 11 non si specificava che in realtà l’anno utile per chiedere il fallimento non era dalla cancellazione dell’impresa dal registro delle imprese, ma dalla morte dell’imprenditore. La riforma non ha voluto specificare questa condizione, riproponendo la disciplina della legge fallimentare come era stata già interpretata, e cioè la liquidazione giudiziale dell’imprenditore defunto può essere chiesta entro un anno dalla sua morte. L’art. 34 si occupa poi dell’erede dell’imprenditore defunto che ne chiede la liquidazione giudiziale; può farlo, ma a due condizioni:

a) deve avervi interesse, per es. è creditore del defunto;
b) non deve esservi stata confusione tra i due patrimoni, e cioè quello dell’erede e quello dello imprenditore defunto.
Se la procedura di liquidazione è aperta, cessano anche gli effetti della separazione chiesta dai creditori dell’imprenditore defunto, ex art. 512 c.c.

L’art. 35 si occupa di un caso diverso rispetto a quello appena visto. Accade che la procedura di liquidazione controllata o giudiziale sia aperta nei confronti dell’imprenditore individuale, ma questi poi muoia. In questo caso la procedura proseguirà nei confronti degli eredi del defunto, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario.  Se ci sono più eredi, la procedura prosegue nei confronti di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo sulla designazione, vi provvede il giudice delegato entro quindici giorni dalla morte del debitore.

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