Caso Sofri

 Il caso Sofri, che sarebbe meglio definire "Caso Bompressi", visto che Sofri non ha mai chiesto la grazia, ha opposto nel 2004 il Presidente della Repubblica Ciampi, che voleva concedere la grazia a Bompressi, al ministro della giustizia Castelli, che si rifiutava di controfirmare l'atto, ritenendo il potere sostanzialmente governativo; la questione è stata risolta dalla Corte Costituzionale, investita dal Presidente della Repubblica per il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, con sentenza n. 200\2006.

La Corte in un passaggio della sentenza precisa che:

Se il Guardasigilli formula la “proposta” motivata di grazia e predispone lo schema del provvedimento mostra ovviamente con ciò di ritenere sussistenti i presupposti, sia di legittimità che di merito, per la concessione dell’atto di clemenza.

Spetterà, poi, al Presidente della Repubblica valutare autonomamente la ricorrenza, sulla base dell’insieme degli elementi trasmessi dal Guardasigilli, di quelle ragioni essenzialmente umanitarie che giustificano l’esercizio del potere in esame. In caso di valutazione positiva del Capo dello Stato seguirà la controfirma del decreto di grazia da parte del Ministro, che provvederà a curare anche gli adempimenti esecutivi.

Quanto, segnatamente, alla controfirma, pur necessaria per il completamento della fattispecie, è da rilevare – in via generale – come essa assuma un diverso valore a seconda del tipo di atto di cui rappresenta il completamento o, più esattamente, un requisito di validità. È chiaro, infatti, che alla controfirma va attribuito carattere sostanziale quando l’atto sottoposto alla firma del Capo dello Stato sia di tipo governativo e, dunque, espressione delle potestà che sono proprie dell’Esecutivo, mentre ad essa deve essere riconosciuto valore soltanto formale quando l’atto sia espressione di poteri propri del Presidente della Repubblica, quali – ad esempio – quelli di inviare messaggi alle Camere, di nomina di senatori a vita o dei giudici costituzionali. A tali atti deve essere equiparato quello di concessione della grazia, che solo al Capo dello Stato è riconosciuto dall’art. 87 della Costituzione.

La Corte ha ritenuto, quindi, che la concessione della grazia è potere presidenziale e almeno su questo, e sulla nomina dei senatori a vita, possiamo avere una autorevole conferma.