Annullamento e risoluzione del concordato

Il concordato preventivo può essere annullato o risolto negli stessi casi previsti per il concordato fallimentare.
L'art. 186 l.f. espressamente richiama gli articoli 137 e 138 della legge fallimentare, limitandosi ad precisare che lì dove nel concordato fallimentare si parla di curatore, il riferimento si intende, nel concordato preventivo, al commissario giudiziale.

A differenza di quanto accade nel concordato fallimentare, dove per ottenere la risoluzione  basta che non siano adempiuti "regolarmente" gli obblighi previsti, qui la risoluzione non può essere chiesta se l'inadempimento ha scarsa importanza, riproponendo, così,  la regola prevista  nella risoluzione del contratto per inadempimento, dove è, appunto,  previsto che la risoluzione non può essere chiesta quando l'inadempimento "ha scarsa importanza avuto riguardo per l'interesse dell'altra parte" (art. 1455 c.c.); si tratta, quindi, di una regola meno rigida rispetto a quella prevista per il concordato fallimentare.

Qui, però, non si fa riferimento "all'interesse dell'altra parte" richiamato dal codice civile, e il motivo si coglie che nell'art. 1455 c.c. si fa riferimento a un contratto a prestazioni corrispettive, mentre nel caso di concordato fallimentare c'è stata una lunga procedura, e che, quindi, la scarsa importanza dell'inadempimento deve avere una valenza maggiormente oggettiva rispetto al caso dell'art. 1455 c.c.

La risoluzione è chiesta con ricorso entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal concordato.

Ci si chiede se  con l'annullamento o la risoluzione possa essere chiesto il fallimento del debitore, visto che questa ipotesi non è prevista, diversamente da quanto accade nel caso di mancata omologazione del concordato, o di mancata ammissione alla procedura ex art. 162;
in realtà la mancata previsione del fallimento, in questo caso, non ha alcun effetto particolare, perché è evidente che venuto meno il concordato, si riapre la possibilità di chiedere il fallimento se vi sono i presupposti, solo che questo ben difficilmente, mancando un'esplicita previsione legislativa, potrà essere chiesto contestualmente alla domanda di risoluzione o annullamento.

Altro problema riguarda la posizione, in caso di fallimento, dei creditori che sono diventati tali durante la procedura dei concordato, durante la quale, ricordiamo, il debitore non perde l'amministrazione del suo patrimonio. A ciò risponde l'art. 111 comma 2 secondo cui i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare, sono considerati prededucibili.

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