Chiusura del fallimento

Il fallimento, come visto, è una procedura complessa, e anche la sua chiusura non poteva essere semplice e immediata.

Vediamo, allora, quali sono i presupposti della chiusura del fallimento.

casi di chiusura del fallimento
(art. 118 l.f.)
oltre al caso di concordato fallimentare, il fallimento di chiude
1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo
2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione
3) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo
4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali,  né i crediti prededucibili e le spese di procedura

Come si vede si tratta di quattro casi, ma solo nei casi 3) e 4), quando si tratti di fallimento di società, il curatore ne chiede anche la cancellazione dal registro delle imprese.
Potrebbe darsi che sono in corso dei giudizi nei quali il curatore è parte, e verrebbe da chiedersi se è possibile chiudere il fallimento con la ripartizione finale dell’attivo in pendenza di tali giudizi. La risposta ci è data dal secondo comma dell’art. 118 l.f. così come modificato dal d.l. 83\2015 secondo cui tale chiusura può essere disposta anche in tale caso. È anche vero, però, che le spese future relative a tali giudizi pendenti sono trattenute dal curatore, secondo quanto previsto dall’art. 117 l.f. e se poi vi sono nuove somme ottenute in seguito all’esito favorevole di tali giudizi sono ripartite tra i creditori.
In questi casi restano ancora in carica il giudice delegato e il curatore, ma solo per la cura di questi giudizi pendenti ( art. 120 l.f. comma 5).
Può darsi, infine, che  alla conclusione dei giudizi pendenti consegua, per effetto di riparti, il venir meno dell'impedimento all'esdebitazione di cui al comma secondo dell'articolo 142; in tal caso il debitore può chiedere l'esdebitazione nell'anno successivo al riparto che lo ha determinato.

 In merito al caso di cui al punto 1), poi, dobbiamo osservare che la domanda (o le domande) che evitano la chiusura devono essere presentate tempestivamente, cioè almeno 30 gg. prima dell'udienza fissata per la verifica dello stato passivo; non è chiaro, però, se le domande volte alla restituzione di cose mobili o immobili o di rivendicazione, tempestivamente depositate, siano in grado di evitare la chiusura del fallimento.
Il merito al punto 4) dobbiamo distinguere questa ipotesi da quella prevista dall'art. 102 l.f. relativa alla previsione di insufficiente realizzo.
In quel caso, infatti, si scopre che non è opportuno procedere all' accertamento del passivo, perché l'attivo non è sufficiente a soddisfare i creditori concorsuali, ma può bastare solo a soddisfare i crediti prededucibili e le spese della procedura; in questo caso, invece, l'attivo fallimentare non può soddisfare, nemmeno in parte, nessun credito, sia esso di natura concorsuale oppure prededucibile e si giunge alla chiusura del fallimento.

 Vediamo nello schema che segue le fasi fondamentali di questo procedimento (art. 119 l.f.), ricordano che sulle parole in corsivo si attiva il relativo collegamento.

                                                

Come si vede la decisione del tribunale può essere sottoposta a impugnazione; nel caso in cui ciò avvenga il decreto acquista efficacia quando le impugnazioni siano state definitivamente rigettate.
Se non vi sono state impugnazioni  il decreto di chiusura acquista efficacia quando è decorso il termine per il reclamo.

Vediamo ora quali sono gli effetti della chiusura del fallimento secondo gli articoli 118 e 120 l.f.

effetti della chiusura del fallimento
cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e le conseguenti incapacità personali e decadono gli organi preposti al fallimento
le azioni esperite dal curatore per l'esercizio di diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite
i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo che non vi sia stata esdebitazione; il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all'art. 634 del c.p.c., cioè prova scritta idonea ad ottenere un decreto ingiuntivo non esecutivo

Particolarmente interessante è l'ultima parte dell'art. 118 relativo alle società fallite; secondo l'ultimo comma dell'art. 118:

Nei casi di chiusura di cui ai numeri 3 e 4), ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese. La chiusura della procedura di fallimento della società nei casi di cui ai numeri 1) e 2) determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell'art. 147, salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale.

Da questa disposizione si evince che non sempre il fallimento è causa di estinzione della società, ma solo nelle ipotesi in cui questo si sia chiuso per le ipotesi  in cui è compiuta la ripartizione finale dell'attivo( n.3 ) e quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali,  né i crediti prededucibili e le spese di procedura (n.4); nelle altre ipotesi, invece, saranno i soci a scegliere di andare avanti con l'attività oppure decidere di cessarla.
Se poi erano falliti anche i soci in seguito al fallimento della società ( nel caso, quindi, si s.n.c. s.a.s. e s.a.a.), sono chiusi anche i fallimenti aperti nei confronti di questi, salvo che uno di questi non fosse già fallito come imprenditore individuale.

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