Esercizio provvisorio dell'azienda del fallito

Il fallimento seguito dalla immediata cessazione dell'attività di impresa, è in genere il mezzo migliore per evitare che i creditori dell'impresa subiscano ulteriori pregiudizi.
In certi casi, tuttavia, questa cessazione immediata potrebbe ripercuotersi negativamente sugli stessi creditori, o su altri soggetti;
pensiamo, ad esempio, ad una commessa ottenuta dall'imprenditore fallito che già aveva provveduto in gran parte alla produzione, o ad altre situazioni che rendono sconsigliabile interrompere la produzione;

La continuazione dell'attività di impresa può avvenirne in due momenti (art. 104 l.f.), grazie  iniziativa dello  tribunale, il secondo su iniziativa del curatore, ma con il parere determinate del comitato dei creditori, volto alla continuazione dell'attività di impresa autorizzata dal tribunale .

Vediamo le ipotesi.

Esercizio Provvisorio
iniziativa del tribunale è disposto con la sentenza dichiarativa del fallimento; il tribunale può disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa, anche limitatamente a specifici rami dell'azienda, se dalla interruzione può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori
intervento del curatore dopo che il tribunale ha autorizzato l'esercizio provvisorio, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza, con decreto motivato, la continuazione temporanea dell'esercizio dell'impresa, anche limitatamente a specifici rami dell'azienda, fissandone la durata

L'art. 104 condiziona, quindi, l'esercizio provvisorio all'esistenza di un "danno grave" ( e non più di un danno "grave e irreparabile" di cui vecchio art. 90 l.f.); viene allora da chiedersi chi debba essere protetto dal danno grave di cui parla l'art. 104 primo comma.

Dalla lettura della norma emerge che il danno non debba necessariamente riguardare i creditori, anzi l'aver specificato che l'esercizio provvisorio può essere disposto quando " dalla interruzione può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori", induce a ritenere che il danno possa riguardare altri soggetti (ad es. i dipendenti dell'azienda), ma questi altri soggetti possono essere tutelati solo quando la loro protezione non danneggi i creditori.

Tornando alle ipotesi dell'art. 104 l.f. sembra che il successivo intervento del curatore, del giudice delegato e del comitato dei creditori, abbia una sorta di funziona autorizzativa, o meglio di ratifica dell'operato del tribunale, e che non sarebbe possibile  l'esercizio provvisorio senza che l'abbia già disposto il tribunale nella sentenza di fallimento;
sembra più corretto, però, ritenere che possa essere disposto l'esercizio provvisorio anche dopo la sentenza, che nulla aveva deciso in proposito;
è vero infatti che l'art. 104 ter l.f. al comma 2 lett. a) prevede che nel programma di liquidazione il curatore possa specificare "
l'opportunità' di disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell'art. 104"; questa norma non avrebbe senso se il curatore potesse solo autorizzare la continuazione dell'attività d'impresa già disposta dal tribunale;
d'altro canto la citata disposizione dell'art. 104 ter ci indica anche quando il curatore può avanzare questa proposta, sia nel caso in cui creda che sia opportuno disporla per la prima volta, ma anche nel caso in cui debba mettere in moto la procedura per permettere la continuazione dell'attività d'impresa già disposta dal tribunale; ciò deve accadere nel termine indicato dall'art. 104 ter per la predisposizione del programma di liquidazione, e cioè 60 gg. dalla redazione dell'inventario.
Possiamo quindi individuare due ipotesi:

Se invece accettiamo l'ipotesi per cui l'attività d'impresa possa solo continuare e non essere ripresa autonomamente grazie all'iniziativa del curatore, dovremmo ritenere che solo il tribunale possa disporre l'esercizio provvisorio dell'attività d'impresa che poi sarà sottoposta la parere del comitato dei creditori in merito alla sua continuazione.

In ogni caso la continuazione o la ripresa dell'attività di impresa (o di un suo ramo), richiede l'intervento determinate del comitato dei creditori (che esprime parare vincolante) e ciò si spiega per due motivi:
1. i creditori sono coloro che possono meglio valutare se l'esercizio provvisorio sia conforme ai loro interessi o quanto meno non li pregiudichi;
2. i crediti che sorgeranno durante l'esercizio provvisorio  saranno crediti prededucibili; dovranno quindi essere soddisfatti prima dei crediti concorsuali per l'intero valore, nei limiti dell'attivo fallimentare (art. 111 comma 1 l.f.).
Funzionale all'esercizio provvisorio è la previsione dell'art. 104 l.f. comma 7 relativa alla continuazione dei contratti pendenti, ma il curatore può riservarsi il potere di scioglierli o di sospenderli.

Vediamo ora, nello schema che segue le modalità di continuazione dell'esercizio provvisorio.

Indipendentemente dalla volontà dei creditori, il tribunale, in qualsiasi momento, può ordinare la cessazione dell'esercizio quando ne ravvisi l'opportunità. La decisione è presa con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentiti il curatore ed il comitato dei creditori.
Per i contratti ancora incorso di esecuzione si applica la disciplina generale ex art. 72 l.f.

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