L'impresa familiare

 
 
definizione
art. 230 bis c.c.
è quell'impresa in cui collaborano in maniera continuativa il coniuge, la persona unita civilmente,  i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo dell'imprenditore

 

Questa figura di impresa è stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia per tutelare le posizioni di coloro che, legati da vincoli di parentela o di affinità con l'imprenditore, prestano la loro attività lavorativa a favore dell'impresa. Come si vede dalla definizione, al coniuge, ai parenti e agli affini indicati, si è aggiunta anche la persona che è unita civilmente con l'imprenditore; stiamo quindi parlando del caso in cui l'imprenditore abbia contratto un'unione civile con una persona dello stesso sesso, secondo le regole previste dalla legge sulle unioni civili ( l.  n. 76\2016).
La legge sulle unioni civili ha sostanzialmente parificato la parte di un'unione civile al coniuge per l'applicazione della disciplina sull'impresa familiare, ma ciò non è avvenuto modificando il codice civile, bensì per un rinvio operato dalla stessa legge  n. 76\2016 ( comma 13 art.1).
Tornado all'impresa familiare, dobbiamo chiederci per quale motivo il legislatore ha deciso di introdurre una specifica disciplina derogatoria delle regole previste per l'impresa individuale che vede l'imprenditore come l'unica persona in grado di prendere le decisioni e di far propri tutti gli utili prodotti dall'impresa. La risposta la troviamo in un'esigenza di tutela dei familiari che collaborano nell'impresa.
Può succedere, infatti, che a causa di detti rapporti di parentela l'imprenditore ( di solito anche "capo famiglia") possa abusare di questa sua posizione nei confronti dei suoi familiari.
Se, quindi, il familiare non lavora nell'impresa ad altro titolo, magari con un regolare contratto di lavoro subordinato, la legge gli garantisce comunque una tutela.

Vediamo quali sono i diritti che spettano ai familiari dell'imprenditore

mantenimento diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia

 

partecipazione agli utili  partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato

 

partecipazione alla gestione dell'impresa le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa

 

trasferimento dei diritti di partecipazione  i diritti che scaturiscono dalla partecipazione all'impresa familiare sono intrasferibili, a meno che il trasferimento non sia a favore di altro familiare che possa far parte di detta impresa e con il consenso di tutti gli altri. La liquidazione dei diritti di partecipazione, per qualsiasi causa avvenga,può avvenire anche in denaro 

 

diritto di prelazione in caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i familiari partecipi hanno diritto di prelazione sulla azienda

 

Come si vede dalla tabella, nell'impresa familiare i poteri dell'imprenditore sono stati limitati in misura rilevante a causa della partecipazione alla gestione dell'impresa degli altri familiari; per questo motivo si è ritenuto che questo tipo d'impresa rientrasse nel tipo dell'impresa collettiva e non di quella individuale.

La tesi oggi prevalente, invece, la colloca nell'ambito dell'impresa individuale. L'accoglimento di questa tesi comporta una serie di conseguenze:

  1. Unico proprietario dei beni dell'impresa è l'imprenditore;
  2. Unico responsabile per le obbligazioni che scaturiscono dalla attività d'impresa è l'imprenditore;
  3. Il fallimento dell'imprenditore non comporta il fallimento dei familiari partecipanti all'impresa;
  4. La gestione ordinaria dell'impresa spetta esclusivamente all'imprenditore;
  5. I familiari non possono far annullare le decisioni prese dall'imprenditore in merito ad atti di gestione a loro riservati, ma potranno chiedere il risarcimento del danno subito.

Ricordiamo, infine, che è stato aggiunto al codice civile l’art. 230 ter , che parifica, ma solo in parte, la posizione del convivente di fatto a quella del familiare o affine all’interno dell’impresa familiare.

L’art. 230 ter è stato aggiunto dalla legge sulle unioni civili (l. 20 maggio 2016 n. 76) che, come già detto,  ha anche inserito la persona unita civilmente tra i soggetti destinatari della disciplina dell’impresa familiare al pari del coniuge (comma 13 art. 1).

Secondo l’art. 230 ter: Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa dell'altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.

 

Sentenze cassazione rilevanti ( fonte De Agostini Giuridica);

Cass. civ. Sez. Unite, 06-11-2014, n. 23676
IMPRESA ED IMPRENDITORE

L'istituto dell'impresa familiare risulta incompatibile con la disciplina societaria.