Interpretazione della legge e analogia

L'attività d'interpretazione delle norme è sicuramente alla base dello studio del diritto, in quanto cerca di andare oltre il semplice significato letterale delle parole usate per cogliere gli aspetti fondamentali di una norma ed applicarla alle svariate situazioni concrete per cui è stata creata; già da queste prime battute ci accorgiamo che interpretare una legge è un'attività più complessa di quello che appare,  perché il semplice coordinamento delle parole di cui è composta, pur costituendo un fondamentale punto di partenza, non basta, e ciò per una serie di ragioni, riassumiamole:

Avendo ben chiare queste premesse, cerchiamo di verificare come il legislatore vuole che sia svolta l'attività d'interpretazione; riportiamo, quindi, il primo comma dell'art. 12 disp. prel. relativo all'interpretazione della legge:

Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. 

Per applicare è necessario prima interpretare e per interpretare bisogna, secondo l'art 12, in primo luogo:

  1. individuare il senso palese delle parole secondo la connessione di esse, cioè procedere ad una interpretazione letterale;
  2. attraverso l'interpretazione letterale bisogna ricercare l'intenzione del legislatore: interpretazione logica.

Come si vede si tratta di due passaggi successivi:
1. interpretazione letterale ----> 2. individuazione della volontà del legislatore.
Ma come è possibile ricercare l'intenzione del legislatore, la voluntas legis?
Possiamo usare diversi criteri; 
il primo è quello storico, che cerca il l'intenzione del legislatore in relazione al momento storico in cui è stata emanata: interpretazione storica.
Con il secondo s'interpreta la legge in connessione e riferimento della sua collocazione dell'intero sistema normativo: interpretazione sistematica.

Esaurita in maniera completa l'attività d'interpretazione (letterale e logica) si perverrà a dei risultati che potranno essere non perfettamente coincidenti con il significato delle parole usate nella legge. In conseguenza di ciò potremmo avere:

  1. interpretazione restrittiva,  quando si restringe il significato della parola usata dal legislatore, cioè si limita l'uso normale di quel termine;
  2. interpretazione estensiva, quando, all'opposto si estende il significato delle parole oltre l'uso cui sono normalmente destinate.

Consideriamo infine il caso in cui interpretazione letterale e  logica coincidano perfettamente, caso in verità abbastanza raro. Si parla in questi casi di interpretazione dichiarativa.

Chiudiamo il discorso sull'interpretazione considerando i soggetti da cui proviene; possiamo distinguere:

Quest'ultima interpretazione, però, sembra più essere una nuova produzione normativa, che vera interpretazione, poiché proviene dallo stesso legislatore; del resto in base al principio della separazione dei poteri, che è uno dei cardini del nostro ordinamento, l'interpretazione spetta al potere giudiziario, più che a quello legislativo. 

Analogia

Il secondo comma dell'articolo 12 delle preleggi recita:

Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato 

Questa situazione è diversa rispetto all' interpretazione restrittiva. In quest'ultimo caso, infatti, esiste una norma da interpretare mentre nell'ipotesi di portata dal secondo comma dell'articolo 12 non si riesce ad individuare " una precisa disposizione " idonea a risolvere una controversia.
vi è quindi una lacuna dell'ordinamento giuridico che andrà colmata ricorrendo ad un procedimento logico chiamato " analogia ".

Sempre all'articolo 12 ricaviamo che l'analogia può essere di due specie:

  1. analogia legis: il caso è disciplinato ricorrendo ad un'altra norma che regola un caso simile; 
  2. analogia iuris: si ricorre quando non si riesca a trovare una norma simile per disciplinare il caso pratico che viene regolato ricorrendo ai principi generali dell'ordinamento giuridico.

L'analogia non può essere sempre applicata perché secondo l'articolo 14 delle disposizioni preliminari:

Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati

Il divieto è stato voluto per evitare facili abusi, nel caso delle leggi penali, e per evitare che attraverso l'interpretazione analogica si ponessero in crisi principi generali;
le norme eccezionali, infatti, sono tali proprio perché derogano a regole generali. È facile comprendere, quindi, i risultati che scaturirebbero da un'interpretazione analogica di norme eccezionali.

Giurisprudenza

Per ricorrere all’analogia vi dev’essere un vuoto normativo.

Cass. civ. Sez. I, 11-02-2015, n. 2656
Il ricorso all'analogia è consentito dall'art. 12 delle preleggi solo quando manchi nell'ordinamento una specifica disposizione regolante la fattispecie concreta e si renda, quindi, necessario porre rimedio ad un vuoto normativo altrimenti incolmabile in sede giudiziaria. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva erroneamente fatto ricorso all'analogia, avendo applicato i principi codicistici in tema di distanze nelle costruzioni in una materia, come quella delle costruzioni a confine della sede stradale, che è speciale ed esaustivamente disciplinata dal codice della strada). (Cassa con rinvio, App. Bologna, 27/07/2006). FONTI CED Cassazione, 2015

Cass. civ. Sez. VI - 2, 15-05-2015, n. 10054
In tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, la disposizione sulla misura massima dell'indennizzo, di cui all'art. 2 bis, comma 3, della legge 24 marzo 2001, n. 89, introdotta dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, ed operante per i ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione, non può essere applicata, in via di analogia, ad una domanda presentata anteriormente a tale data, non essendo consentito il ricorso ad essa, agli effetti dell'art. 12, secondo comma, delle preleggi, ove non sussista il presupposto del vuoto normativo da colmare. (Cassa e decide nel merito, App. Potenza, 10/09/2013). FONTI CED Cassazione, 2015

 

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