Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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condizione legale

Affine alla condizione volontaria, che abbiamo appena visto, è la condizione legale, o condicio iuris che non è posta dalle parti ma dalla legge. 
In altre parole le parti subordinano l’efficacia di un contratto, già perfezionato e quindi vincolante, all’avverarsi della condizione voluta dalla legge.  L’ipotesi di condizione legale cui si fa più spesso riferimento è relativa ai contratti conclusi tra privati e enti pubblici; tali contratti potranno avere efficacia solo se saranno autorizzati dagli organi di detti enti pubblici, secondo le regole del procedimento amministrativo.
Come si vede è la legge che vuole che vi sia tale autorizzazione ( o il diverso provvedimento previsto dalla norma) , senza il quale il contratto, pur vincolante e valido, almeno inizialmente, non può produrre efficacia.
La condizione legale può essere sospensiva o risolutiva, ma il problema più dibattuto riguarda i rapporti tra condizione legale e condizione volontaria, e, in particolare, se sia applicabile alla condizione legale la disciplina prevista per la condizione volontaria.

Vi sono, in proposito, tesi che ritengono essere la condizione legale del tutto estranea alla condizione  prevista dal codice civile, ma si ritiene, in prevalenza, che entrambi i tipi di accadimenti siano riferibili a un concetto comune di condizione, se non altro perché in tutti e due i casi gli effetti del contratto (o la sua risoluzione) sono subordinati a una circostanza esterna al contratto, di regola futura e dotata di un grado di incertezza più o meno ampio.
Stabilito che anche la condizione legale è assimilabile alla condizione volontaria, sorge l’ulteriore problema di stabilire quali siano le regole previste per la condizione volontaria applicabili (o non applicabili) alla condizione legale, perché è fuor di dubbio che poiché la condizione legale trova la sua fonte nella legge, e non nella volontà delle parti, non tutte le regole previste per dal codice civile agli artt. 1353 e ss. le siano applicabili. Si ritiene quindi, che anche in questo caso la parte debba comportarsi secondo buona fede per mantenere integre le ragioni dell’altra, come anche si ritiene che in pendenza della condizione legale sorgano situazioni di aspettativa giuridicamente tutelabili.
Maggiori dubbi sorgono in tema di retroattività della condizione legale, anche se si reputa che questa abbia efficacia retroattiva, salvo che tale effetto sia incompatibile con la disciplina normativa prevista per il singolo caso di condizione legale. Non è ovviamente applicabile la regola sulla rinuncia della condizione unilaterale, perché si tratta di scelte che non rientrano nella discrezionalità della parte, nel nostro esempio non potrebbe certo l’ente pubblico stabilire che il contratto con il privato potrà avere efficacia anche se non è stato autorizzato dall’organo competente.
Non trova spazio, poi, la finzione di avveramento della condizione prevista dall’art. 1359 cc. perché nel caso in cui una parte abbia agito per non fare avverare la condizione legale, ad es. impedisce che sia rilasciata una autorizzazione, non si può pensare che questa comunque vi sia stata. Potrebbe trattarsi, in tal caso, di inadempimento colpevole e la parte danneggiata potrebbe agire per il risarcimento del danno, e sempre che non scelga poi di attivare le procedure giurisdizionali o amministrative volte a far annullare la decisione illegittima prese dalla pubblica amministrazione, recuperando così gli effetti della mancata condizione.

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