Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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elementi accidentali del testamento

Anche al testamento, come accade per gli altri negozi giuridici, si possono apporre la condizione il termine e il modo, con particolari regole dovute alla natura dell'atto; cominciamo dalla condizione:

 È quindi possibile apporre condizioni al testamento con i limiti che abbiamo visto, ma cosa accade se le condizioni si avverano? E cosa accade nel periodo di pendenza?
Cominciamo dall'ipotesi di avveramento della condizione. Secondo l'art. 646 c.c. l'adempimento della condizione ha efficacia retroattiva, (e questo è normale), ma se la condizione è risolutiva, se è pur vero che il beneficiario della disposizione sarà tenuto a restituire quanto ha ricevuto, sarà anche vero che dovrà restituire i frutti dal giorno in cui si è verificata la condizione e non dal giorno in cui li ha percepiti; in tal modo si è limitata la retroattività della condizione. Parliamo ora della pendenza della condizione risolutiva: l'autorità giudiziaria può imporre all’erede o al legatario di prestare idonea garanzia a favore di coloro ai quali l’eredità o il legato dovrebbe devolversi nel caso che la condizione si avverasse ( art. 639 c.c.). Durante il periodo di pendenza bisogna distinguere tra condizione sospensiva e risolutiva. Non è specificato che cosa s'intende per "idonea garanzia", ma è chiaro che questa è lasciata alla discrezionalità del magistrato in relazione alle circostanze e all'uso che viene fatto del bene sottoposto a condizione.
Passiamo alla pendenza della condizione sospensiva: nel caso di legato, l’onerato può essere costretto a dare idonea garanzia  al legatario, salvo che il testatore abbia diversamente disposto ( art. 640 c.c.); nel caso di erede istituito sotto condizione sospensiva finché questa condizione non si verifica o non è certo che non si può più verificare, è dato all’eredità un amministratore ( art. 641 c.c.). L'amministratore può essere nominato anche quando non si sia prestata la garanzia in tutti casi che abbiamo sopra indicato, o quando si sia indicato come erede un non concepito di una persona vivente (art. 643 c.c.).
Passiamo, ora, al termine.
Nella disposizione a titolo universale il termine si considera non apposto, sia esso finale ( perché non è consentito che sia abbiano eredi a termine, semel heres semper heres) o iniziale  perché interromperebbe la continuità della titolarità ( art. 637 c.c.); è possibile il legato a termine.

Concludiamo parlando del modo o onere.
Come sappiamo questo è un peso imposto dall'autore di un atto liberalità sul beneficiario dell'atto stesso e consiste, in questo caso, in una prestazione di fare o di non fare posta a carico dell'erede o del legatario che limita il valore della disposizione testamentaria. Anche il modo può essere illecito o impossibile e si considera non apposto; se, tuttavia, è stato il solo motivo che ha spinto il testatore a disporre, rende nulla l'intera disposizione testamentaria (art. 647 c.c.). L'inadempimento del modo può spingere qualsiasi interessato ad agire per costringere l'onerato ad adempiere. L'autorità giudiziaria può giungere anche alla risoluzione della disposizione testamentaria se questa è stata prevista dal testatore, o se l’adempimento dell’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione ( art. 648 c.c.).

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