Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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il testamento come negozio giuridico

Prima di affrontare analiticamente il testamento, è utile porre l'attenzione sulle sue caratteristiche che lo individuano come negozio giuridico, e delle particolarità che lo riguardano.  Come sappiamo i negozi giuridici rappresentano una categoria vastissima di atti, dove è rilevante l'elemento dell’autonomia privata. Gli elementi essenziali sono la volontà, la causa, i soggetti e la forma. Elementi accidentali sono la condizione, il termine e il modo.
Come si presentano questi elementi nel testamento?
Rispondiamo che per questo atto valgono le regole generali in tema di negozio giuridico (che ovviamente qui non ripeteremo), ma con alcune particolarità dovute alla caratteristica fondamentale del testamento: essere un atto mortis causa.

Cominciamo con la volontà.

Per essere validamente espressa deve rispondere a determinate caratteristiche. Trattandosi della volontà di una persona defunta, non è certo possibile richiedere a questa dei chiarimenti e, di conseguenza, la volontà deve manifestarsi per intero nel testamento. Da questo punto di vista si afferma che la volontà deve essere "completa e definiva". In altre parole il testatore deve preoccuparsi di ben indicare chi sarà l'erede (o gli eredi); dall'atto, inoltre dovrà emergere che il testatore ha voluto disporre dei suoi beni per dopo la morte.
La regola che abbiamo appena esposto, però, non deve essere intesa in maniera troppo severa; proprio perché il testamento è un atto di "ultima volontà”, si è cercato, nei limiti del possibile, di salvaguardare questa volontà, e a conferma di quanto stiamo dicendo, l'art. 625 c.c. pone una regola che sarebbe difficilmente applicabile ai negozi tra vivi.
Secondo questo articolo, infatti, l'erronea indicazione della persona dell'erede o del legatario non causa la nullità della disposizione testamentaria quando dal contesto dell'atto sia possibile determinare in modo non equivoco il vero beneficiario.
Questo, però, non significa che basti una volontà in qualsiasi modo espressa per aversi testamento; sappiamo, infatti, che la mancanza delle forme previste dalla legge può rendere nullo il testamento;
il testatore deve comunque sforzarsi di porre in essere un atto che non crei incertezze sulla persona beneficiario, un atto dove risulti chiara la sua volontà definitiva di disporre dei suoi beni dopo la sua morte.
Per questi motivi l'art. 628 c.c. stabilisce che:” È nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata”.

Altro elemento della volontà testamentaria e la sua "spontaneità";
questo elemento si presenta in maniera diversa rispetto agli altri negozi giuridici; in un contratto, ad esempio, un contraente può essersi obbligato a stipulare un successivo contratto (nell'opzione, ad esempio); ebbene se si stipulerà il successivo contratto, questo sarà del tutto valido, anche se si era obbligati a farlo. Per il testamento, invece, la volontà deve essere totalmente spontanea, cioè priva di condizionamenti, se non di ordine morale o comunque personale.
Non solo il testatore non deve essere stato costretto a redigere il testamento (e ciò è normale), ma non deve nemmeno essersi obbligato a redigerlo o a redigerlo in un certo modo, poiché vi è espresso divieto dei patti successori (art. 458 c.c.). Riassumiamo e puntualizziamo quanto detto in merito alla volontà testamentaria che deve essere:

Parlando della volontà è naturale considerarne anche i vizi.
L'art. 624 c.c. espressamente riconosce la rilevanza dei tradizionali vizi della volontà prevedendo l'annullabilità della disposizione viziata. Si tratta di annullabilità assoluta perché può essere proposta da chiunque vi abbia interesse, e l'azione si prescrive nell'ordinario termine di cinque anni. Delle particolarità comunque si riscontrano in merito alle caratteristiche dei vizi invalidanti. Vediamo:

 In definiva anche nella disciplina dei vizi della volontà si scorge l'intento del legislatore di privilegiare la libera volontà del defunto.

Consideriamo ora la causa.

Come già è emerso, il testamento è un negozio giuridico con causa tipica che consiste nel disporre " per il tempo in cui il testatore avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse". La morte è quindi elemento rilevante del negozio-testamento, non per la sua validità, ma per la sua efficacia. 
L'atto è perfettamente valido sin dal momento della sua redazione, ma sarà efficace solo dopo la morte del testatore ed in questo senso deve intendersi l'espressione "negozio mortis causa". Anche per la causa, però, particolare rilevanza hanno i motivi, ma solo se illeciti; mentre nei contratti il motivo illecito è causa di nullità solo se comune ad entrambe le parti, nel testamento il motivo illecito è causa di nullità solo se è stato l'unico che ha spinto il testatore a disporre (art. 626 c.c.).

Passiamo, ora, al soggetto.

Trattandosi di atto unilaterale e unipersonale, si dovrà considerare solo la persona del testatore.  Il testamento è, infatti, atto personalissimo. Non è quindi ammesso il testamento congiuntivo (art. 589 c.c.). Non è quindi possibile farsi sostituire da un'altra persona nella sua redazione, anche se si può incaricare un terzo di scegliere la persona del legatario tra più individui indicati dal testatore; si parla in quest'ultimo caso di legato alternativo (art. 631 comma 2 c.c.). 

È nulla, invece, ogni disposizione dove la scelta dell'erede o del legatario è lasciata all'arbitrio del terzo (art. 631 comma 1). Della capacità di disporre per testamento ce ne occuperemo in seguito; per ora possiamo solo dire che l'art. 591 c.c. indica tassativamente coloro che non sono capaci di disporre per testamento.

Passando alla forma, infine, ribadiamo che il testamento è negozio solenne, deve essere redatto, cioè, secondo le regole previste dal codice civile a pena di nullità. Si tratta, quindi, di un negozio tipico, ma non basta: la tipicità è assoluta, poiché non è possibile disporre delle proprie sostanze dopo la morte se non con testamento.

 

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