Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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interpretazione e qualificazione del contratto

Video, interpretazione del contratto  

 Nell’applicazione delle regole contenute in un contratto, spesso possono sorgere dubbi circa la loro interpretazione; può accadere, ad esempio, che le parti si trovino in disaccordo su quanto stabilito in merito al luogo di pagamento, perché l'atto parla del solo domicilio del creditore, senza specificare se sia possibile utilizzare anche la residenza.
Tale questione non è senza rilievo, perché è possibile che le parti si siano riferite in modo generico al domicilio, volendo comprendere anche la residenza. Può quindi sorgere un problema d’interpretazione, e se rimane il disaccordo circa il contenuto dell'atto, sarà necessario ricorrere alle norme del codice per dirimere la questione.
Il codice civile, infatti, dedica numerosi articoli (dal 1362 al 1371) alla interpretazione dei contratti, norme che si e soliti dividere in due categorie, quelle sulla interpretazione soggettiva e le altre relative alla interpretazione oggettiva, da utilizzarsi quando non si è riusciti, tramite il criterio soggettivo, a risolvere i dubbi interpretativi. Tra i due gruppi di norme s’inserisce quella contenuta nell'art. 1366 c.c. secondo cui il contratto deve essere (sempre) interpretato secondo buona fede, buona fede intesa in senso oggettivo, come regola di condotta da seguire.

Prima di analizzare le norme sull’interpretazione, è necessario puntualizzare che il contratto deve sempre essere interpretato in maniera "oggettiva", nel senso che non si andrà a ricercare quella che è stata la reale volontà di ogni parte, (spesso recondita e inafferrabile) ma quella che appare all'esterno come volontà comune delle parti, e ciò per esigenze di tutela dell'affidamento e di certezza dei rapporti giuridici. Anche in questo caso, quindi, il principio dell’affidamento, in stretta connessione con quello della buona fede, diventa uno dei parametri fondamentali che deve essere seguito per giungere a una corretta interpretazione del contratto. Ricordiamo, inoltre, le norme sull’interpretazione si applicano, se compatibili, anche agli altri negozi giuridici unilaterali, dove, ovviamente non si porrà il problema di ricercare la “comune intenzione della parti”, ma l’intenzione dell’autore dell’atto e qui si potrebbe anche porre il problema di un’interpretazione di carattere anche soggettivo e non solo oggettivo dell’atto. La ricerca, però, assume caratteri particolari nel testamento, che ha regole specifiche dedicate alla sua interpretazione, come nel caso dell’art. 625 c.c. La particolarità si giustifica per il fatto che il testamento, pur essendo atto di natura patrimoniale, è anche un negozio mortis causa, dove è ovviamente impossibile rivolgersi al suo autore per ottenere chiarimenti. Cominciamo, quindi, a elencare le  regole interpretative previste dal codice civile, dette di interpretazione soggettiva:

Nel caso in cui nonostante l'applicazione delle regole che abbiamo appena visto, rimangano dei dubbi circa la comune intenzione delle parti, sarà necessario applicare le norme sull’interpretazione oggettiva.
Lo scopo di questo secondo gruppo di norme è diverso da quello concernente l’interpretazione soggettiva.
In questi casi, infatti, più che ricercare la comune intenzione delle parti, tentativo già fallito, si prova a dare un significato all'atto per evitare che questo sia inapplicabile, e ciò per motivi di conservazione e di equità. Passiamo alla interpretazione oggettiva (è volta a dare un significato al contratto nel caso in cui non si sia riusciti ad individuare la comune intenzione delle parti).

Le norme sull’interpretazione oggettiva si chiudono con l'art. 1371 c.c. che detta le regole finali nel caso in cui nemmeno con l'applicazione delle norme appena viste si sia riusciti nella interpretazione. Qui si distinguono i contratti a titolo gratuito da quelli a titolo oneroso.

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