Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
patto di famiglia
Prima di entrare in dettagli tecnici, chiediamoci come mai il legislatore ha
deciso di introdurre tale patto, quale lo scopo che si è voluto realizzare.
Sappiamo che i patti successori sono vietati (art. 458 c.c.), e ciò sul
discutibile, presupposto che con tali patti si vincolerebbe la volontà di un
probabile testatore che deve comunque rimanere libera sino all'ultimo
secondo di vita; è noto, infatti, che il testamento è un atto sempre
revocabile (art. 587 c.c.), e quindi non ci si può certo impegnare per una
situazione giuridica che prevede l'assoluta libertà del testatore. Certo è,
però, che alcune situazioni pratiche potrebbero rendere certamente utile un
patto successorio; pensiamo, infatti, all'ipotesi del povero vecchietto con
una casa di proprietà, ma senza molti mezzi, che si accorda con un'altra
persona in questi termini: "quando morirò ti lascerò in eredità la mia casa,
e fino a quel giorno tu mi darai 700 euro al mese". Si tratta di un patto
istitutivo, che è nullo, ma è anche vero che il povero vecchietto avrebbe
avuto una somma per integrare la misera pensione sociale che gli passa lo
Stato italiano e per pagare le tasse sulla casa.
Vi potrebbe essere, però, un'altra situazione: un imprenditore ha più figli,
alcuni seri e lavoratori, e altri più allegri, e sa che quando morirà, la
sua impresa, frutto di tante fatiche e che magari aveva ricevuto dal padre,
andrà a tutti i suoi figli, e, per contrasti e litigi tra i figli seri e
quelli allegri, quasi sicuramente prenderà la strada del fallimento.
Potrebbe, per rimediare alla situazione, effettuare delle donazioni in vita
a tutti i figli, dando, per es. un paio di appartamenti ai figli allegri, e
l'azienda a quelli seri, ma sappiamo che queste operazioni sono pericolose,
sia perché in caso di divisione dell'eredità, sarà necessario procedere alla
collazione, sia perché poterebbe in qualche modo ledere le quote che
spettano ai legittimari. Proprio per venire incontro a questa necessità, ma
non ad altre, il legislatore ha previsto il patto di famiglia, che è in
pratica un patto successorio lecito, e ciò lo capiamo dal nuovo testo
dell'art. 458 c.c. che esordisce con un "Fatto salvo da quanto da quanto
disposto dagli articoli 768 bis e seguenti". Avendo capito perché si fa il
patto di famiglia, dobbiamo anche vedere a quali condizioni questo può
essere valido:
Potrebbe accadere che gli altri assegnatari si rifiutino di ricevere subito
i beni o il danaro che loro spetta, ma in tal caso l'art. 768 quater
c.c. dispone che l'assegnazione può essere effettuata anche con un
successivo contratto, ma collegato al primo, sempre che partecipino gli
stessi che hanno partecipato al primo, o coloro che li hanno sostituiti.
Andiamo ora a verificare dal punto di vista della validità, cosa accade se
non si seguano le prescrizioni cui ci siamo riferiti. Sappiamo della nullità
dell'atto se non è stipulato per atto pubblico, ma potrebbe accadere che
all'atto stesso non partecipino tutti quelli che ne hanno diritto ex art.
768 quater; vediamo le conseguenze.
Ricordiamo, infine, che il patto può essere sciolto o modificato dagli
stessi che l'hanno stipulato, o mediante un nuovo contratto, o con un
recesso, solo, però, se previsto nel patto e certificato da un notaio (art.
768 septies c.c.). Le eventuali controversie che scaturiscono
dal patto, non possono essere decise dal tribunale, ma da organismi di
conciliazione (art. 768 octies c.c.).
Ci si potrebbe chiedere perché le controversie non debbano essere decise dal
tribunale, in fondo si tratta pur sempre di contratto; la risposta è più
empirica che giuridica. È noto, infatti, che le cause ereditarie, come
sarebbe in sostanza questa, durano talmente tanto tempo, che spesso gli
stessi eredi che l'avevano instaurata muoiono prima della sentenza.
Affidando la cosa a detti organismi di conciliazione si tenta di rendere più
rapida la tutela.
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