La nullità della citazione e della domanda riconvenzionale (artt. 164-167)

Nullità della citazione ex art. 164 c.p.c.
In questo filmato realizzato a Paestum si affrontano i problemi relative alla nullità della citazione, con particolare riferimento alla distinzione tra vocatio in ius e edictio actionis

 

 Si tratta di un’ipotesi non infrequente nella pratica, e si verifica quando l’attore abbia notificato regolarmente la citazione, ma questa era affetta da vizi.

Nel primo capitolo abbiamo indicato gli elementi essenziali della citazione e li abbiamo raggruppati secondo il seguente schema. 

Si tratta di differenze fondamentali, perché la parte riguardante la vocatio in ius fa riferimento agli elementi della chiamata in giudizio, mentre la parte concernente la edictio actionis fa riferimento agli elementi del petitum o della causa petendi.

Entrambi gli elementi della citazione possono essere nulli, ed è proprio questo che il giudice li verifica nella prima udienza.

L’art. 164 distingue tra vizi della vocatio in ius e vizi della edictio actionis, questi ultimi più gravi, perché mentre i vizi della vocatio in ius possono essere sanati con efficacia retroattiva, i vizi della edictio actionis possono anch’essi essere sanati, ma senza efficacia retroattiva, e quindi ex nunc.

Vediamo allora, nello schema che segue i vizi concernenti la vocatio in ius ex art. 164.

Ricordiamo che i n. 1 e 2 del 163 fanno riferimento al tribunale dove la causa è proposta e alle generalità complete delle parti e di coloro che li assistono o rappresentano.

Notiamo pure che la legge n. 24\2010 dispone che nella citazione (al n. 2 dell’art. 163) debba essere indicato anche il codice fiscale, e allora dovrebbe dirsi che la citazione sarebbe nulla se l’attore si fosse dimenticato di indicare….il suo codice fiscale, il che costituisce un assurdo rispetto agli scopi della citazione in merito alla regolarità della chiamata in giudizio. Nello schema abbiamo considerato solo l’ipotesi che il convenuto non si sia costituito, ma può darsi che, nonostante i vizi della chiamata (cioè della vocatio in ius), il convenuto riesca lo stesso a costruirsi.  In tal caso poiché l’atto ha raggiunto il suo scopo, la citazione è sanata con efficacia retroattiva.

Potrebbe però accadere che il convenuto si costituisca, ma eccepisca di aver avuto un termine a comparire troppo breve, oppure che non è stato avvertito in citazione delle conseguenze della sua ritardata costituzione (n. 7 del 163). In tal caso il giudice fissa una nuova prima udienza nel rispetto dei termini. Osserviamo però, che se il convenuto si costituisce senza nulla eccepire accetterà la causa così com’è, non potendo, poi lamentarsi del termine a comparire troppo beve o della mancanza dell’avvertimento.

 Vediamo ora l’altro caso concernente i vizi dell’edictio actionis.

Questa nullità, non avendo efficacia retroattiva, è più grave della prima e non è sanata nemmeno dalla costituzione del convenuto.

Se, infatti, il convenuto si è costituito, il giudice dà termine perentorio all’attore per integrare la citazione, e solo dall’integrazione e non dalla costituzione, vi sarà la sanatoria, non retroattiva, della citazione. In questo caso, però, fissa anche la data di una nuova prima udienza ex art. 183 e il convenuto potrà depositare le sue ulteriori eccezioni almeno 20 gg. prima della data di questa udienza. Accanto ai vizi dell’edictio actionis, ricordiamo ancora i vizi che possono riguardare la domanda riconvenzionale, cui abbiamo già accennato in precedenza.  Anche quest’atto può essere nullo al pari della citazione, ma a differenza di questa i vizi possono riguardare solo elementi dell’edictio actionis e non della vocatio in ius, per il semplice motivo che nella domanda riconvenzionale non c’è la vocatio in ius già effettuata dall’attore.
Si spiega allora come mai l’art. 167 comma 2, richiamato dal 183, impone al giudice di assegnare al convenuto un termine perentorio per integrarla “se è omesso o risulta assolutamente incerto il titolo o l’oggetto della domanda riconvenzionale”, cioè nelle stesse ipotesi nella quali è nulla la citazione per vizi della edictio actionis, e ciò spiega anche perché in questo, come in quel caso, la sanatoria dovuta all’integrazione non avrà efficacia retroattiva.

 

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