La fase dell’opposizione

Ci siamo fermati al momento in cui il tribunale decide con ordinanza sul ricorso presentato dal lavoratore.

Quest’ordinanza è provvisoriamente esecutiva, ma con una particolarità: non è ammessa la sospensione o la revoca dell’efficacia esecutiva, almeno fino quando il tribunale non decida con sentenza l’opposizione proposta contro detta ordinanza (art. 1 comma 50 legge n. 92\2012).

Ora dobbiamo occuparci proprio della seconda fase, quella della opposizione, fase eventuale, che se proposta, darà vita a un procedimento a cognizione piena.

 

Vediamo allora nello schema che segue la fase dell’opposizione ex commi 51-57 dell’art. 1 della legge n. 92\2012.

 

 

Questa fase è quindi a cognizione piena, modellata sul processo del lavoro ex art. 409 e ss.

Sembra logico, quindi, che l’interpretazione delle nuove regole dovrà esser fatta, principalmente, con riferimento al rito del lavoro, mentre dovrà valutarsi se istituti specifici del rito del lavoro possano essere qui introdotti. Purtroppo il legislatore nulla dice circa le norme applicabili per quanto non regolato da questo rito speciale, lasciando così all’interprete il compito di individuarle.

Soffermiamo, però, la nostra attenzione sullo schema che abbiamo appena visto.

Cominciamo dalla possibilità di proporre domande nuove rispetto alla fase sommaria e alla sola impugnativa del licenziamento.

Come già detto, il comma 51 ammette domande diverse rispetto a quelle che riguardano l’impugnazione del licenziamento, lì dove afferma che:

Con il ricorso  non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma  47 del presente articolo, salvo che siano fondate sugli  identici  fatti costitutivi o siano svolte nei  confronti  di  soggetti  rispetto  ai quali la causa è comune o dai quali si intende essere garantiti”. 

Sono, quindi, ammesse domande diverse rispetto a quelle possibili per il comma 47, ma solo se fondate sugli identici fatti costitutivi o funzionali al litisconsorzio oppure alla garanzia.

Nulla si dice, però, sulla possibilità che siano proposte per la prima volta tali domande, ma poiché questa è una fase a cognizione piena, dovrebbero essere ammissibili, anche se non proposte nella fase sommaria.

Il ricorso, come visto deve essere notificato a cura del ricorrente, anche attraverso posta elettronica certificata, ma il ricorrente deve svolgere tale notifica facendo in modo che tra la data di udienza, fissata dal giudice, e la data di notifica del ricorso vi siano almeno 30 giorni. Si tratta quindi di un termine di comparizione.

Il convenuto (che possiamo anche chiamare opposto o resistente), deve invece costituirsi almeno 10 giorni prima della data di udienza: “mediante deposito in cancelleria  di memoria difensiva a norma e con le decadenze di cui all'articolo  416 del codice di procedura civile.  Se l'opposto intende  chiamare  un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne  dichiarazione  nella memoria difensiva”, dispone il comma 53.

In altre parole la posizione del convenuto è del tutto identica a quella del convenuto nel rito del lavoro.

Potrebbe darsi che il convenuto nella memoria difensiva, spieghi anche domanda riconvenzionale; qui, però, non è previsto il meccanismo dell’art. 418 nel rito del lavoro, non ci sarà, in altre parole lo spostamento della prima udienza. 

Il comma 56, che si riferisce alla domanda riconvenzionale, non ne fa alcun riferimento, ma si limita a stabilire che : ” Quando la causa relativa alla domanda  riconvenzionale  non  è  fondata su fatti costitutivi identici a quelli  posti  a  base  della domanda principale il giudice ne dispone la separazione”.
Quello che invece appare evidente da questo comma, è la differenza dei casi in cui è possibile proporre domanda riconvenzionale ex art. 36 c.p.c. .

In generale la domanda riconvenzionale può essere spiegata o perché dipende dallo stesso titolo dedotto dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione. Qui, invece, il riferimento è agli stessi fatti costitutivi dedotti in giudizio dall’opponente. Questo rigore probabilmente si giustifica perché la giurisprudenza ha spesso ritenuto ammissibili domande riconvenzionali ben oltre i limiti dell’art. 36 c.p.c.

Regole particolari sono previste dal comma 54 in caso di chiamata di terzi in causa. La chiamata sarà possibile in tutti i casi previsti dal codice di procedura civile, cioè nei caso dell’art. 102, 106 e 107, ma non è richiamato l’art. 105, in tema di intervento volontario, che si deve quindi ritenere non ammesso in questa procedura.

Nel caso vi sia la chiamata del terzo: “ il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi sessanta giorni, e dispone che siano notificati al terzo, ad opera delle parti, il provvedimento nonché  il   ricorso   introduttivo   e   l'atto di  costituzione dell'opposto, osservati i termini di cui al comma 52”.

Vi sarà quindi spostamento della prima udienza, nei termini che già abbiamo visto nello schema; in altre parole, devono intercorre almeno 30 giorni tra la notifica del provvedimento, del ricorso e dell’atto di costituzione, e la nuova udienza.  Il terzo, ex comma 55, dovrà costituirsi come il convenuto almeno 10 giorni prima dell’udienza e subirà le stesse decadenze che si maturano a carico del convenuto.