Il riconoscimento

Nozione

è l'atto con il quale uno od entrambi i genitori si attribuiscono la paternità o maternità di una data persona

Il riconoscimento non è vicenda che si verifica automaticamente, ma si produce solo alle condizioni previste dal codice civile agli articoli 250 e seguenti.

Vediamo nella le caratteristiche essenziali dell'atto del riconoscimento, che può avvenire:

  • Nell'atto di nascita (art. 254 c.c.), oppure,
  • in un momento successivo alla nascita o dal concepimento con una successiva apposita dichiarazione resa:
    1. all'ufficiale dello stato civile;
    2. al giudice tutelare;
    3. in un atto pubblico;
    4. in un testamento (in tal caso avrà effetto dal momento della morte del testatore anche se il testamento è stato revocato);
  • è nulla ogni clausola diretta a limitarne gli effetti (art. 257 c.c.), e una volta compiuto, il riconoscimento è irrevocabile.

 

Il riconoscimento può essere effettuato solo nelle forme previste dalla legge, senza le quali l'atto è nullo. Secondo l’art. 254 il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.

Vediamo, ora, chi sono i soggetti legittimati a effettuare il riconoscimento.

  • Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto (nei modi previsti dall'articolo 254, cioè nei modi visti nel precedente elenco), dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento;
  • I genitori possono riconoscere i figli incestuosi (art. 251 c.c.), cioè il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, ma solo previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
  • Non può essere effettuato da genitori che non abbiano compiuto 16 anni, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio;
  • Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto 14 anni non può essere fatto senza consenso dall'altro genitore che lo abbia già effettuato

 

 Sono quindi legittimati al riconoscimento i genitori (o il singolo genitore).
È necessario, però, che l'atto non sia in contrasto gli interessi dei figlio e  per questo motivo si è stabilito:
1. L' inammissibilità del riconoscimento in contrasto con un precedente stato di figlio in cui questo si trovi (art. 253 c.c.).
2. Se il figlio ha già compiuto 14 anni sarà necessario anche il suo consenso al riconoscimento (art. 250 c.c. comma 2).
3. Il consenso dell'altro genitore (che già aveva effettuato il riconoscimento) non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio.
Quest'ultimo punto è molto delicato; c'è, infatti, un genitore che si oppone al successivo riconoscimento che vuole effettuare l'altro genitore.
È facile immaginare come i motivi di  questa opposizione possano non essere dettati dalla salvaguardia dell'interesse del figlio, ma da motivi di rancore del genitore che ha già effettuato il riconoscimento nei confronti dell'altro.
Per questo motivo se un genitore intende comunque riconoscere il figlio, nonostante l'opposizione dell'altro, dovrà ricorrere alla procedura prevista dal comma 4 dell'art. 250 c.c. che si svolge secondo questi passaggi:

1) Rifiuto del consenso al riconoscimento dell'altro genitore;
2) Il genitore che vuole riconoscere il figlio ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso all'altro genitore;
3) Notifica del ricorso con cui si chiede il riconoscimento del figlio, nonostante l'opposizione.

Nel ricorso il genitore che si è visto rifiutare il consenso, presumibilmente metterà in luce l'irragionevolezza del rifiuto, e come, all'opposto il suo riconoscimento giovi all'interesse del figlio.

Tutto lo svolgimento della procedura dipende dall'atteggiamento dell'altro genitore, che può opporsi, o meno al ricorso che gli è stato notificato; consideriamo l'ipotesi in cui il genitore non si opponga:

a) il genitore che aveva rifiutato in consenso non propone opposizione entro trenta giorni dalla notifica del ricorso;

b) il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante.

Ma può darsi che l'atro genitore nei trenta giorni si opponga al ricorso. Vediamo cosa accade.

a) il genitore che aveva rifiutato in consenso  propone opposizione entro trenta giorni dalla notifica del ricorso;

b) il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata;

c) Nel caso in cui accolga il ricorso, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante, e assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262.

Si discute circa la natura giuridica del riconoscimento in quanto si dubita che abbia natura negoziale;
È vero che si è dato massimo valore alla volontà contenuta nell'atto (e ciò farebbe propendere per la tesi che lo vede come negozio giuridico), ma è anche vero che il riconoscimento è irrevocabile anche se contenuto in un testamento, e ciò fa intendere che il legislatore ha dato la prevalenza all'interesse del figlio, anche contro una successiva volontà di chi ha effettuato il riconoscimento. È certo, comunque, che riconoscimento è atto giuridico unilaterale, discrezionale volontario e non recettizio.

Consideriamo, ora, gli effetti del riconoscimento.

  • Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e anche riguardo ai parenti di esso (art. 258 comma 1);
  • Una volta effettuato è irrevocabile (art. 256) e ha effetto ex tunc, cioè sin dalla nascita del figlio, ma se compiuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se poi il testamento è stato revocato; è nulla ogni clausola volta a limitare gli effetti del riconoscimento (art. 257);
  • Il genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento dà il cognome al figlio; se effettuato da entrambi i figlio prenderà il cognome del padre (art. 262 comma 1).

 

 Sul cognome che il figlio dovrà assumere in seguito al riconoscimento è necessaria una piccola digressione. L’art. 262 detta una dettagliata disciplina circa il cognome che dovrà assumere il figlio riconosciuto, che prevede anche l’intervento del giudice, e in Italia  al figlio di una coppia sposata è attribuito il cognome del padre, cui si può aggiungere, rivolgendo domanda al prefetto, quello della madre.

La Corte europea dei diritti umani ha però stabilito che i genitori hanno il diritto di dare ai propri figli anche il solo cognome della madre, condannando l’Italia per aver negato a una coppia tale diritto.

L’Italia dovrà quindi adeguarsi alla sentenza, e il 10 gennaio 2014 il governo ha presentato un disegno di legge per adeguare la normativa italiana alla sentenza della Corte di Strasburgo;  non è quindi escluso che normativa in preparazione avrà effetto anche in merito al cognome dei figli riconosciuti e quindi sullo stesso articolo 262.

Quale che sia la sorte dell’art. 262, una volta riconosciuto il figlio, possono sorgere dei problemi, quando il genitore che l’ha riconosciuto è già sposato , o ha effettuato il riconoscimento ma dopo ha contratto matrimonio; in tutti e due i casi supponiamo che il genitore che ha riconosciuto il figlio sia sposato con una persona diversa dal genitore del figlio che ha riconosciuto. I problemi, poi, possono aumentare quando il genitore che ha effettuato il riconoscimento, non solo è già sposato, ma ha anche altri figli che siano conviventi con lui. Si tratta allora di stabilire a quali condizioni sarà possibile l’inserimento del figlio nato al di fuori del matrimonio nella famiglia del genitore che l’ha riconosciuto.
A tutti questi problemi cerca di dare una risposta l’art. 252; in primo luogo si stabilisce che quando il figlio di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale. Il primo problema da risolvere, quindi, riguarda l’affidamento del figlio minore nato al di fuori del matrimonio, e di questo se ne farà carico il giudice.

E veniamo all’inserimento del figlio nato al di fuori del matrimonio nella famiglia del genitore che l’ha riconosciuto.

  • se il figlio di uno dei coniugi nato al di fuori del matrimonio, è stato riconosciuto durante il matrimonio, può essere inserito nella famiglia legittima di uno dei genitori con l’autorizzazione del giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso dell'altro coniuge convivente e degli altri figli che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve attenersi (art. 252).
  • se il riconoscimento del figlio è avvenuto prima del matrimonio, il suo inserimento nella famiglia poi formatasi grazie al matrimonio è subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio (art. 252  comma 3).
  • per l’inserimento del figlio nato al di fuori del matrimonio è anche necessario il consenso del genitore che l’ha riconosciuto.

 

 Se tutti i soggetti che abbiamo citato sono d’accordo per l’inserimento, il figlio sarà inserito nella famiglia del genitore che ha effettuato il riconoscimento, non sorgeranno problemi, come pure, ma nel senso opposto, non ne sorgeranno se nessuno è favorevole all’inserimento.
Ma potrebbe accadere che vi siano contrasti circa l’inserimento del figlio; in tal caso l’art. 252 ultimo comma, dispone che in caso di disaccordo tra i genitori, oppure di mancato consenso degli altri figli conviventi, la decisione è presa dal giudice tenendo conto dell'interesse dei minori.

Prima dell'adozione del provvedimento, il giudice dispone l'ascolto dei figli minori che abbiano compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capaci di discernimento.

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