Acquisto delle proprie azioni

Abbiamo visto prima l’ipotesi in cui la società acquisti beni da soci o amministratori, un'operazione indubbiamente pericolosa perché potrebbe accadere che tali beni siano sopravvalutati, ma è sicuramente più pericolosa l'operazione dell'acquisto delle azioni di proprietà dei soci da parte della società, tanto che la legge, salvo le solite eccezioni, vieta che la società possa acquistarle.

A questo punto è necessaria una precisazione terminologica, che significa dire che la società acquista le proprie azioni? E come fa la società a acquistare qualcosa è già suo?

Come minimo il contratto sarebbe nullo per mancanza di causa, e allora bisogna intendersi: qui la società non acquista azioni di sua proprietà, ma compra azioni che sono di proprietà dei soci, (e quindi non “proprie” della società).

La particolarità dell’operazione sta nel fatto che la società acquista azioni che lei stessa ha emesso, e che di conseguenza, diventano proprie, cioè di proprietà della società, ma che prima erano di proprietà dei soci.
La disciplina del codice, è rivolta a regolare sia i casi in cui la società può comprare azioni dai suoi soci ( e quindi il termine proprio è usato per indicare le azioni che lei stessa ha emesso)  sia il regime delle azioni che questa ha acquistato dai soci, le sue azioni, quindi “proprie”, in questo caso nel vero senso della parola.

Ciò precisato, chiediamoci allora, come mai esiste questo divieto, perché la società non può acquistare le azioni dai suoi soci?

La società per azioni, essendo persona giuridica, potrebbe in teoria acquistare senza limitazioni le azioni dai soci; in realtà tali operazioni potrebbero danneggiare i creditori sociali, poiché la società non fa altro che rimborsare i conferimenti effettuati dai soci, e in ciò sta la ragione del divieto.
Si potrebbe poi giungere al caso limite in cui la società acquisti tutte le azioni dai soci finendo, in pratica, per rimborsare l'intero capitale sociale. Si creerebbe, quindi, questa situazione:

1. la società impiega tutto l'attivo a sua disposizione per acquistare azioni per un valore equivalente al capitale sociale;
2.i soci ricevono in tal modo il rimborso dell'intero conferimento lasciando la società senza alcun attivo ed abbandonando la società;
3. il capitale sociale sarebbe garantito da azioni che appartengono alla stessa società e, nel caso in cui il patrimonio non sia superiore al capitale, i creditori non avrebbero nulla su cui soddisfarsi, visto che le azioni sono garantite dalla società che non ha più alcun attivo.

Per questo motivo è vietato l'acquisto delle azioni, azioni anche se fatto per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.

Ciò posto, dobbiamo porci una domanda: se è vero che l'acquisto delle azioni dei soci finirà con intaccare il patrimonio sociale, sarebbe possibile per la società acquistarle quando il patrimonio sociale non corre alcun rischio?

Sì, è possibile, se non vi sono rischi per integrità del capitale sociale.
Per fare questo sarà necessario che i soldi per l'acquisto delle azioni la società non li prenda da quella parte di patrimonio che è rappresentato dal capitale sociale, ma da altre fonti, cioè i soldi per l'acquisto devono provenire dal patrimonio società, ma sempre che il capitale sociale (o meglio la parte di patrimonio società che è rappresentato dal capitale sociale) non ne sia intaccato;
e allora adesso possiamo rispondere alla nostra domanda, a quali condizioni la società potrà acquistare le azioni dai suoi soci?

a) In primo luogo i soldi per acquistare le proprie azioni devono essere presi dagli utili della società o dalle riserve della società che risultano dall'ultimo bilancio regolarmente approvato;
b) inoltre le azioni che la società acquista devono essere state interamente liberate dai soci, in altre parole la società non può acquistarle, quando il socio che la vende non abbia ancora effettuato tutti i conferimenti.
A questo punto si potrebbe pensare che bastino queste condizioni affinché la società possa acquistare le azioni dai soci, ma il codice ne pone delle altre, perché l'acquisto, che è effettuato dagli amministratori,
c) deve essere autorizzato dall'assemblea, che fissa le modalità dell'acquisto stesso, e in particolare il numero massimo delle azioni da acquistare, e il tempo, non superiore a 18 mesi, nel quale l'autorizzazione è accordata, e ancora il corrispettivo minimo e massimo da pagare per queste azioni.
d) se si tratta di una società che fa ricorso al capitale di rischio, queste azioni non possono eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenendo, nel calcolo, anche il valore delle azioni possedute da società controllate.

Se non si seguono queste regole, le azioni acquistate in maniera irregolare devono essere vendute entro un anno dal loro acquisto.

Ma chiediamoci ancora, che cosa accade se la società, che ha acquistato le azioni in maniera irregolare, non le vende entro un anno dall’ acquisto?

La conseguenza sarà che le azioni dovranno essere annullate, e sarà anche necessario ridurre il capitale sociale in maniera corrispondente al valore delle azioni annullate; la riduzione del capitale sociale è di competenza dell'assemblea straordinaria, e se l'assemblea non adempie, gli amministratori o i sindaci dovranno rivolgersi al tribunale che provvederà alla riduzione del capitale sociale.

Abbiamo visto, quindi, i casi in cui è possibile acquistare le azioni dai soci, e abbiamo anche visto che se non si seguono le regole che rendono possibile l'acquisto, queste dovranno essere vendute o comunque, nei casi più gravi, annullate.

In alcune ipotesi, però è possibile acquistare le azioni che la società ha emesso, senza seguire le regole che abbiamo visto prima. 

Ciò accade, per esempio quando l'acquisto sia per così dire, accidentale, per effetto di successione universale, fusione o scissione, oppure in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società (nei confronti di un'azionista della stessa società) e sempre che si tratti di azioni completamente liberate, e ancora negli altri casi previsti dall'articolo 2357 bis.
Qui, però, sarà necessario rispettare il limite del quinto del capitale sociale, cioè non si possono acquistare tali azioni per oltre un quinto del capitale, ma il termine per la vendita delle azioni che abbiano superato il limite, nei due casi che abbiamo visto, e anche nel caso in cui la società acquisti azioni a titolo gratuito, sarà di tre anni. Se non si rispetta il limite di legge, bisognerà annullare le azioni in eccesso e ridurre il capitale sociale in misura corrispondente.

Risolti, si spera, tutti questi problemi, se ne pone subito un altro:

saranno gli amministratori a poter disporre delle azioni della società, o un altro soggetto?

Ci risponde il primo comma dell'art. 2357 ter che pone questa fondamentale regola: "Gli amministratori non possono disporre delle azioni della società che la stessa società ha acquistato se non previa autorizzazione dell'assemblea, la quale deve stabilire le relative modalità".
È chiaro che lasciare ai soli amministratori la scelta, ad es. sulla vendita delle azioni, significherebbe, in pratica, metterli sullo stesso piano dei soci, ed è quindi necessario che tali operazioni di disposizione siano autorizzate dall'assemblea.

Ma un altro problema può sorgere in merito alle azioni della società, e sta nell'uso del diritto di voto e degli utili che devono essere attribuiti a tali titoli. A chi spetterà il diritto di voto per le azioni della società? Agli amministratori?

Anche qui, non si può lasciare agli amministratori il diritto di voto, ma nemmeno attribuirlo ai soci, che non sono tecnicamente proprietari delle azioni, poiché appartenenti alla società, distinto soggetto giuridico; e allora il legislatore, tra lasciare il voto agli amministratori o attribuirlo agli altri soci, ha deciso, salomonicamente, di sospenderlo.
Ma questa soluzione non risolve tutti i problemi; se il diritto di voto è sospeso, è sospesa anche la distribuzione degli utili? E se si convoca l'assemblea, bisogna conteggiare tali azioni, cosa non scontata, visto che non possono votare?
A queste domande risponde il comma 2 dell'art. 2357 ter, che detta una serie di regole non sempre omogenee con la scelta di sospendere il diritto di voto; Vediamole:
a) in merito agli utili e al diritto di opzione: finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni;
b) in merito al calcolo delle maggioranze in assemblea: le azioni proprie sono computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il computo delle azioni proprie è disciplinato dall'articolo 2368, terzo comma.

L'art. 2357 ter, si chiude, con un’ ulteriore norma di "sicurezza"  disponendo che: "una riserva indisponibile pari all'importo delle azioni proprie iscritto all'attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta finché le azioni non siano trasferite o annullate".

2357. Acquisto delle proprie azioni.
2357-bis. Casi speciali di acquisto delle proprie azioni.
2357-ter. Disciplina delle proprie azioni.

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