Struttura dell'atto illecito |
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Riportiamo ancora una volta l'art. 2043 per poterlo meglio analizzare; leggendolo con attenzione ci accorgiamo che possiamo individuare la struttura stessa dell'atto illecito che possiamo individuare in:
Cominciamo con il fatto.
Secondo l'art. 2043 "qualunque fatto" che provochi un danno ingiusto è
fonte di responsabilità.
Il "fatto" che c'interessa è un comportamento umano
questo può concretarsi in una azione o in una omissione,
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Passiamo al secondo elemento dell'atto illecito, la colpevolezza.
Ai fini della responsabilità non interessa qualsiasi fatto umano, ma solo
quello determinato da dolo o colpa, un atto.
Di conseguenza:
per esserci responsabilità è necessario che il fatto sia
doloso o colposo e per essere tale deve essere provocato |
Il fatto doloso o colposo è un atto umano proprio perché rileva l'elemento
psicologico, il dolo o la colpa. Questo elemento psicologico è tradizionalmente
denominato "colpevolezza".
Accade, però, che per aversi responsabilità non basta
che vi sia la colpevolezza, ma è anche necessario che il soggetto agente sia
imputabile e cioè, secondo l'art. 2046 c.c., è necessario che sia capace di
intendere e di volere.
Mancando la capacità di intendere e di volere può anche esservi dolo o colpa (anche un
minore di 1o anni può volere o meno un fatto), ma non ci sarà responsabilità
dell'agente; questo non vuol dire che non sarà mai nessun soggetto che risponda
dei danni (v. art. 2047 c.c.); ne parleremo più avanti in occasione dei casi di
esclusione della responsabilità.
Consideriamo, ora, il nesso di causalità.
L'atto deve cagionare un danno. Ciò vuol dire che:
tra atto e danno deve esserci un legame di causa ed effetto, un nesso di causalità giuridicamente rilevante |
Il problema relativo al nesso di causalità non è tanto dal
fisico ma giuridico.
È noto, infatti, che un atto può causare una serie indefinita di eventi.
Nel caso di un sinistro stradale, il comportamento colposo dell'automobilista
può provocare il danneggiamento di un altro veicolo, ma anche, in seguito a
questo, un ingorgo stradale, e , magari, a causa di questo ingorgo, una
autoambulanza che trasportava un malato grave giunge troppo tardi all'ospedale.
Dal punto di vista del rapporto
causa-effetto la morte dell'ammalato è stata provocata dal sinistro stradale e
l'automobilista è responsabile anche di questo decesso.
A noi interessa, tuttavia, il concetto giuridico di nesso di causalità, al fine
di non estendere la responsabilità a tutti gli eventi possibili.
Ci viene in soccorso l'art. 2056 c.c. che nella valutazione dei danni richiama
l'art. 1223 c.c. secondo cui sono risarcibili i danni che siano conseguenze
"immediate e dirette" dell'atto.
In dottrina, però, si tende ad interpretare l'art. 1223 nell'ottica della teoria
della causalità adeguata che prende in considerazione come causa di un certo
fatto
solo quella che appare normalmente idonea a produrlo, escludendo, quindi,
quegli eventi sopravvenuti che possono considerarsi eccezionali. In tal modo si
è ricorsi ad un concetto giuridico di causalità che sostituisce quello fisico
fatto proprio, invece, dalla teoria della conditio sine qua non, di cui ci
occuperemo in occasione dello studio del risarcimento del danno di natura
contrattuale.
Chiudiamo i discorso con l'antigiuridicità
Il danno, secondo, l'art. 2043 deve essere "ingiusto" .
Per ingiustizia del danno s'intende la sua "antigiuridicità" cioè la sua
capacità di provocare la lesione di un diritto.
Proprio su questo punto, però, si è incentrato il dibattito dottrinario;
da una iniziale posizione che riteneva ingiusto solo il danno che provocava una
lesione di diritti soggettivi assoluti, si è passati, grazie ad una lenta
evoluzione dottrinale, ad ammettere l'ingiustizia del danno anche
nel caso di diritti relativi, come i diritti di credito, sino ad arrivare alla
posizione che giunge a ritenere antigiuridico qualsiasi danno provocato ad un
interesse giuridicamente tutelato, dai diritti soggettivi agli interessi
legittimi, alla libertà negoziale, all'ambiente, alla tutela extracontrattuale
del credito per i danni provocati da terzi.
Proprio in riferimento agli interessi legittimi la Corte Costituzionale e la
Corte di Cassazione (sentenza 500\1999) hanno ormai riconosciuto la
risarcibilità dei danni provocati in seguito alla lesione di un intesse
legittimo.
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