Il giudicato

La sentenza (definitiva o non definiva) ha l’attitudine a passare in giudicato, può, in altre parole, acquistare un grado di certezza tale da non poter più rimettere in discussione innanzi ad altro giudice la decisione in essa contenuta.

Non tutte le sentenze passano in giudicato, perché è necessario che vi siano altre condizioni, esterne alla sentenza, che lo permettano, e cioè:

a) La sentenza (di primo grado o successiva) non è stata impugnata nei termini di legge, oppure:

b) È stata proposta impugnazione ma non si è proseguito il giudizio di impugnazione, oppure:

c) Sono state proposte tutte le impugnazioni ordinarie sino a giungere alla decisione del giudice supremo (la Corte di cassazione), le cui decisioni non sono ulteriormente impugnabili.

 

Come si vede dalle ipotesi riportate, la parte soccombente o sceglie di non impugnare la sentenza, oppure decide di impugnare la sentenza, per poi proseguire nelle impugnazioni sino a giungere alla Corte di cassazione. Dopodiché la sentenza non sarà più impugnabile e passerà in giudicato formale che trova la sua regola espressa nell’art. 324 secondo cui: ”Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395.

Approfondiremo, nella parte che si riferisce alle impugnazioni, la differenza tra mezzi d’impugnazione ordinari e straordinari, per ora ci basta osservare che la mancata impugnazione nei termini fa passare in giudicato formale la sentenza. 

Quanto detto, però, non esaurisce il discorso sul giudicato, perché di quest’argomento si occupa anche il codice civile all’art. 2900, rubricato “cosa giudicata” secondo il quale: ”L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”.

Qui si parla di cosa giudicata sostanziale, un concetto che si aggiunge a quello di cosa giudicata (o più semplicemente di giudicato) formale: che rapporto esiste tra il giudicato formale e sostanziale?

Possiamo rispondere che il giudicato formale precede logicamente il giudicato sostanziale, ma non si confonde in esso; solo una sentenza che sarà passata in giudicato formale potrà poi passare in giudicato sostanziale, e quindi rendere incontestabile l’accertamento in essa contenuto, cioè l’accertamento dei diritti delle parti.

Ma dobbiamo osservare che non sempre avviene questo collegamento, perché vi sono sentenze che passano in giudicato formale, ma non passano in giudicato sostanziale, per il semplice motivo che non contengono decisioni in grado di influire sulle situazioni sostanziali delle parti, sui loro diritti, perché non sono entrate nel merito del processo.

Facciamo l’esempio di una sentenza sulla giurisdizione, dove il tribunale affermi la sua giurisdizione, e disponga la prosecuzione del giudizio. Nei termini di legge nessuna delle parti la impugna, e quindi questa sentenza passerà in giudicato, ma solo in giudicato formale (perché non sarà più impugnabile) ma non conterrà decisioni sul merito del processo, non vi sarà nessun accertamento sui diritti delle parti in grado di produrre gli effetti dell’art. 2909 c.c. e quindi non passerà in giudicato sostanziale.

In generale si può affermare che le sentenze che hanno carattere esclusivamente processuale hanno l’attitudine a passare in giudicato formale, ma non in quello sostanziale, avvertendo, però, che in concreto è necessario svolgere una ricerca caso per caso, per verificare i rapporti tra giudicato formale e sostanziale.

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