Inammissibilità e improcedibilità

Un’impugnazione è inammissibile quando manca di alcuno dei presupposti voluti dalla legge per la sua proposizione.

Si tratta, quindi, di un vizio originario dell’impugnazione che impedisce al giudice di giungere a una pronuncia sul merito.

Sono, in generale, inammissibili le impugnazioni proposte senza rispettarne i presupposti; possiamo, quindi, individuare casi generali d’inammissibilità dell’impugnazione:

a) manca la legittimazione a impugnare;

b) manca l’interesse a impugnare;

c) l’impugnazione è stata proposta senza rispettare i termini per le impugnazioni;

d) l’impugnazione è stata proposta nonostante l’acquiescenza;

e) è stato impugnato un provvedimento che la legge ritenga non impugnabile;

f) non è stato rispettato l’ordine d’integrazione del contraddittorio ex art. 332.

Vi sono, poi, altri casi d’inammissibilità specifici per ogni singolo mezzo d’impugnazione che saranno considerati nelle parti loro dedicate.

La dichiarazione d’inammissibilità, insieme con quella d’improcedibilità, comporta, a norma dell’art. 358, l’impossibilità di riproposizione dell’impugnazione, anche se non siano ancora scaduti i termini per impugnare.  Si ritiene, però, che per l’operatività delle regole previste dall’art. 358 sia necessario che l’inammissibilità sia dichiarata; ciò significa che prima della dichiarazione, la parte può, se possibile, riproporre l’impugnazione nel rispetto dei presupposti previsti dalla legge.

Un’impugnazione è improcedibile quando la parte non compie gli atti d’impulso necessari per far proseguire il giudizio.

L’appello, ad esempio, è improcedibile, quando l’appellante, costituito, non compare alla prima udienza e a quella successiva fissata dal collegio. L’improcedibilità si distingue dall’inammissibilità perché quest’ultima si riferisce a vizi che sono originari dell’impugnazione, mentre l’improcedibilità si riferisce a vizi che si manifestano durante il corso dell’impugnazione.

La dichiarazione d’improcedibilità, insieme con quella d’inammissibilità, comporta, a norma dell’art. 358 c.p.c., l’impossibilità di riproposizione dell’impugnazione, anche se non siano ancora scaduti i termini per impugnare. 

Si ritiene però, che per l’operatività delle regole previste dall’art. 358 sia necessario che l’improcedibilità sia dichiarata; ciò significa che prima della dichiarazione la parte può, se possibile, riproporre l’impugnazione nel rispetto dei presupposti previsti dalla legge.

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