Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato

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Il principio della domanda non sarebbe rispettato se, poi, si permettesse al giudice di decidere su questioni che non gli sono state prospettate, ed è per questo che l’art. 112 comma primo dispone che:

Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti”.

Il giudice deve quindi pronunciarsi solo sui fatti che le parti gli hanno prospettato; se così non facesse, la sentenza sarebbe viziata o per ultrapetizione (ha deciso oltre le richieste) o per difetto di pronuncia (non ha deciso su tutte le richieste delle parti).

L’art. 112 è posto nel codice di rito nel titolo V del libro primo, titolo rubricato “dei poteri del giudice”, ma quest’articolo riguarda in primo luogo le parti, imponendogli di sottoporre al giudice tutte le loro posizioni, sia attraverso le domande sia attraverso le eccezioni, perché ciò che non è chiesto non sarà oggetto di decisione da parte del giudice, con il grave rischio di non poter proporre la domanda sui fatti non richiesti, perché si sarà formato del c.d. giudicato implicito; in altre parole la giurisprudenza ritiene che il giudicato, cioè l’accertamento contenuto su una sentenza non più impugnabile, copra il “dedotto e il deducibile” cioè sia quello che è stato indicato dalle parti, il dedotto, sia quello che non è stato indicato ma poteva essere indicato, il deducibile.

L’attore, da un lato, e il convenuto, dall’altro, dovranno quindi sottoporre al giudice tutte le loro possibili doglianze, per evitare il prodursi di questo effetto.

Si deve aggiungere, però, che il vincolo del giudice riguarda solo i fatti indicati dalle parti, e non le prospettazioni giuridiche che le parti pretendono farvi discendere. In altre parole se una parte chiede al giudice di decidere su certi fatti, il giudice ne sarà vincolato, ma se vuole che da quei fatti ne scaturisca l’applicazione di certe norme, il giudice non sarà, di regola, vincolato a quella volontà e ciò perché “iura novit curia”: è il giudice che conosce e applica la legge, è la sua funzione, e sarà quindi lui a stabilire quali siano le norme applicabili riguardo ai fatti indicati dalle parti.

Per le eccezioni, però, cioè per le indicazioni di quei fatti che paralizzano le domande proposte, avanzate, di solito, dal convenuto, la regola non è così rigida, perché anche il giudice può sollevare eccezioni d’ufficio, ma quando la legge non riserva l’eccezione solo alla parte, come accade per l’eccezione di prescrizione, e sempre che il materiale dell’eccezione risulti dagli atti di causa; è vero, infatti, che il giudice nel processo non può fare uso della sua scienza privata, cioè non può far uso delle sue conoscenze personali che non derivano dagli atti del processo.

 

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